SOMMARIO DELLA SEZIONE:
- ITALIANI SENZA ONORE?
- ESSERE DESTRA IN ITALIA 1
- ESSERE DESTRA IN ITALIA 2
ITALIANI SENZA ONORE?
Italiani senza onore: i crimini in Jugoslavia ed i processi negati (1941-1951); a cura di Costantino Di Sante, Edizioni Ombre Corte, Verona 2005, pagg. 272.
L’indagine storica sulle questioni del confine orientale che si è andata ampliando negli ultimi anni, anche per l’istituzione del Giorno del Ricordo con l’apposita legge del 30 marzo 2004, ha sempre dato spazi non irrilevanti alla cosiddetta interpretazione giustificazionista, secondo cui la tragedia delle foibe ed il dramma dell’esodo sarebbero stati indotti dai precedenti crimini di parte italiana a danno degli slavi. D’altra parte, una ricerca sistematica sull’argomento non era mai stata svolta in modo scientifico, dando luogo ad illazioni e presunzioni di segno opposto.
Ora, l’opera di Costantino Di Sante, ricercatore presso l’Istituto Regionale per la storia del movimento di liberazione nelle Marche, colma almeno parzialmente la lacuna, soffermandosi sulle vicende del periodo bellico, sulle accuse jugoslave agli occupanti italiani, ed infine sulle strategie difensive e sulle circostanze che consentirono di negare le estradizioni richieste da Belgrado, e quindi i relativi processi. Restano nell’ombra gli anni antecedenti la dichiarazione di guerra, che d’altra parte avevano avuto un forte impatto politico ma in cui non si erano evidentemente potuti verificare crimini di guerra, perseguibili come tali a norma dell’ordinamento internazionale.
A conflitto concluso, la Jugoslavia, in base all’art. 15 del trattato di pace, chiese all’Italia di consegnare parecchie centinaia di militari, ma anche di civili, che secondo la sua denunzia si erano macchiati di indicibili efferatezze: tra i maggiori indiziati i Generali Roatta, Robotti, Pirzio Biroli e Gambara, l’Alto Commissario per la Slovenia Grazioli, ed i Governatori della Dalmazia Bastianini e Giunta.
Le motivazioni salienti addotte in chiave difensiva si riferiscono al fatto che le azioni di rastrellamento e di rappresaglia, e le sentenze dei Tribunali speciali, ebbero natura di deterrente a fronte dei continui atti di guerriglia; ma prima ancora, al fatto che i partigiani non facevano capo ad un "Governo responsabile", appartenevano ad uno Stato che aveva concluso l’armistizio con l’Asse, non portavano uniformi, non rispettavano le leggi di guerra, e non erano stati "riconosciuti come legittimi belligeranti neppure dalle Nazioni Unite", diversamente da quanto era accaduto alle forze cetniche di Mihajlovic.
C’è di più. Come emerge dalla probante documentazione fornita, il numero dei criminali di guerra italiani richiesti dalla Jugoslavia fu di gran lunga superiore a quello delle analoghe istanze altrui. Basti pensare, ad esempio, che l’Unione Sovietica si limitò d avanzare dodici richieste, l’Etiopia dieci, la Grecia sei e l’Albania tre. Quindi, delle due l’una: o la guerra in Jugoslavia era stata stranamente più cruda, dando luogo ad azioni e reazioni ben oltre i limiti statuiti dalla normativa internazionale, o le richieste jugoslave formulate ai sensi del citato art. 15 furono oggetto di non poche forzature.
Entrambe le motivazioni, peraltro, possono avere fondamenti comuni, e quindi, coesistere. Stando alla documentazione, episodi agghiaccianti si verificarono a più riprese sia ad opera dei partigiani, sia degli ustascia, dei mussulmani e delle altre forze indigene l’una contro l’altra armate, né più né meno come sarebbe accaduto in tempi recenti dopo lo sfascio della Repubblica federativa ed i conflitti anche etnici e religiosi che ne seguirono.
D’altro canto, pur mettendo nel conto una maggiore reattività di parte italiana, è arduo comprendere come sia stato possibile che i "crimini" compiuti in Jugoslavia fossero tanto superiori a quelli patiti dagli altri belligeranti, che a loro volta non scherzavano, come attestano le immotivate fucilazioni di prigionieri italiani da parte degli Alleati, i bombardamenti terroristici di obiettivi civili, le violenze sulla popolazione, e via dicendo.
