Adriano Visconti - Numero 60

ADRIANO VISCONTI DI LAMPUGNANO – ASSO DELL’AERONAUTICA MILITARE

E’ di poco tempo fa la notizia, riportata dal Giornale di Brescia del 13 novembre, del ritrovamento di frammenti dell’aereo del maggiore pilota Adriano Visconti. Si tratta di reperti di un caccia Messerschmitt Bf109 che venne abbattuto il 14 marzo 1945. Il pilota si salvò paracadutandosi sopra Costa di Gargano. I resti sono stati ritrovati, a quanto affermato dall’organo di stampa, dopo sei anni di indagini, sui monti sopra Tignale. E che siano i resti del velivolo del maggiore Visconti viene asserito dagli esperti dell'associazione Air Crash Po e di Romagna Air Finders.

Ma chi era Adriano Visconti? Semplicemente un eroe, un grande ufficiale, dimenticato dai più, ma non da tutti. Un grande combattente, protagonista di imprese memorabili. Con 26 abbattimenti accreditati (di cui 7 dopo l’armistizio dell’8 settembre) il maggiore Visconti è da considerarsi certamente l’Asso degli Assi dei piloti italiani della II guerra mondiale. Asso: un’espressione mutuata dal gioco delle carte e che significa “campione”, “il migliore”; almeno 5 combattimenti vittoriosi dovevano aver avuto luogo per meritare il glorioso appellativo e chi conseguiva il maggior numero di vittorie in combattimento diventava “asso degli assi”. Ecco, Adriano Visconti fu un “Asso degli assi”. Visconti iniziò la sua carriera nel periodo che va dal 1936 al 1939 e già nel 1940 ricevette la prima medaglia di bronzo al Valor militare; ben presto ottenne una medaglia d’argento al Valor militare nel 1941 e subito dopo un’altra, sempre d’argento, l’anno seguente. Una terza medaglia d’argento, nell’agosto del 1942, e un’altra per i combattimenti dell’aprile 1943 sui cieli della Tunisia. Era a Cagliari quando sopraggiunse l’armistizio dell’8 settembre 1943. E qui compì un’altra missione leggendaria. Comandante della 310 Squadriglia si trasferì a Roma per avere ordini, trasportando i suoi uomini, undici, su tre caccia monoposto: non voleva abbandonarli. Un’impresa eccezionale. Come rievoca con grande precisione Nico Sgarlato nel suo “Assi italiani dell’aviazione”, Delta Editrice: “L’operazione fu resa possibile svuotando la fusoliera del Veltro dell’attrezzatura fotografica, del battellino pneumatico di salvataggio e delle piastre di blindatura e, a quanto pare, su almeno due dei tre Veltro anche con la rimozione del seggiolino del pilota che doveva stare seduto sulle ginocchia di uno dei tre passeggeri. Sugli aeroplani di Visconti e del sergente Domenico Laiolo, due avieri trovarono posto seduti sul pavimento della fusoliera, sotto la struttura anticapottata, in uno spazio completamente cieco, mentre un terzo svolgeva la funzione di …seggiolino per il pilota. Il sottotenente Giovanni Sajeva aveva invece accolto sul suo aereo i due specialisti di corporatura più robusta.” Contribuì, dopo aver aderito alla RSI, a far nascere l’Aeronautica Nazionale Repubblicana al comando del 1° Gruppo Caccia “Asso di bastoni”, contrastando le incursioni nemiche su obiettivi italiani. Dopo uno scontro aereo del 14 marzo 1945, il 29 aprile 1945 venne ucciso a tradimento in circostanze mai chiarite del tutto.

Il numero delle vittorie non trova concordi tutti gli studiosi, proprio per le difficoltà di attribuire con certezza l’esito degli scontri aerei. Sta di fatto che Adriano Visconti, eroe della II Guerra mondiale, compì 591 missioni di guerra,72 combattimenti. Meritò 4 medaglie d’argento, 2 di bronzo, la Croce di ferro di prima e di seconda classe e 2 promozioni al merito di guerra. Abbattuto 2 volte, riuscì a salvarsi ma nulla poté di fronte a chi lo uccise a tradimento.

