Quando gli ebrei erano un bancomat - Numero 57

Conosciamo tutti la storia tragica degli Ebrei. Una storia di persecuzioni,  di espulsioni, di ghettizzazione, sino a giungere all’ apocalittica tragedia dei lager nazisti. Ma la nascita del primo ghetto della storia, quello di Venezia nel 1516 , è una storia tutta da conoscere. Perché, come ben racconta Francesco Jori nel suo libro, “1516 – Il primo ghetto. Storia e storie degli Ebrei Veneziani”, Edizioni Biblioteca dell’Immagine, 2016, “Con l’istituzione del Ghetto si viene dunque a sancire un particolare rapporto reciproco, ben inquadrato da Pier Cesare Ioly Zorattini, tra i più autorevoli storici dell’ebraismo :”La segregazione diventa per la prima volta condizione pregiudiziale per la sopravvivenza di questa minoranza, la cui permanenza nella città viene in certo qual modo garantita, malgrado le periodiche minacce di cacciata e i sistematici ricatti finanziari delle autorità locali” (pag.37). Il Ghetto di Venezia passa nell’arco di un secolo da 700 persone a circa 5 mila; ma lo spazio era quello che era. Ed ecco che nasce un nuovo modo di costruire le case : in altezza, con abitazioni che arriveranno sino a sette piani. Ma in quel luogo ristretto, in cui pulserà la vita di ogni giorno, ci sarà anche un fermento culturale con pochi uguali al mondo.

Cos’era la Venezia di quegli anni!

Personaggi come Tiziano, Giorgione, Palladio, Tintoretto, ma anche Pietro Bembo e il Ruzante;  ma poi l’Università di Padova e personaggi famosi come Pomponazzi e Galilei. In questo clima il Ghetto di Venezia si sviluppa con i suoi abitanti dediti al commercio e diventa crocevia d’incontro degli ebrei che provengono da diverse parti dell’Europa, formando una comunità composita. E troveremo, quindi, ebrei di origine polacca,tedesca, slava, ma anche provenienti da altri Stati italiani. Eppure in questo coacervo di nazionalità la lingua utilizzata correntemente sarà l’italiano. Una comunità che viveva e pregava, prosperava e lottava quotidianamente e che la Repubblica di Venezia terrà  sempre presente per spremere denaro. Una comunità che cresceva su un territorio limitato e che spinse i suoi abitanti a trovare spazio in verticale. Vennero su, così, case come piccoli grattacieli;  abitazioni non sempre sicure, case anguste, in cui abitavano gli ebrei di Venezia. Le attività in cui eccellevano furono in primis quella del banco dei pegni, ma poi sarà seguita anche da quella del commercio di abiti e stoffe. Così Venezia permetterà agli ebrei di commerciare in abiti usati, la “strazzaria”, ovviamente non gratis ma dietro erogazione di un prestito. La storia dei rapporti tra la Serenissima e gli ebrei sarà quella di un potere politico che non perderà mai occasione di rimpinguare le sue casse con tasse e prelievi vari dalla comunità ebraica.

Interessa, però, notare come questa comunità diventi centro culturale grazie ai suoi intellettuali: Leone da Modena, Simone Luzzatto, Samuele Aboab e Sara Copio Sullam, una donna colta, conoscitrice  di storia, letteratura, astrologia. La casa della Copio diventerà un vero salotto letterario frequentato da intellettuali ebrei e cristiani. E in questo Ghetto  troveremo anche Mosè Zacuto che, per aver scritto il “Tofteh ‘Aruch”, L’Inferno preparato, verrà conosciuto come il “Dante degli Ebrei”. E come non ricordare la tradizione dei medici ebrei : a loro, poco dopo aver dato vita al Ghetto, e solo a loro, verrà consentito lasciarlo di notte per curare i malati. Non possiamo non ricordare a questo punto Giacobbe Mantino, la cui perizia medica fu tale da essere scelto come medico di fiducia da alcune famiglie aristocratiche veneziane e quando si trasferirà a Roma diventerà medico personale di papa Clemente VII e Paolo III. Il Ghetto finirà di esistere, come luogo chiuso, all’arrivo delle truppe napoleoniche che rimossero le porte e vennero fatte bruciare in piazza. Ma quello che ha significato per  la storia il Ghetto di Venezia, rimane. Una Comunità plurale, formata da persone con cultura e tradizioni diverse che seppero dar vita ad una convivenza con il potere veneziano, sempre pronto a utilizzare periodicamente gli Ebrei come un bancomat, grazie alla loro abilità negli affari e nelle scienze, diventando, però, importanti interlocutori della Serenissima.   

Barbarossa