Provincia
Le elezioni regionali nel Lazio e in Lombardia del 12 e 13 febbraio hanno segnato due dati chiari: la grande astensione dal voto e il successo del centro-destra, o forse meglio dire della Destra. Nel Lazio è stato eletto Presidente della Regione il candidato del centro-destra Francesco Rocca con il 53% dei consensi, ma l’astensione dell’elettorato è stata del 37%, la più bassa percentuale di votanti mai registrata; Fratelli d’Italia è il primo partito della Regione con oltre il 34%.
In Lombardia Attilio Fontana per il centro-destra è riconfermato Presidente della Regione con il 54,6 delle preferenze, decretando Fratelli d’Italia come il primo partito in Lombardia con il 26 %; i lombardi che sono andati a votare sono stati il 41,61 % degli aventi diritto al voto.
Le analisi del voto sono state già fatte: ci sono sconfitti eccellenti, ma soprattutto alcuni dati che fanno riflettere: a Milano vince il centrosinistra con il suo candidato Pierfrancesco Majorino con il 47 %, mentre Fontana supera Majorino come dato regionale di oltre 20 punti. La metropoli si afferma essere di centrosinistra, mentre il voto regionale è complessivamente di gran lunga del centrodestra. Sull’astensionismo si sono fatte diverse analisi. Non è la prima volta, ma mai si era giunti a percentuali così basse. Disaffezione nei confronti della politica? E perché? Convinzione che nulla sarebbe cambiato? Scarso peso dato alle elezioni regionali? Tutto è possibile e forse sono delle concause. Lo scetticismo che pervade l’elettorato italiano ormai da anni, dopo le prime valutazioni dei politici in seguito ai risultati già dopo le precedenti tornate elettorali, in effetti non hanno portato sino ad ora un cambiamento. Il perché bisogna avere il coraggio di dirlo: la politica è scaduta nell’interesse di molti perché non ci sono autentiche visioni del futuro; non ci sono personaggi di livello, di qualsiasi colore, come un tempo; le ideologie sono morte, si dice, ma ci si muove ancora nelle contrapposizioni sterili, talvolta patetiche. Il tradizionale scetticismo italico ha buon gioco in questa situazione. Si invoca come rimedio più attenzione ai ceti sociali più umili (e questo lo dicono tutti);i temi attuali sono evocati da tutti i partiti: immigrazione, giovani, disoccupazione, ecologia, sostenibilità, ma mancano proposte concrete, differenze autentiche tra le varie posizioni, per cui alla fine sembra che tutti dicano la stessa cosa. Soprattutto la politica è sempre più distante dalle persone, sempre meno legata al territorio. D’altra parte finalmente si è incominciato a capire che non si possono candidare personaggi “catapultati” in una zona per motivi di equilibrio interno alla forza politica. Ecco perché qui vogliamo ricordare due candidati che sono state eletti nel Consiglio regionale della Lombardia come rappresentanti di Fratelli d’Italia: Christian Garavaglia e Giuseppe Martignoni. Ambedue con un forte legame con il territorio, con le gente comune, e da questa sono stati premiati. Garavaglia ha ottenuto 10.356 voti, il più votato a Milano e il più votato per Fratelli d’Italia in tutta la Lombardia. C’erano in lista altri nomi, autorevoli, ma questo giovane docente della Bocconi ha ottenuto un risultato clamoroso. Ce lo spiega lui stesso in un’intervista rilasciata a “il Giornale” del 16 febbraio a firma SCop: “ Avevo 24 anni quando ho iniziato (la sua esperienza politica n.d.r.) e ho terminato a 48. Ho passato il 50% della mia vita in consiglio comunale . Ho speso più tempo tra le mura del Comune che a casa mia. Questo però credo che abbia ripagato, i dati sono importanti, parlano, più dei commenti”. Conosciamo da tempo Garavaglia e abbiamo apprezzato il suo impegno politico e conosciuto anche il suo consenso, tanto che è stato eletto sindaco di Turbigo per due volte. Il suo successo è dovuto alla presenza sul territorio, alla sensibilità mostrata per i bisogni della gente che ha voluto premiarlo sia con la duplice elezione a sindaco e in questa tornata elettorale con un successo clamoroso. Di attaccamento al territorio e alle sue esigenze è rivelatore anche il titolo dell’intervista citata: “Ridiscutiamone, noi pendolari punti dall’Area B2”.