 

La guerra termina. Il 29 aprile 1945 Adriano Visconti firma la resa del suo reparto, il 1° Gruppo caccia, a Gallarate e viene condotto nella Caserma di Milano del “Savoia Cavalleria”, dove verrà ucciso a tradimento, come pure il suo aiutante il S. Ten. Valerio Stefanini. Visconti sarà finito con un colpo alla nuca. Ora riposa a Musocco, al campo X, insieme a tanti altri militari e fascisti che aderirono alla RSI.

Così rievoca quelle tragiche giornate Antonio Pannullo su “Il Secolo d’Italia” del 29 aprile 2013: Così, il giorno dopo, il 29 aprile, proprio il Maggiore Visconti firmò la resa controfirmata dal Cln Alta Italia, dal Cln, da quattro capi partigiani “garibaldini” tra cui Aldo Aniasi, il “comandante “Iso”, successivamente deputato del Psi e sindaco di Milano per lo stesso partito, che a quel tempo comandava la brigata partigiana Redi. L’accordo garantiva libertà e incolumità per avieri e sottufficiali, e l’incolumità e l’obbligo di consegnarsi alle autorità italiane o alleate, per gli ufficiali. A quel punto i 60 ufficiali repubblicani e le due ausiliarie vennero condotti nella caserma del Savoia cavalleria in mano ai garibaldini. Ma Visconti e il suo aiutante Stefanini vennero allontanati con il pretesto di volerli interrogare. Mentre si allontanavano con i partigiani, i due vennero falciati da due raffiche di mitra alla schiena: il sottotenente Stefanini istintivamente tentò di coprire Visconti col suo corpo, ottenendo solo di farlo ferire gravemente. Il maggiore fu poi finito con due colpi di pistola alla testa. A sparare fu il guardaspalle di Aniasi, un partigiano russo, e il ruolo del futuro sindaco di Milano non fu mai chiarito, perché il duplice assassinio fu considerato “legittimo atto di guerra”, in quanto accaduto prima dell’8 maggio 1945, fine ufficiale delle ostilità in Europa”

Il suo motto era: “Piuttosto morire, per mantenere una parola, che morire da traditore”.

A Washington c’è una sala al “Mall Memorial Lincoln” in cui è ricordato come uno degli Assi della II Guerra mondiale; come pure a New York appare una sua foto al museo di Ellis.

A Fiume Veneto, presso il Museo Storico Aeronautico Scientifico e tecnologico Forze Armate” esiste un monumento dedicato ad Adriano Visconti e ai suoi uomini, mentre la sua divisa originale è collocata all’interno del Museo Storico Aeronautico del Friuli Venezia Giulia.

 

Riportiamo la motivazione dell’ultima Medaglia d’argento concessa al Maggiore Adriano Visconti:

 

«Valoroso comandante di squadriglia, già distintosi in precedenti periodi operativi, partecipava nel breve volgere di tempo durante l'attuale ciclo, a quattro violenti combattimenti nello svolgersi dei quali confermava le sue doti di abile e valoroso combattente e durante i quali abbatteva sicuramente un velivolo, uno probabile e ne danneggiava altri sei. Il 29 aprile, mentre coi propri gregari faceva parte di una nostra esigua formazione attaccante oltre sessanta velivoli nemici da caccia, di protezione a bombardieri che tentavano un'azione contro naviglio nazionale, con indomito spirito aggressivo si lanciava sugli avversari e con il fuoco delle proprie armi ne sconvolgeva la formazione collaborando all'abbattimento di numerosi velivoli nemici ed alla realizzazione di una fulgida vittoria dell'Ala Italiana che veniva citata all'ordine del giorno.»

— Cielo della Tunisia, 29 aprile 1943

 

Il Barbarossa