L’età della “distrazione” - NUMERO 64

Siamo un Paese in decadenza? A guardare quello che succede in molti settori sembrerebbe proprio di sì. Non ci entusiasmano le previsione catastrofistiche, gli scenari millenaristici, ma la crisi che il Paese attraversa non ci fa ben sperare. Si dirà: è quello che succede da sempre. E non solo in Italia. La crisi - che etimologicamente vuol  dire “scelta” – non è per forza portatrice di eventi negativi. E’, appunto, una scelta, un progetto per il futuro, che può avere risvolti diversi. Quello che preoccupa, invece, non è la crisi in se stessa quanto la mancanza di un disegno, di una prospettiva futura. C’è crisi nella politica, che si manifesta soprattutto con la disaffezione degli elettori, con il loro astensionismo; c’è crisi nella scuola, che non sembra fornire ai giovani gli strumenti adatti per affrontare il mondo del lavoro; c’è crisi nella famiglia che rivede i suoi ruoli all’interno di essa; c’è crisi nella Chiesa con la mancanza di vocazioni; c’è crisi in generale proprio perché si hanno le idee confuse, quando ci sono, se non addirittura non ci sono visioni della vita. La società del benessere, per quanto in difficoltà negli ultimi tempi, non ha dato luogo a spazi di riflessione, di verifiche critiche sul proprio modo di vivere. L’odierna società, senza voler fare sociologia, è quella dello smarrimento, della mancanza di punti di riferimento e quindi di un andare avanti “alla giornata”, in un divertissement direbbe il filosofo Pascal. E cos’è il divertissement se non una “distrazione” dall’affrontare le proprie debolezze, le proprie infelicità? In uno dei suoi Pensieri, il 168, Pascal dice: “ Gli uomini, non avendo potuto guarire la morte, la miseria, l'ignoranza, hanno deciso di non pensarci per rendersi felici”. E da qui il ricorso a ciò che può darci consolazione, a ciò che può distrarci dal metterci di fronte all’autentica realtà, a cercare di capire. L’uomo d’oggi sfugge dalla ricerca del senso della vita e si rifugia nei luoghi del divertissement. Ma se ciò può essere umanamente comprensibile, non è accettabile, ieri – al tempo di Pascal- come oggi. Dobbiamo riprendere il nostro essere uomini, la nostra razionalità, interrogarci sul senso della vita e delle nostre scelte, o della mancanza di esse. Diversamente, in tutti i campi, saremo destinati a una sopravvivenza amorfa, grigia, insulsa.

 

V.A.F.