Non molto diverso è il discorso su Giuseppe Martignoni. Da sempre portabandiera della destra gallaratese, ha ricoperto ruoli politici di responsabilità di tutto rispetto; ora ricopre il ruolo di Presidente del Consiglio comunale di Gallarate. L’impegno costante di Martignoni è stato riconosciuto e premiato dagli elettori con 3.268 voti. Non va dimenticata comunque neppure l’elezione di Francesca Caruso con 2.937, sempre da Gallarate, già vicesindaco e unica donna eletta nella Provincia di Varese. La Provincia di Varese, la “Provincia con le ali”, ha quindi come eletti nella formazione di destra dei rappresentanti di tutto rispetto. Il lavoro da fare, come sempre, non è poco; i temi sul tavolo non sono di facile risoluzione, ma l’entusiasmo di questi consiglieri, il lavoro che hanno prodotto sino ad ora, dimostrato dal consenso, fanno bene sperare.
A.F.V.
Ha suscitato molto rumore “l’albero della vita” collocato davanti al Municipio di Gallarate. Un’iniziativa che vuole festeggiare i bimbi nati quest’anno. Questo tragico 2020 non può, non deve , essere ricordato solo come l’anno delle morti per Covid, ma anche come quello della vita. I nomi dei 370 bambini venuti al mondo a Gallarate sono lì a testimoniarlo, costituendo con ogni cartellino che porta il loro nome, attaccato all’albero di Natale, la voglia di riscatto della città e di una nazione. L’idea è stata di Claudia Mazzetti, dinamica assessore del Comune di Gallarate. Anche altrove, come a Legnano, c’è il bosco con alberi piantati a ricordare i nati in quell’anno, ma farlo adesso, durante le feste, tristi, di questo Natale è un segno di speranza, un volersi scrollare da dosso la tristezza che ci attanaglia tutti. Li ricorderanno come i nati del ’20; la memoria ci riporta ai “ragazzi del ’99, quei giovani che si immolarono per difendere l’Italia dopo la disfatta di Caporetto. Come quelle povere vite furono strappate al loro futuro, queste giovani vite ci aiutano invece a guardare al loro e al nostro futuro. Benvenuti bimbi del ’20, siete la nostra speranza, la nostra gioia.
A.F.V.
Nei prossimi mesi andranno ad elezioni Legnano e Gallarate. Legnano governata fino al 2019 dal centrodestra ed ora commissariata da maggio dello scorso anno sotto la guida del vice prefetto Cristiana Cirelli, in seguito a vicende giudiziarie che hanno coinvolto l’ex primo cittadino Giambattista Fratus, l’ex vicesindaco Maurizio Cozzi e l’ex assessore Chiara Lazzarini nell’inchiesta “Piazza Pulita”. Tutti e tre condannati nel processo di primo grado. Gallarate governata da Andrea Cassani, della Lega, che ha tenuto saldamente ferma la barra del timone dell’Amministrazione cittadina, dopo vicende giudiziarie che hanno portato ad un cambio di alcuni componenti della sua Giunta. Indubbiamente questi precedenti giocheranno un ruolo importante nello svolgimento della campagna elettorale nelle due città. Probabilmente in modo più marcato nella città di Legnano dove sono presenti anche altri candidati di destra. Ma anche il centrodestra di Gallarate dovrà dimostrare d’avere le capacità e le competenze necessarie per chiedere nuovamente la fiducia dei propri cittadini, passata la tempesta. Non entriamo nel merito delle varie vicende giudiziarie che hanno interessato le due città, perché a tutti note, ma vogliamo soffermarci invece sulla necessità che il centrodestra dovrà dotarsi di un piano prospettico del futuro della città ben preciso, alto, capace di prefigurare che tipo di città si vorrà per i prossimi anni. Questo lo si fa sempre in occasione delle consultazioni elettorali nei programmi dei vari partiti, ma oggi, dopo il Covid che ha cambiato un po’ la mentalità della gente, dopo quello che è successo dal punto di vista giudiziario nelle due città, diventa fondamentale. Sappiamo benissimo le difficoltà di carattere economico che i Comuni si trovano ad affrontare, specialmente in questo difficilissimo momento; sappiamo che molte volte alla cittadinanza interessa più la sostituzione della panchina rotta nei giardinetti che generici piani per il futuro che rischiano di essere il classico libro dei sogni; e sappiamo anche che ogni Amministrazione si preoccupa di guardare avanti, di migliorare l’ambiente, lo stile di vita della propria città. Ma ora, ora che pare che il mondo sia cambiato – ci piaccia o no – molto più velocemente di quanto ci si potesse aspettare; ora che vediamo