La decadenza del bel paese - Numero 35

SOMMARIO DELLA SEZIONE:

  • LA DECADENZA DEL BEL PAESE
  • NON PERDIAMO DI VISTA IL PARTITO UNICO


    LA DECADENZA DEL BEL PAESE
    DA TANGENTOPOLI AL... SOTTOSVILUPPO ?

    Comincio’ cosi, dopo la guerra.

    La cintura era troppo stretta, bisognava soprattutto mangiare. E occorreva cominciare ad appagare i primi desideri. Il fascio, con le sue strutture, non dettava più legge. Tutti i cittadini si rimboccarono le maniche, e la ricostruzione ando’ avanti. Il Paese poté mangiare, commerciare, produrre e inventare nuovi bisogni. Anche guardando i boys americani. L’industria del mattone trascinò i consumi.

    Intanto sulle pedane delle piazze, nuovi oratori insegnavano la democrazia. Fra loro molti meridionali, usi a gestire famiglie e affari con paternalismo, compari aiutando. La gran parte di quelli che erano arrivati alla fine della guerra e del fascismo, erano entusiasti, avevano voglia di costruire, erano in buona fede. Ma alcuni, infilatisi nei palazzi del potere parlando democrazia, iniziarono a tessere le fila degli affari fra amici, servendosi del sottobosco culturale in agguato. Per scopi privati o di clans, iniziarono a condizionare i partiti, ognuno dei quali alzava una bandiera diversa, ma sempre democratica. Iniziarono i traffici di influenze, i negoziati di corridoio, usarono un esercito di galoppini di collegamento fra i vari palazzi del potere, mercanteggiarono in angoli bui di stanze segrete voti e prebende. Furono creati associazioni, sindacati, industrie del parastato. File di aspiranti gerarchi del fascio sparirono. Come era già successo altre volte, chi ebbe più fiuto, per meglio scalare le nuove strutture, gonfiò il numero di chi asseriva essere stato dall’altra parte.
    Enormi file di "resistenti" si crearono, i quali avrebbero un giorno avuto diritto ad un occhio di riguardo, o come minimo ad una raccomandazione. Era tale il numero, che qualcuno chiese: "ma allora, chi era fascista ?"

    Presero il potere in alcuni ministeri certi politici, con nuovi comportamenti, capaci di condizionare, trafficare , intermediare poteri e percentuali, nell’interesse proprio e del proprio clan… Chiamiamolo affari-politismo, commistione di affarismo privato, o di clans, e poteri politici. Sciascia scrisse che la mentalità mafiosa si estese dalla Sicilia verso il Nord con una velocità di 100 km/anno. I settentrionali in gran parte non si occuparono di quanto avveniva nei palazzi del potere politico. Curarono i loro commerci e potenziarono nuove attività, svilupparono l’industria privata. Inventarono un nuovo tessuto produttivo, con comportamenti circa mittle-europei.

    Intanto si ristrutturarono nuovi poteri pubblici, nazionali e locali, che rilevarono le briglie che erano state dei gerarchi del fascio. Lo stato intervenne nell`economia. Nei nuovi palazzi del potere prevalevano gli uomini di legge, i quali spesso avevano una limitata conoscenza delle realtà sociali, ma una ottima conoscenza delle strutture dello stato. I nuovi politici, nel fare piccole e grandi carriere, diffondevano le loro abitudini, usavano parole democratiche nelle assemblee e stilavano spesso accordi di mutua assistenza. Sulla base di scelte politiche, ma non solo, si formarono in alcuni partiti correnti e clans. Gruppi solidali presero il potere in alcuni partiti che gestivano il Paese. Una volta installati in posizioni di comando, i gruppi di potere intavolarono negoziati con gli imprenditori che producevano ricchezza e beni di produzione. Gli appalti pubblici furono gestiti con metodi sempre più "mediterranei". Le percentuali di ritorno divennero talvolta criteri di scelta nelle assegnazioni dei contratti importanti. Gli impresari, in genere gente del Nord, si indignarono, ma poi, da Italiani svegli e adattabili, capirono la musica che si andava diffondendo e impararono a suonarla. All’inizio le grosse tangenti erano l’eccezione, ma in circa un decennio divennero la regola. Tangentopoli sembra nata nei palazzi romani, ma si estese facilmente anche alle più sperdute province.

    La incapacità dei piemontesi, dalla fine ‘800, ad educare l’Italia appena formatasi, ad avere comportamenti europei o savoiardi, si rivelò alla fine del `900 un boomerang per il Paese. Il quale fu quindi facilmente permeabile, soprattutto durante la ricostruzione, alla corruzione diffusa, da Roma, da alcuni VIPs installatisi nei palazzi romani.

    Il livello dell`Italia sociale, a fine secolo, è troppo degradato. Lontano da quello europeo, esso si avvicina a quello sudamericano. Il sottosviluppo é dietro la porta. O é gia arrivato ? Forse ci conviene aprire gli occhi !

    Antonio Greco
    ANGREMA@wanadoo.fr


    NON PERDIAMO DI VISTA IL PARTITO UNICO

    Le elezioni si avvicinano e il partito unico e’ stato messo da parte. Abbiamo parlato a lungo di questo progetto ma con il tempo l’interesse si e’ smorzato visto che lo stesso entusiasmo dei politici coinvolti e’ calato. L’idea rimane ed e’ anche probabile che sia quello il futuro del centro-destra… un futuro che pero’ difficilmente sara’ concretizzabile nel breve termine. Il Polo delle Liberta’ si presentera’ quindi alle elezioni di aprile, come in passato, come una coalizione composta da singoli partiti. Una nuova legge elettorale creera’ nuovi assetti e chissa’ che dopo non si torni a parlare di partito unico. Intanto l’importante e’ rinnovare la coesione tra le anime del centro-destra per contrastare la sinistra e rimanere al governo. L’obiettivo per aprile del Polo delle Liberta’ deve essere di ottenere l’immagine con cui i conservatori in Canada il 24 gennaio o quelli in Portogallo il 22 hanno vinto. In Italia come all’estero e’ ormai palese che il centro-destra vince se e’ unito e dimostra ai cittadini che la sinistra non e’ in grado di governare in quanto incapace di creare una sintonia tra le varie contrapposte voci dello stonato coro con cui si presenta.

    Osserviamo piu’ da vicino il nostro "palcoscenico". Nel centro-destra abbiamo vari "attori" che, pur presentando di tanto in tanto dei contrasti sulla "sceneggiatura" o sulle "scelte teatrali" del "regista", rimangono uniti e hanno conservato il successo della "compagnia" in tutti questi anni. Nella sinistra invece troviamo tante "compagnie teatrali" diverse. C’e’ quella piu’ aperta alle collaborazioni e quella che vuol fare tutto da sola, c’e’ quella che pensa sia meglio "mettere in scena" un classico e chi preferisce l’alternativo.

    Come possono governare se non sanno trovare una strada comune da percorrere? La sinistra prima di dimostrare qualcosa agli italiani dovrebbe capire al suo interno chi fa parte della "compagnia teatrale" diretta da Prodi e chi no. Per ora l’Italia e’ seduta in poltrona a guardare la rappresentazione tragicomica proposta.

    Vito Andrea Vinci
    (tratto da www.destra.it)

    conosciuto in rete come Vav
    Fondatore e Coordinatore della principale mailing list nazionale dedicata al mondo della destra che dal 1998 riunisce e fa confrontare piu’ di cinquecento dirigenti, militanti e simpatizzanti in un dibattito quotidiano.

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