Oggi, a 60 anni da fatti non meno dolorosi degli infoibamenti e delle per ??secuzioni indiscriminate nei confronti del popolo giuliano e dalmata, non è agevole stabilire in modo definitivo quali e quanti siano stati gli episodi effettivamente perseguibili, al di là del tentativo jugoslavo di moltiplicarne il numero, se non altro a scopo di propaganda politica, di ulteriore legittimazione del potere titino, e naturalmente di avallo delle attese annessionistiche di tutta l’Istria, e magari di Trieste e Gorizia. Si può affermare con ragionevole sicurezza, invece, che la guerra non ha pagato, lasciando una lunga scia di effetti negativi per tutti, anche a lungo termine: si pensi alla vergogna di Osimo a danno dell’Italia, ed al tremendo disastro, economico ancor prima che politico, della ex-Jugoslavia.
Nella grande storia, come nella vita umana, accade spesso che un errore sia la matrice di tanti altri. Motivo di più per "contare fino a dieci", oggi come ieri, prima di prendere le decisioni che contano, in specie se irreversibili.
Carlo Montani
ESSERE DESTRA IN ITALIA 1
Riportiamo alcuni interventi che, anche in seguito a recenti avvenimenti, si interrogano sul senso di essere Destra in Italia, oggi. La nostra rivista è convinta che la discussione, anche se a volte aspra, è l’unico modo per affrontare la situazione politica interna, che si configura sempre di più come un’autentica svolta. Barbarossaonline intende portare a conoscenza le varie posizioni per trovare un comune percorso verso una Destra che si apra al futuro senza dimenticare la propria identità.
SI PUO’ DIRE ANCORA QUALCOSA DI DESTRA?
"SE UN UOMO NON E’ DISPOSTO A CORRERE QUALCHE RISCHIO PER LE SUE IDEE, O LE SUE IDEE NON VALGONO NULLA O NON VALE NIENTE LUI"
Questo disse Ezra Pound, e questa penso sia la migliore chiosa all’argomento della serata.
Secondo me, non solo si può ancora dire qualcosa di destra, ma si deve riprendere a dire e fare cose di destra; ultimamente ce lo siamo forse scordati, i nostri capi hanno voluto scordarlo, ma mai come ora, superata l’epoca dell’arco costituzionale, dobbiamo avere il coraggio e l’orgoglio delle nostre idee. Purtroppo qualcuno, al nostro interno, ha paura, ha vergogna di quello che siamo; si è lasciato influenzare, esso stesso, dalla propaganda marxista e perbenista, arrivando a credere in tutto quello che di falso è stato detto su di noi. La cultura della Destra non è individualismo, chiusura, conservazione, immobilismo, bensì l’esatto contrario, cioè comunitarismo, apertura, tradizione, pragmatismo. Guardiamo alla storia del Novecento; alcuni dei nostri maggiori epigoni, da D’Annunzio a Marinetti, da Evola ad Ezra Pound sono stati i capisaldi delle avanguardie culturali del secolo, soprattutto sono stati, ciascuno a proprio modo, l’esempio del "pensiero che diventa azione".
Oggi, purtroppo, stanno cercando di farci perdere la nostra identità, ci stanno defraudando,castrando : non abbiamo più le palle per rivendicare la nostra identità. A livello mediatico, le uniche espressioni di destra sembrano essere ormai solo Emilio Fede ed il Bagaglino, mentre si cerca di riciclare per uomini di destra persino Bob Marley e John Lennon: vero che i tempi cambiano, vero anche che il fumo è stato proibito ma la dose minima raddoppiata, però passare dalla Fiamma allo spinello ..beh, questo è veramente troppo!!!!!!
Ancor peggio, il nostro lassismo cerebrale lascia in certi casi alla strumentale appropriazione della sinistra alcuni grandi temi, fatti, nomi e situazioni, che sono invece tranquillamente catalogabili nell’alveo della nostra cultura, delle nostre tradizioni, del nostro "idem sentire".
Oggi che molti di noi hanno posizioni di responsabilità all’interno delle Istituzioni locali, cosa stiamo facendo? Cioè, come il nostro essere di destra, il nostro senso di appartenenza si manifesta, influenza e dirige la nostra attività politica quotidiana, le nostre azioni, i nostri programmi? Persone come me, Assessori alla Cultura ed all’Istruzione nei Comuni del nostro territorio, cosa facciamo e cosa diciamo "DI DESTRA"? Nulla, in alcuni casi, poco in altri. Non per codardia, né per ignavia o menefreghismo; purtroppo, senza identità non c’è coscienza di sé, e senza coscienza non vi è chiarezza di idee e di obiettivi: facendo fatica a capire che cosa sia di destra, che cosa sia la destra, è ancor più difficoltoso discernere le iniziative da porre in atto. Senza basi ideologiche, senza supporti da parte di nostri Centri Studi Istituzionali (ah .quanta nostalgia del MINCULPOP); senza grandi budget da spendere, i nostri poveri Assessori (noi, poveri Assessori) si devono (ci dobbiamo) arrangiare: in che modo? Usiamo sostanzialmente due strade: - la prima consiste nell’utilizzo dei pacchetti preconfezionati proposti da soggetti istituzionali (in genere la Provincia o altre Associazioni vicine o sostenute da qualche Istituzione territoriale); che hanno il vantaggio di proporre manifestazioni e spettacoli già pronti all’uso, che comportano quindi un minor impegno in termini di risorse organizzative e che spesso ottimizzano la spesa in quanto supportati da contributi elargiti dalla stessa Istituzione che li sostiene; è puro esercizio retorico sottolineare come gli estensori di tali progetti non siano animati da spirito proselitistico nei confronti delle nostre aspettative culturali; - la seconda strada, ugualmente semplice, casereccia e meno dispendiosa, è quella di affidarci con fiducia e rassegnazione ai nostri impiegati e caporipartizione che, anche se in molti casi professionalmente inappuntabili, non possono certo essere annoverati come nostri militanti né sentirsi incentivati dal cavalcare la tigre di proposte nuove, inconsuete e di destra.