la realtà circostante con occhi diversi; ora che sono nate altre priorità rispetto al passato, ora dobbiamo interrogarci su come vogliamo le nostre città del futuro, più e meglio di prima. E avere coraggio. A questo interrogativo il centrodestra, e la destra in modo particolare, non può e non deve sottrarsi. Su “La Verità” del 26 luglio è apparso un articolo di Marcello Veneziani : “L’unica destra che va bene è una destra mezza morta”. Quali sono, allora, i principi fondanti della vera destra per Veneziani? Dio, patria e famiglia. Nulla di nuovo sotto il sole della destra, ma è importante non dimenticarsene: “ Dio si traduce in difesa della civiltà cristiana e dei suoi valori, senso religioso e rispetto del sacro; patria si traduce in sovranità nazionale, etica comunitaria, rispetto della memoria storica e dell’amor patrio; famiglia si traduce in difesa della società naturale, priorità alle famiglie costituite da padre, madre, e figli, denuncia dell’uso ideologico e penale delle tutele di omo, trans, e dintorni. Questa è la destra, signori, la destra reale”. Ecco, anche se non si tratta di tracciare i destini dell’universo, ogni programma politico/amministrativo di centrodestra non può prescindere da questi punti, che vanno declinati con realismo nella vita cittadina di ogni giorno. Quale città vogliamo nei prossimi anni? Va bene potenziare l’illuminazione, va bene asfaltare le strade per colmare le buche, va bene tutto ma sempre guardando a questi punti cardinali, nella vita quotidiana : un’attenzione alle famiglie, ai più deboli, alla tradizione locale, agli anziani, alla tolleranza, alla memoria storica, al rispetto reciproco, alla difesa dell’infanzia. Ci vuole un cambiamento di clima morale; si deve poter percepire che non si tratta delle solite, generiche, aspettative, ma di fatti concreti, anche piccoli, anche banali, ma che possano incidere e decretare il cambiamento. Di fronte ad una civiltà sempre più basata sull’omologazione e sul conformismo creare l’ambiente per sentirci sempre più comunità.
Il Barbarossa
Gallarate ombelico d’Italia? La “città dei due galli” come laboratorio della politica nazionale, che possa dare risposte ai tanti problemi che ci affliggono quotidianamente? Forse sì, a seguire certi avvenimenti. La politica nei confronti degli immigrati, per esempio. C’è chi pensa che le nostre tradizioni religiose possano disturbare i non cattolici (in modo specifico i musulmani). Un timore presunto, considerato che non pare che ci siano state nel tempo particolari reazioni. E poi: forse che i cattolici sono disturbati dalla presenza religiosa, dico religiosa, dei musulmani? E i professanti le altre religioni? Gli ebrei, i luterani, i buddisti e tutte le altre appartenenze religiose? Ma ecco che a Gallarate nella scuola media Ponti la canzoncina di Natale viene emendata e il nome di Maria e Gesù vengono sbianchettati! Il sindaco Andrea Cassani ha subito preso posizione contro questo atteggiamento, provocando anche l’intervento del Dirigente provinciale (il Provveditore agli studi della Provincia di Varese) Claudio Merletti che in merito all’episodio ha così commentato alla testata giornalistica di Malpensa24 in un articolo a firma di Giusy Patera del 6 dicembre: “La confusione si è generata perché effettivamente i ragazzi si sono visti arrivare i testi modificati senza che fosse spiegato il motivo, ci sono state delle incomprensioni. Ma in ogni caso, il problema è ora risolto: i testi sono stati riportati alla versione originaria”. Eppure, come lo stesso sindaco riporta sulla sua pagina Facebook: “Sono stato contattato dalla Dirigente Scolastica che ha così motivato la scelta: “si tratta di un adattamento teatrale”. Invece sulla canzone dove sono state tolte le parole Gesù e Signore non mi ha saputo motivare la scelta ma mi ha detto che con tutta probabilità quella canzone non verrà più cantata con le modifiche ma in originale!”. E questo fa il paio con la risposta del parroco della chiesa bolognese di Santa Teresa del Bambin Gesù. Qui, in occasione del Concerto di Natale, è stata cantata “Bella ciao”, che proprio un canto di pace e di fraternità – pur nel rispetto delle idee altrui – non sembra. Ebbene il parroco, don Massimo Ruggiano, ha candidamente risposto in merito: "Mi spiace per il polverone: non avevo visto il programma". Posizioni che non hanno bisogno di commento, ci pare.
