Almirante, che nostalgia - Numero 18

 

In tv il Premio teatrale dedicato all’ex segretario missino quindici anni dalla morte
"Almirante, che nostalgia!" Parola di D’Alema
Al presidente dei Ds come a Donna Assunta mancano le passioni politiche d’un tempo


Beh, bisogna ammettere che ha fatto a tutti un certo effetto vedere trasmesso dalla Rai il Premio teatrale dedicato a Giorgio Almirante. Che strana sensazione nel sentire i conduttori annunciare i vincitori dicendo: "Premio Giorgio Almirante per… a…". E pensare che quando era in vita il capo missino di mille battaglie in televisione ci poteva andare soltanto per i minuti assegnati istituzionalmente ai partiti nelle tribune elettorali. Per qualcuno si tratta di un atto di giustizia postuma, una sorta di tributo ad un grande politico di cui è giusto ricordare la figura una volta caduti gli steccati della conventio ad escludendum del tempo che fu. C’è invece chi non intende seppellire l’antifascismo militante con tutto il suo armamentario di odio e di pregiudizio, come il segretario dei Comunisti italiani, Oliviero Diliberto (uno che come premio per il conseguimento della maturità chiese ed ottenne dai genitori di potersi recare in pellegrinaggio nella Mosca sovietica) e minaccia persino una denuncia all’autorità giudiziaria per l’"apologia di fascismo" di cui si sarebbe macchiata la Rai. Un umano compatimento e una cristiana sopportazione credo siano la replica migliore. Ma attenzione, attenzione: le notizie relative all’indimenticabile segretario del Msi sono altre. Che Donna Assunta Almirante conservi gelosamente nella memoria il ricordo dei tempi in cui viveva accanto al marito un’appassionante vicenda politica e umana in contrapposizione al "teatrino" attuale è cosa nota e del tutto naturale. Assai meno prevedibile che a vestire i panni dei nostalgici di Almirante siano autorevoli esponenti di quello che fu il Pci. L’antefatto è rappresentato da un’intervista a Repubblica della stessa Donna Assunta alla vigilia del quindicesimo anniversario della morte dell’amato Giorgio in cui ha ricordato l’omaggio di Almirante alla salma di Enrico Berlinguer (si mise in fila come migliaia di militanti comunisti con il cappello in mano); mentre ha espresso le sue perplessità rispetto alle uscite berlusconiane ("chi è stato comunista non può governare") e ha citato il rispetto che esisteva tra uomini valenti e puliti dei fronti contrapposti. Giancarlo Pajetta disse una volta ad Almirante: "Caro Giorgio, dopo di noi sarà il nulla". Ricordi che Donna Assunta conserva e che ama tirar fuori al di là della convenienza politica. La sorpresa è leggere che Massimo D’Alema ed Emanuele Macaluso condividono questi pensieri. Il secondo concordando dalle colonne del Riformista con la "regina madre" della destra rispetto al confronto tra la spiccata autonomia che animava la politica del marito e l’eccesso di dipendenza dal "berlusconismo" degli attuali vertici di Alleanza Nazionale (si dice che Fini l’abbia presa male). Massimo D’Alema (sì proprio lui, il Paul Cayard de noantri) invece ha incontrato la signora dagli sgargianti tailleur alla presentazione del romanzo Il Fasciocomunista di Antonio Pennacchi, eccentrico personaggio, fascista anomalo e ribelle prima e comunista ribelle e anomalo poi. Seduti dietro lo stesso tavolo si sono scambiati formule di cortesia, attestati di stima, omaggi. Tra la vedova del carismatico ex segretario missino e il presidente dei Ds è affiorata nel nome di Giorgio Almirante un intenerimento nostalgico per un mondo che non c’è più, in polemica con quello vacuo e anaffettivo di oggi. Baffino ha ricordato quella vita caratterizzata dall’odore della colla per attaccare i manifesti, dalla polvere delle vecchie sezioni, dalle interminabili riunioni, senza dimenticare che un tempo "rossi" e "neri" se le davano di santa ragione, quelle "botte date e avute" prima che lo scontro degenerasse nella spirale autodistruttiva della violenza sfrenata della "guerra civile strisciante", come l’ ha definita Donna Assunta. Certo i ricordi di D’Alema sono quelli di un militante del Pci, rigoroso e ubbidiente con un’ipotesi di carriera davanti. Ben diverso fu lo scenario fatto di spranghe, chiavi inglesi, agguati, pestaggi e colpi di P38 in cui bruciarono i sogni di una generazione. Ma tant’è. Il presidente diessino non ha dimenticato nemmeno altri due "nemici" che non ci sono più: lo scomodo Beppe Niccolai, geniale pisano che con Almirante proprio non andava d’accordo, e Pinuccio Tatarella, il "ministro dell’Armonia" che fu tra i padri di An. Insomma siamo di fronte a una vera e propria nostalgia del passato. Già, nostalgia, termine un tempo utilizzato per i fascisti che non intendevano farsi una ragione di un’irrimediabile sconfitta, oggi sembra che non ne siano immuni nemmeno i "compagni". A D’Alema manca Almirante, quello stesso Almirante che i comunisti avevano marchiato come "fucilatore", quello stesso Almirante nei confronti del quale il Parlamento concedeva l’autorizzazione a procedere per "tentata ricostituzione del disciolto Partito fascista". Stranezze e paradossi da libro di Pennacchi che meritano comunque attenzione. E poi il grande condottiero missino non era tipo da lasciare indifferenti, tant’è che anche a destra c’era chi non ne condivideva le idee, la linea politica, la visione stessa della realtà e alcune sue mosse ancora oggi risultano discutibili. Ma un uomo di tale valore, di tanto carisma, di quello stile, non si poteva che amare e rispettare. Nel tempo in cui anche gli avversari rendono omaggio alla sua memoria, la destra italiana deve imporsi di essere sempre all’altezza del suo esempio.

Fabio Pasini