E’ LA DESTRA E NON BERLUSCONI IL PROBLEMA - Numero 31

 

Sulla nascita del partito unico ormai s’è detto tutto e il contrario di tutto. La temperatura politica s’è subito alzata solo qualche mese fa all’idea del partito unico, improvvisamente, come una tromba d’aria estiva. Alleanza Nazionale ha organizzato a giugno un Convegno a Milano (vedi Barbarossaonline n. 30 nella rubrica Altomilanese) sulla "cosa" con la presenza di molti qualificati personaggi della politica, ma ancora con qualche interrogativo sui tempi e modi della sua costituzione. Berlusconi annette grande importanza a questo progetto e vuole passare alla storia come colui che ha dato vita a questa creatura, consolidando così il bipolarismo.Tra le forze politiche della Casa della libertà AN ha guardato con sospetto, con attenzione, con curiosità, con entusiasmo più o meno vivo - a seconda delle diverse collocazioni correntizie - questa novità che, sino a non molto tempo fa, sembrava solo scritta nel libro dei sogni.
L’UDC è passata dall’attenzione per la nascita di un rapporto più stretto tra i partiti della CdL alla voglia di riscoprire il centro, e quindi sostanzialmente a dar vita ad un progetto alternativo o per lo meno ad una visione in cui il Centro giochi un ruolo fondamentale.
La Lega è geneticamente fuori e collaborerà come federata, come alleata esterna.
Forza Italia segue la linea del suo capo.
Ma perché unirsi ? Perché fondersi in un’unica realtà, quando la storia delle fusioni politiche in Italia è storia di fallimenti? I matrimoni, anche tra partiti affini come quelli socialisti, sono sempre stata l’anticamera di conseguenti divorzi. Forza Italia vede ogni giorno il calo dei suoi elettori, specialmente nel Sud che, a torto o a ragione, si sente tradito. Il partito unico potrebbe fermare l’emoraggia di voti, la litigiosità interna alla coalizione, marciare più spedito. Sarebbe per la storia della politica italiana un indubbio passo avanti, che verrebbe seguito prima o poi dal centro sinistra, invero molto meno omogeneo al momento. Il nostro Paese si muoverebbe, come altri paesi europei e gli Stati Uniti, secondo una dialettica non più bipolare ma bipartitica. Quel bipartitismo sempre invidiato ma mai realizzato dagli italiani, popolo del "particolare" e non certo delle grandi visioni unitarie, fiero dei suoi mille campanili, contento di camuffare il suo individualismo come difesa della propria identità, che è tutt’altra cosa. Indubbiamente i partiti dovrebbero perdere un po’ della propria identità, o per lo meno delle punte più caratterizzanti la loro diversità. Se si dovesse un giorno giungere al partito unico, nel senso vero del termine, non si può pensare che sia un’accozzaglia di partiti e delle loro correnti: nella migliore delle ipotesi si potrebbe parlare in quel caso di federazione di partiti. Nel linguaggio, sempre pieno di distinguo della politica italiana, si è introdotto anche l’espressione partito "unitario" piuttosto che "unico". E già questo è un’importante novità.
Ma, a prescindere dalle quotidiane spinte in avanti dell’UDC, che al momento in cui scriviamo queste note non sappiamo che fine faranno, quale potrà essere la funzione di AN in una simile nuova entità politica? Certamente AN è il partito più consolidato nel Paese, quello che ha una struttura militante più forte, un patrimonio di valori, una "storia" più caratterizzata. Il timore è quello, ovviamente, di sciogliersi in una sorta di sciroppo mieloso, in un coctail un po’ senza sapore e di un colore inesprimibile. E’ quello che temono soprattutto gli iscritti e gli elettori che provengono dal MSI, quelli che hanno già dovuto accettare, volenti o nolenti, la revisione della propria storia, del proprio passato. AN in questo momento appare, ed è, in difficoltà per i troppo noti motivi interni,ma il ruolo che AN potrà giocare sarà fondamentale. Credo che anche in questo il movimentismo dell’UDC abbia una sua logica.
L’UDC - è il tormentone di quest’estate - vuole un cambio della leadership della Casa della libertà perché altrimenti si va incontro ad una sconfitta certa. Ma credo che dietro ci sia anche il timore che, domani, in un partito unico, ci possa essere una presenza caratterizzante della Destra italiana. Le risorse in uomini, valori, capacità, esperienza politica, ideali sono fortemente presenti in AN. Non si vuol dire che scomparso Berlusconi dalla scena politica, anche se per assurgere ad un altro incarico (si è parlato del Quirinale, ma anche dell’ONU in questi giorni…) , la Casa della libertà cada tutta e subito nelle mani di AN. Ma il "pericolo" per l’Udc c’è: Forza Italia è un movimento politico con la compresenza di diverse anime, non radicato nel territorio, fortemente individualista; Alleanza Nazionale ha un suo vissuto che, pur nella diversità delle correnti, sa trovare un’unità che agli altri, anche agli ex democristiani di oggi, è sconosciuta.
Ma, di fatto, chi potrebbe nelle fila di Forza Italia essere il suo successore? E non intendo un successore pur che sia. Forse potrebbe essere Formigoni che, per essere espressione di CL, è amato ma ugualmente inviso a larghi settori del suo stesso partito. Si tratta comunque di un ex democristiano, più vicino di altri a Casini e Follini. Il nuovo leader potrebbe essere lo stesso Casini o Follini? Ma ve lo immaginate il seguito che potrebbero avere da parte dei militanti di FI o della Lega e della stessa AN? Certo, potrebbe essere Fini, e il ministro degli Esteri, vicepresidente del Consiglio, Presidente di AN, sta probabilmente accarezzando questa idea da tempo, anche con atteggiamenti e uscite che gli hanno creato non poche inimicizie…Ma proprio per questo gli alleati si fideranno?
In effetti, al momento Berlusconi è insostituibile : non esiste nel Polo di centrodestra una figura del suo prestigio internazionale, del suo carisma, una figura che abbia il suo seguito.
Eppure, se il nuovo partito dovesse nascere in un futuro non sappiamo quanto più o meno prossimo, Alleanza Nazionale potrebbe essere l’anima del nuovo partito, del nuovo centrodestra (e senza trattino tra centro e destra, come già si viene affermando sempre di più). Anche per questo l’UDC fa le grandi manovre di allargamento al centro e del centro: per sospingere ai margini, e possibilmente gettare fuori, quella Destra che le dà fastidio. L’ultima prova? Le dichiarazioni di Gianfranco Rotondi, ex Udc e ora segretario della Democrazia Cristiana: "La soluzione perché la CdL esca dalle secche in cui si trova è meno problematica di come possa sembrare: ritorno al proporzionale e una lista ispirata al Ppe con Forza Italia, Udc e Dc" (Libero, 4 settembre 2005).

Antonio F. Vinci