Bene ha fatto il primo cittadino gallaratese a prendere le difese delle nostre tradizioni cristiane contro chi, forse anche in buona fede, non si accorge che negare la propria storia religiosa e culturale, le proprie radici per un atteggiamento cosiddetto “politicamente corretto”, significa ripudiare il proprio passato, la propria storia per creare il deserto. Deserto di credenze, di fede, di punti di riferimento, di valori. Non si lavora per la pace e l’integrazione con simili provocazioni, specialmente nell’ambito di una scuola, a contatto con bambini che non si sanno spiegare il perché di simili comportamenti. Meglio sarebbe stato far cantare canzoni natalizie senza alcun riferimento religioso (ammesso che ce ne siano…) piuttosto che deturpare il senso del testo. Meglio non far cantare nulla, piuttosto che stravolgere il senso del Natale. In effetti il Natale è ormai da anni una festa consumistica (lo sappiamo fin troppo bene, ma facciamo finta di niente), per far regali ai bambini, per sentirci più buoni noi adulti (ne abbiamo bisogno, a quanto pare), per scambiarci gli auguri (auguri di che?). Abbiamo perduto il senso del Natale, che è la nascita di Gesù, del Redentore e non l’avvento di Babbo Natale, del panettone, dell’albero addobbato. Sembra incredibile come il Natale sia ormai manipolato, strattonato da ogni parte per offrire provocazioni. Così si va dal bambinello nero (e perché non giallo?) al Gesù bambino che nasce in un cassonetto della spazzatura o una festività che diventa occasione per attaccare Salvini. Sì, proprio Salvini, come indirettamente ha fatto don Enrico d’Ambrosio; ecco le parole del sacerdote della parrocchia di Campagnola riportate da Il Giornale.it del 28 dicembre: "Chi non accoglie e vota quel partito che chiude i porti anche la vigilia di Natale è un cristiano insignificante". E non è un caso isolato. Anche il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, durante la Messa di Natale ha attaccato la politica del governo contro l’immigrazione clandestina. Insomma da parte di alcuni sacerdoti, anche con incarichi pastorali di rilievo, non si perde occasione per attaccare il governo, per fare politica. Perché di questo si tratta. Non si mette in dubbio che i pastori di anime debbano parlare del quotidiano, della vita di tutti i giorni e dei problemi che vi si trovano, ma fare politica nel senso partitico del termine, politica politicante no. Sono ormai lontani i tempi e scomparsi quegli uomini politici che prendevano “indicazioni” dal Vaticano.
“Cristiano insignificante”? A quando la scomunica?
Bene quindi, ripetiamo, ha fatto il sindaco di Gallarate che sulla sua pagina Facebook ha così commentato la vicenda: “Storpiare le canzoncine natalizie su Gesù o Maria, quando il Natale stesso è una festa Cristiana legata alla Nascita di Cristo, è una cosa senza senso. Quindi, a mio avviso, queste insegnanti o non festeggiano del tutto il Natale (e conseguentemente si rendono disponibili ad essere presenti in classe dal 23 al 31 dicembre per non “urtare” chi non è Cristiano) oppure che festeggino il Natale per quello che è. Perché in questo Paese siamo noi che dobbiamo integrarci con chi arriva e non viceversa?”.
Andrea Cassani è un sindaco giovane, è della Lega, e la sua posizione, di cui ha voluto far partecipare i cittadini sui social non pare proprio dettato da acrimonia ma, piuttosto, da quello che si sta perdendo da un po’ di tempo a questa parte: il buon senso.
