Letture - NUMERO 64

Che genere di partito è allora FdI?

“Come hanno scritto di recente il direttore dell’Istituto Cattaneo, Salvatore Vassallo – che è stato deputato del Partito democratico – e il sociologo Rinaldo Vignati – lui pure non sospettabile di simpatie per l’oggetto di studio –nel loro libro Fratelli di Giorgia (Il Mulino); è il partito della destra nazional-conservatrice italiana. Né una mascheratura dell’eterno fascismo risorgente, come vorrebbe la parte più retrograda e miope della sinistra, né un partito  di “destra radicale populista”. (Intervista di Francesco Borgonovo al politologo Marco Tarchi su La Verità del 15 luglio, Senza soluzioni all’immigrazione Fdi regalerà elettori ad altri partiti).

**********************************

“L’America riuscirà mai a curare le ferite della sua guerra civile, che qualcuno ancora chiama pudicamente “guerra di Secessione”? Il nuovo divampare della questione razziale impone di studiare eventi accaduti un secolo e mezzo fa. Di tutti i conflitti che gli Usa hanno combattuto, quello che ha fatto più morti oppose gli americani ad altri americani. Più delle due guerre mondiali, più del Vietnam, a riempire i cimiteri negli Stati Uniti è stato un massacro tutto interno. E’ una storia di cui non esiste una narrazione unica. Nella versione dei “vincitori”, quella guerra ebbe al centro l’abolizione dello schiavismo: una guerra santa, uno scontro di civiltà che ha fatto prevalere la causa giusta. Nella versione sudista, invece, fu una colonizzazione da parte del capitalismo di New York e Chicago. Si può trovare qualche analogia con la lettura vittimista che in Italia una certa cultura meridionale ha fatto dell’unificazione: tutti i mali del Mezzogiorno sarebbero nati dalla conquista da parte dei predatori piemontesi; anche negli Stati Uniti il Sud rimane più povero ancora oggi e qualcuno pensa che la colpa sia degli altri. Lo schiavismo però aggiunge una dimensione unica alla vicenda americana” (Federico Rampini, I cantieri della storia, Ed. Corriere della Sera, 2022, pag.37).

*************************************

Con queste parole il maestro Alberto Veronesi ha spiegato il suo gesto di protesta  al 69° Festival  Pucciniano di Torre del Lago, dove ha diretto una Bohème  che la regia aveva realizzato con lo sfondo dell’Opera ambientato nel ’68, il tempo della contestazione, e con una Mimì in minigonna e reggiseno.

“Non volevo destare alcuno scalpore : d’altra parte, ho ricevuto diffide a riportare qualsiasi commento pubblico su questa versione della Bohème con un atteggiamento questo sì censurabile. Di fronte alla scelta registica dallo stile sovietico, molto diversa rispetto a quella accordata, ho deciso di calarmi sugli occhi una fascia e ho cominciato a dirigere l’orchestra bendato senza dire una sola parola. Poiché non gradivo scene e interpretazioni, mi sono limitato a considerare la parte musicale” (Luca Beatrice, Il Maestro si copre gli occhi contro la Bohème comunista, Libero, 16 luglio, pag.18).