Che fare, quindi.
Innanzitutto, ripensare al nostro ruolo, ponendo in secondo ordine l’aspetto autoreferenziale di mera gestione del personale potere all’interno della propria realtà territoriale o della consorteria di riferimento all’interno del partito, ma dando invece risalto alla propria figura Politica di servizio al bene comune, con l’obiettivo di creare aggregazione, consenso, proselitismo.
Quali gli strumenti e le strategie operative?
- innanzitutto, ognuno di noi dovrebbe crearsi un proprio staff di collaboratori per avere sostegno creativo, organizzativo e logistico;
- pensare alla creazione e realizzazione di proposte e progetti proponibili anche al di fuori del proprio comune; in tal modo, anche gli altri eventuali fruitori beneficerebbero di pacchetti completi e preconfezionati, ottimizzando tempistiche e costi di utilizzo;
- ovviamente, per funzionare questo sistema deve diventare un sistema, cioè deve essere portato a conoscenza di un insieme di soggetti, deve dar vita ad un catalogo: tutte le informazioni necessarie al suo utilizzo devono essere consultabili facilmente ed esaurientemente (tipo di manifestazione, necessità tecniche, referenti, ecc.);
- bisogna insomma creare una nostra rete che, consentendo sinergie creative ed operative, permetta a tutti i ns. Assessori di proporre all’interno dei propri Comuni spettacoli e proposte costruite da noi, che veicolino i ns. valori, che esaltino le nostre peculiarità, che dimostrino quale ricchezza di contenuti e varietà di proposte siano sempre state celate dallacultura ufficiale;
- ulteriori economie di scala potranno essere innescate implementando e completando la rete con operatori e tecnici in grado di gestire professionalmente, materialmente e logisticamente i singoli eventi e le varie manifestazioni;
- naturalmente, per economie di scala intendo anche la possibilità di pervenire attraverso di esse ad una certa dose di autofinanziamento;
- tutto quanto sopra può essere sintetizzato con una definizione: METAPOLITICA. La creazione di una rete di associazioni così finalizzate deve essere il nostro obiettivo primario.
Se il nostro Partito, sino ad oggi, ha inteso la cultura solo come momento di leggero e frivolo intrattenimento, dando più spazio ad istrioni e ballerine piuttosto che alle nostre menti migliori (e quante ce ne sarebbero, se solo venisse loro dato modo di esprimersi e di essere ascoltate); noi che siamo destra di popolo, sociale e comunitaria, A NOI spetta il compito di infischiarcene dell’ufficialità ingessata della nostra nomenklatura, A NOI è affidato l’imperativo di dare una scossa, di tracciare una via, di dare una sterzata al corso delle cose: NOI ci candidiamo ad intraprendere un cammino diverso, a porre in atto una strategia che dia nuovo lustro ad una cultura, a dei valori, ad una spiritualità, ad una identità che sono stati indegnamente calpestati ma senza i quali la nostra azione politica, la nostra Comunità, la nostra Patria sono destinate alla deriva ed all’oblio.
Agostino Parasmo
(lntervento dell’Assessore alla Cultura del Comune di Parabiago, prof. Agostino Parasmo, al Convegno di Busto Arsizio del 24 novembre u.s. ).
ESSERE DESTRA IN ITALIA 2
LIBERTA’ DI COSCIENZA
Da qualche anno a questa parte la posizione più diffusa in Alleanza nazionale pare essere diventata la "libertà di coscienza".
Caduti, con la morte delle ideologie, quei sistemi di pensiero a cui per decenni la politica aveva fatto in qualche modo riferimento e, con essi, molti valori ed ideali, la libertà di coscienza pare essere divenuta oramai la regola della nuova politica’, una regola alla quale anche la destra italiana sembra essersi adeguata in ossequio a quel relativismo non solo politico, ma anche etico e culturale, che rappresenta ormai il vero e proprio fondamento della nostra epoca.