Il Barbarossa
Sono passati poco più di due anni dalle elezioni di Andrea Cassani a sindaco di Gallarate. E’ ora di bilanci. E non solo numerici. Perché il bilancio di un’attività amministrativa non si fa solo contando i denari assegnati ad un progetto piuttosto che ad un altro; contando i nuovi lampioni per l’illuminazione stradale o quanto viene erogato per la sistemazione delle scuole cittadine. Sono tutti impegni importanti che l’Amministrazione comunale deve tenere nel debito conto e, specialmente, come per il Governo, deve attuare il programma elettorale per il quale ha chiesto e ottenuto i voti che gli hanno permesso la vittoria. Il sindaco Cassani, giovane, ma forse proprio per questo, è sensibile al dialogo con i suoi concittadini. La sua presenza sui social è costante, tenendo informati i gallaratesi sulla realizzazione di quanto promesso. E’ lui stesso che su Facebook ha dichiarato qualche mese fa che “dei 122 punti delle linee programmatiche, 54 sono stati già realizzati, 39 sono parzialmente realizzati o in fase di realizzazione mentre per 29 ancora non è stato fatto nulla”. E in tempi di vacche magre è già tanto, per non essere ancora giunti alla metà del mandato. Molte volte sono le “piccole” cose che fanno più piacere alla cittadinanza, come la riduzione della tariffa di sosta del 20% o la “campagna di sensibilizzazione per l’utilizzo della bicicletta in sicurezza (premiata da ANCI nel 2017 come miglior progetto d’Italia per la sicurezza urbana)”. Indubbiamente aver posto un presidio fisso della Polizia locale in stazione per 12 ore è stato un grande passo avanti per la sicurezza dei cittadini, anche se – a leggere le cronache locali – il problema non pare del tutto risolto, specialmente durante le ore notturne. Allora? Bilancio positivo? Certamente sì, anche se si può, come sempre, migliorare. Ma è il dialogo con i cittadini che, a nostro avviso, è l’elemento premiante di questa Amministrazione. Il cittadino pone interrogativi sulla pagina Facebook e ottiene risposte, gradite o meno, ma le ottiene. Se c’è un modo di riavvicinare il cittadino alla politica, alla sana vita civile, questo è il modo più premiante.
Gallarate è diventata una città sempre più viva. L’assessore Claudia Mazzetti ha reso sempre più vivace la città con le sue iniziative, coinvolgendo sempre più la gente. Gallarate non è una città dormitorio, non è più grigia ma spesso riveste i colori della festa.
Gallarate ha un’antica tradizione culturale. E non è solo il MAGA, che realizza eventi di pregio. Gallarate è teatro; è attività culturale; è Duemilalibri e gli incontri con vari scrittori; è Filosofarti con lezioni magistrali da parte di grandi personaggi e con il patrocinio di Enti di primaria importanza.
Ma Cassani ha preso decise posizioni anche scomode. E’ il caso della sua politica nei confronti dei Sinti, per la difesa della legalità, per il rispetto delle regole. Ecco, il rispetto delle regole. Questo giovane ma agguerrito sindaco non cede di un passo di fronte all’impegno civile di rispetto delle regole. Non traccheggia, non temporeggia, ma va dritto allo scopo, per quanto possa essere doloroso. In un Paese dove sembra che i furbi abbiano sempre la meglio Cassani cerca di far rispettare le regole.
A.V.
A Gallarate sono comparsi gli auguri della Lega Nord per il Santo Natale. Ovviamente in rigoroso colore verde. E sotto la scritta “Lega Nord” (sino a quando?) appare la dicitura in dialetto gallaratese : “Seziun da Galarà”. Così la Lega gallaratese ha voluto fare gli auguri ricordando le proprie radici, in dialetto. Più radici di così… Non è mancato, però, anche la sottolineatura culturale : “Un popolo senza memoria è un popolo senza storia”. Forse più famosa è la frase “Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro”, dello scrittore cileno, Luis Sepulveda. E noi preferiamo ricordare questa frase, credendo di interpretare meglio gli auguri leghisti. L’immagine del Presepe sul manifesto è chiaramente una “provocazione” per chi vuole dimenticare le proprie tradizioni, che non sono nostalgia ma storia, cultura, modo di essere e di pensare. Una “provocazione” per chi nelle scuole o in altri luoghi preferisce non mettere il Presepe per non offendere gli appartenenti ad altre religioni. Noi non ci sentiamo offesi dal fatto che musulmani o ebrei o protestanti o appartenenti ad altre religioni preghino il loro Dio, perché loro dovrebbero? Il Presepe è un messaggio di pace, di fraternità, rivolto “agli uomini di buona volontà”, ce lo siamo dimenticato? Un messaggio universale.