Su Lando Buzzanca ho cambiato idea - Numero 20

SOMMARIO DELLA SEZIONE:

  • SU LANDO BUZZANCA HO CAMBIATO IDEA
  • I DEFUNTI ED HALLOWEEN


    L’ultimo strappo di Gianfranco: "SU LANDO BUZZANCA HO CAMBIATO IDEA"
    Il cronista si sveglia in un bagno di sudore. E se non fosse solo un brutto sogno?

    I soliti ben informati e impeccabili osservatori della politica hanno notato un particolare solo in apparenza irrilevante: Fini non si fa una lampada ormai da molte settimane. A pensarci bene questo dettaglio avrebbe dovuto indurre a capire che si preparava qualcosa di particolare. La consueta maschera bronzea del vicepremier mal si sarebbe conciliata con scelte, viaggi e svolte fatali. In effetti, chi l’avrebbe visto a Gerusalemme, nel contesto che ormai tutti conoscono, con la faccia di uno che aveva appena trascorso un paio di settimane alle Maldive? Ed è così, pallido, se non invecchiato, certo più maturo, che Gianfranco Fini si affaccia nella gremitissima Sala della Lupa (sede che gli ha fatto un po’ storcere il naso) di Montecitorio per la presentazione dell’attesissimo libro di Marco Follini, "Facciamo Centro", un rivoluzionario manifesto di una futuribile, ma non troppo, grande coalizione cattolico-moderata. Per quanto l’attenzione nei confronti dell’opera del brillante leader neo-democristiano sia adeguata, i taccuini dei giornalisti presenti sono tutti per il personaggio del momento. E’ il presidente di Alleanza Nazionale il protagonista assoluto delle pagine politiche della stampa nazionale e internazionale e lui non si sottrae alle attenzioni dei cronisti, memore di quando da segretario missino doveva sudare sette camicie (nere) per farsi riportare in una "breve" un comunicato ogni dieci giorni. Dato il contesto politico-culturale, qualcuno chiede a Fini quali autori abbiano - dopo la decisa liquidazione del barone Evola - diritto di accomodarsi nelle librerie della destra. Per esempio, che fare di Garbriele D’Annunzio?: "Per carità - risponde indignato l’ex delfino di Almirante - il cosiddetto Vate era un disgustoso depravato, dedito a orge sfrenate e a discutibili imprese politico-militari. E poi, parliamoci chiaro, D’Annunzio pippava come un disperato e con la mia legge avrebbe passato la vita dietro le sbarre". Il giornalista prova a fare lo spiritoso ricordando che persino un noto senatore a vita ha deciso in età non più verde di infrangere certi tabù . Ma Fini taglia bruscamente con una delle sue frasi preferite dinnanzi al dissenso: "Guardi, lei ha perso un’ottima occasione per tacere". Archiviato il poeta-soldato, una bionda cronista romana, prova a fare sponda al vicepremier: "Beh, però, visto anche il successo cinematografico del Signore degli Anelli - fa la collega - almeno su Tolkien avevate visto bene…". "Senta, voglio essere chiaro - ribatte a sorpresa il leader di An - a me gli Hobbit, gli elfi e i nani di ogni risma sono sempre stati sullo stomaco. Questo non lo dico oggi: quando, venticinque anni fa, qualcuno dei nostri, particolarmente debole e incline alle suggestioni, si dedicava a quei bizzarri campeggi, io avevo già capito, soprattutto dopo una puntatina a Montesarchio, che Tolkien trasmetteva un messaggio sbagliato ai nostri giovani. E poi bisogna essere realisti: lei se lo immaginerebbe un nano a Palazzo Chigi?". Scarsa convinzione in sala, ma si va oltre. Si alza un giornalista di un autorevole foglio progressista che serio serio si rivolge a Fini su un altro aspetto delicato: "Presidente, la destra non ha mai fatto mistero di non avere nel proprio patrimonio culturale un rapporto coscientemente simbiotico con le più alte forme espressive di carattere artistico, comunicativo e creativo. Riferiamoci alla cinematografia ad esempio: voi siete stati per anni rappresentati sul grande schermo da Lando Buzzanca…", sostiene con sommo disprezzo il dotto interlocutore. "Lei ha perfettamente ragione - risponde il vice capo del governo - Questo aspetto fa parte di una più ampia revisione di certi rapporti e certe indulgenze del nostro partito verso rappresentazioni volgari e diseducative del nostro essere italiani. Un certo machismo da "Merlo maschio" è da rigettare in quanto frutto di un retrivo retaggio vetero-latino, di una sorta di subcultura fallocratica e fascistoide. Lei ha citato Buzzanca - aggiunge Fini - Bene, un tempo lo definii "il nostro Mastroianni". Non ho nessun problema ad ammettere che fu un errore ed è chiaro che ho cambiato idea, altrimenti non sarei qui". "A proposito, perché sono qui?", prova a ricordare, tra sé e sé, Gianfranco. "Ah già, il libro di quel sacrestano dritto di Follini…". "Comunque tutti noi - afferma compito dinnanzi all’attenta platea - dobbiamo essere grati allo sforzo di tutti quei moderati che intendono riportare il dibattito politico in quell’area dove albergano i valori condivisi dall’intero corpo istituzionale, quei valori che vengono a noi dalla Costituzione e che sono filiazione diretta della Lotta di Liberazione. La strada percorsa insieme all’amico Follini, all’amico fraterno Casini, a uomini come il professor Buttiglione sarà ancora lunga e ci porterà lontano. Lavoriamo per consegnare alle generazioni che verranno un patrimonio di idee capace di mettere al riparo da abbagli ideologici basati sulla nostalgia di nefaste avventure del passato". Amen. Il presidente si alza e, sempre pallido, se ne va. E così fa il giovane cronista che, frastornato e confuso, si allontana canticchiando quel che ricorda di una canzone della Compagnia dell’Anello: "Ci hanno detto: ragazzi / ci siamo sempre sbagliati / adesso tutto cambia / viva il voto agli immigrati!". Ma c’è qualcosa che stona…