Alla libertà di coscienza si è appellato, infatti, recentemente chi, per esempio, nel gruppo parlamentare di An ha ritenuto di votare a favore dell’indulto che ha portato, e bene non dimenticarlo, alla scarcerazione immediata di circa 25.000 pregiudicati già detenuti per vari reati nelle patrie galere; alla libertà di coscienza si è ispirato a destra il dibattito sulla costruzione di nuove moschee, sull’inserimento nel sistema scolastico e sanitario nazionale dei principi dell’Islam; alla libertà di coscienza è ricorso poi, nel recente passato, lo stesso Presidente Fini nel momento in cui, come molti ricorderanno, ha espresso pubblicamente le sue intenzioni di voto a favore di tre su i quattro referendum abrogativi promossi in relazione alle norme sulla fecondazione assistita.
E’ dunque alla libertà e alla coscienza, due cose di non poco conto, che, a maggior ragione, intendiamo anche noi fare oggi riferimento e, in loro nome, rivendicare il diritto e il dovere di chiedere ad Alleanza nazionale di ritornare a tenere la destra.
E’ infatti in libertà di coscienza che ci opponiamo al modello di società multiculturale che oggi anche Alleanza nazionale parrebbe voler assecondare in netta contraddizione con l’intento di salvaguardare quell’identità nazionale che è sempre stata alla base del proprio programma politico;
è in libertà di coscienza che riaffermiamo la sacralità della vita umana in ogni fase del suo sviluppo naturale, dal momento del suo concepimento sino alla sua inevitabile estinzione;
è in libertà di coscienza che ci battiamo contro l’uso di qualsiasi droga senza alcuna distinzione;
è in libertà di coscienza che difendiamo la libertà di essere e di pensare contro ogni livellamento ed ogni omologazione;
è in libertà di coscienza che riconosciamo un solo diritto internazionale: il diritto di ogni popolo ad auto-determinarsi, il diritto di ogni nazione ad esistere ed essere libera;
è in libertà di coscienza che per le nostre famiglie e i nostri figli pretendiamo che lo Stato garantisca lavoro, rispetto, giustizia e sicurezza;
è in libertà di coscienza che dalla politica esigiamo onestà e competenza;
è in libertà di coscienza che chiediamo verità e giustizia nel tramandare la memoria, nell’affrontare la storia, nell’affidare alle nuove generazioni l’insegnamento che sempre deriva da conquiste ed errori;
è in libertà di coscienza che tracciamo quotidianamente un confine ideale tra noi e tutto ciò che a noi si oppone, tra noi e la sinistra, tra noi e la decadenza, tra noi e lo sfruttamento, tra noi e il materialismo, tra noi e il livellamento, tra noi e la prepotenza;
è in libertà di coscienza che ci opponiamo allo snaturamento di Alleanza nazionale, al suo smarrimento, alla sua omologazione al centro dello schieramento politico;
è in libertà di coscienza che, dunque, ci schieriamo e, ancora una volta, scegliamo la destra.
Dopo l’assemblea di fondazione dell’Associazione culturale d-destra e la conseguente esclusione di Francesco Storace dall’Esecutivo nazionale, la domanda che oggi si pone è dunque questa: c’è spazio in Alleanza nazionale per una opposizione alla luce del Sole? C’è spazio per una opposizione in libertà di coscienza?
Ci rendiamo conto che per Alleanza nazionale è questo un fatto nuovo e, per certi versi, inaspettato abituata com’era a far sorgere e risolvere artificiosamente ogni questione nel teatrino delle correnti, abituata com’era ad un unanimismo di facciata che viveva e, purtroppo ancora in parte sopravvive, tra mille interessi e ipocrisie.
Ma pensiamo che il confronto politico sia oggi opportuno e salutare per Alleanza nazionale, non solo perché rappresenta l’essenza di ogni democrazia, ma anche perché è il sale di ogni partito che, al contrario, senza dibattito interno, senza passione, senza tensione ideale, è destinato lentamente a spegnersi e a perire inesorabilmente ridotto a svolgere il solo compito di "distributore di incarichi e poltrone".
Alleanza nazionale sarà chiamata a celebrare da qui a poco il suo terzo Congresso nazionale.
E’ quanto stabilisce il suo Statuto, è quanto oggi è necessario per crescere ancora insieme, è la sola assise che legittima ogni scelta ed ogni futura posizione.
Ciascuno di noi dovrà fare la sua parte, ciascuno di noi che ha a cuore il patrimonio di esperienze, di battaglie, di idee e di valori della destra.
Ciascuno di noi, che in tempi vicini o lontani a questo partito ha aderito da uomo libero, da donna libera e, assolutamente, in libertà di coscienza.
Verona, novembre 2006
Tenere la Destra