FINI E’ ANCORA DI DESTRA? - Numero 40

 

Ancora una volta ci dobbiamo occupare di Gianfranco Fini. E non è che questo ci dispiaccia, anzi…ma porta con sé almeno qualche considerazione. Perché quando parliamo della Destra in Italia parliamo sempre di lui? Forse perché "gli altri" della Destra nostrana esistono solo per polemizzare con lui, a torto o a ragione? Se fosse così, e qualche ragione di crederlo c’è, sarebbe ben triste. Vorrebbe dire che se "il capo" fa un’affermazione, fa un’uscita delle sue, allora ci si sveglia, allora si risponde, si minaccia, ci si strappano le vesti di dosso, si grida al tradimento o a chissà che cosa. Altrimenti…
E’ Fini che suona la carica, che scandalizza. Ricorda un po’ il Bossi dei primi tempi : quando al mattino andavi a comprare il giornale, ti chiedevi che cosa vi avresti trovato scritto. Una volta c’erano trecentomila pronti a scendere dalle valli bergamasche, un’altra c’era qualche epiteto non sempre riferibile nei confronti di avversari, o nasceva il parlamento padano o si urlava alla secessione, senza contare il dio Po, le ampolle, il recupero della cultura celtica, l’invenzione della Padania, ecc. ecc. La differenza è che i leghisti seguivano il loro capo, sempre e comunque; gli aennini mostrano solo dei gran mal di pancia…
Fini ha il pregio, grande pregio, di smuovere le acque. Lo andiamo dicendo da molto tempo, e certamente non solo noi : Fini è più avanti rispetto al partito, rispetto ai militanti, rispetto anche ai suoi elettori. Il che non vuol dire che abbia sempre e per forza ragione. Ora sta dando vita ad una Fondazione, Fare Futuro, che dovrebbe raccogliere il meglio della produttività, della cultura, dell’intellighentia non di sinistra. Una specie di Lyons della politica di Destra… E tra gli altri vorrebbe con sé anche Domenico Dolce, della nota sigla Dolce & Gabbana. E’ il segno tangibile di insofferenza nei confronti di una rigidità del partito; un volere le mane libere per poter spingere la Destra verso un approdo non da tutti condiviso. Una sorta di laboratorio politico che possa portare AN nel PPE; perché di questo si tratta, in ultima sostanza.
Certo, il personaggio non suscita sempre grandi simpatie. E’ freddo, algido, forse lo si vorrebbe più "mediterraneo", folcloristico…ma l’aplomb di Fini è, in fin dei conti, la vera base del suo successo… Ma lasciamo da parte queste considerazioni da rotocalco ed occupiamoci delle ultime sortite del Presidente di AN, di ciò che più disturba molti iscritti, mentre gli cattura la simpatia e l’attenzione di nuovi elettori.
Ad esempio i Pacs (che poi si pronunciano "pax", ma proprio pace non stanno dando…). La posizione di Fini sui Pacs può essere strumentalizzata, volutamente distorta, ma il fatto che ci si chieda una regolarizzazione delle coppie di fatto, senza per questo sostituire il matrimonio con un’altra scelta di convivenza, beh…francamente…più che dettata da revisione ideologica o scelta laicista mi sembra dettata da semplice raziocinio. Al Corriere della sera Fini aveva rilasciato un’intervista che mi sembra chiara: "Non possiamo far finta che, al di fuori del matrimonio, non esistano altre forme di convivenza. E quando parlo di matrimonio parlo unicamente di unione tra uomo e donna. Non si tratta neanche di equiparare le unioni di fatto al matrimonio, né di copiare i Pacs francesi, ma di garantire a diritti individuali non riconosciuti soluzioni normative a livello di fisco, di successione, di assicurazioni sociali. Ma escludendo l’adozione o il ricorso alla fecondazione artificiale assistita".
Stessa perplessità suscita l’idea del partito unico del centrodestra. Ma in effetti si parla, ormai,di federazione del centrodestra e non di partito unico. Il che non è differenza da poco. Ma i "benpensanti" di Destra, le vestali che custodiscono, o credono di custodire, il patrimonio genetico della Destra si scandalizzano, gridano al tradimento. Non si vuole, giustamente, perdere l’identità, si vorrebbe che si facesse "qualcosa di Destra", si teme di perdere il simbolo della Fiamma all’interno di Alleanza Nazionale. In questo nostro giornale, che è aperto alla discussione nell’ambito della Destra, ospitiamo spesso interventi in questo senso, anche in questo numero. Siamo convinti, infatti, che ognuno debba sostenere le proprie opinioni e chi difende il patrimonio di idee e di tradizioni debba essere il primo ad essere ascoltato, nella sua funzione in un certo qual modo di garante della continuità ideale. Ma essere di Destra significa proprio non fermarsi al passato, non cristallizzarsi su posizioni che, dalla storia prima che dagli uomini di oggi, sono state superate. Se è vero che chi difende, giustamente, i valori di sempre, le radici di sempre, non è un ottuso nostalgico ( che non potrebbe essere neppure per motivi anagrafici); vale anche che chi cerca di leggere nella realtà attuale, di interpretarla, non è uno che svende il partito per un posto in più in un Consiglio d’Amministrazione…Certo, i rischi ci sono, ma da ambedue le parti. L’intelligenza del politico è quella di non cadere nella trappola. E poi… Proprio chi si rifà agli uomini della tradizione, da Mussolini a D’Annunzio, da Marinetti a Pound…dovrebbe ricordare che proprio loro erano rivoluzionari, quelli meno attaccati alle sicurezze del passato, che osavano sfidare il futuro senza guardare indietro. Il coraggio delle proprie idee, il coraggio di cambiare, il coraggio di leggere la realtà, con tutti i rischi che questo comporta.

Antonio F. Vinci