    Fabio Pasini



    I DEFUNTI ED HALLOWEEN

    Mi rivolgo a tutti coloro che hanno la responsabilità della guida morale delle giovani generazioni. Siamo nel mese di ottobre, il mese che la fede cristiana cattolica ha saggiamente scelto come il mese per far riflettere sulla caducità della vita e per invitare i fedeli a ricordare coloro che ci hanno lasciato. È uno dei grandi pilastri del cattolicesimo e quindi della nostra cultura onorare i defunti e ricordare che un giorno saremo anziani, deboli, bisognosi del rispetto e dell’ aiuto dei proprii cari. Questo pensiero trova il suo apice il 2 novembre "Giorno dei morti" ed è in completa sintonia con la natura che si si spoglia per prepararsi al riposo invernale.

    Purtroppo da qualche anno a questa parte si sta infiltrando nella nostra quotidianità una nuova tradizione che nulla ha in comune con la nostra Fede. Nei giornali si parla molto del pericolo dell’ Islam e si tace completamente sull’avanzata massiccia dell’ateismo che ha trovato in molti di noi inconsapevoli proseliti e diffusori. Parlo quì della sciagurata introduzione della "Festa di Halloween". Nel mondo contadino cristiano c’è sempre stata l’innocua abitudine di usare le zucche vuote come elemento di distrazione nei giorni autunnali. Un modo per rendere meno triste il passaggio dall’estate all’inverno. Oggi però questo pensiero viene pervertito da una isterica cultura del divertimento che rimuove nei fanciulli il pensiero del culto dei morti ed implicitamenteil lo spirito del 4° Comandamento: "Onora il padre e la madre". Vorrei perciò pregare tutti coloro che hanno una funzione educatrice, di far comprendere che questa fatale innovazione è un’ espressione atea, in sintonia con Harry Potter più che con il puritanesimo americano. Gli adulti devono finalmente capire la grande responsabilità che si assumono accantonando, per leggerezza o forse solo per essere alla moda, uno dei pilastri della nostra Fede che ha fatto grande la nostra Cultura.

    Tanti comuni si trovano in difficoltà finanziarie. La mancanza di mezzi si vede anche nelle condizioni dei Cimiteri. Ed allora perchè, invece di perdere tanto tempo a preparare un Carnevale ateo - che parla di allegria quando la nostra Fede prevede il cordoglio - le familgie, i giovani, gli insegnanti, gli associazionisti non si assumono il patrocinio delle tombe abbandonate e vi investono un po’ di impegno? Sarebbe anche una via per avvicinare i bimbi stranieri al nostro modo di sentire. Io penso che sarebbe una buona scuola per una società che parla troppo spesso del prossimo solo per protagonismo.

    Giovanna Malcotti Röhm