27 gennaio: giornata della memoria - Numero 15

SOMMARIO DELLA SEZIONE:

  • 27 GENNAIO: GIORNATA DELLA MEMORIA
  • DIFENDIAMO L’ITALIA DEI DIMENTICATI


    27 GENNAIO: GIORNATA DELLA MEMORIA

    "Per questo ogni guerra è una guerra civile: ogni caduto somiglia a chi resta, e gliene chiede ragione " (C.Pavese, La casa in collina). Ho voluto iniziare con queste parole di Pavese che interpretano pienamente il disagio e la tristezza che provo ogni qualvolta si torna a parlare della Shoah, una grave tragedia, che ha colpito un popolo che personalmente ammiro e verso il quale ritengo che tutti dobbiamo provare rispetto. E’ importante capire perché si è potuta abbattere tanta barbarie su questo popolo, ma non si può continuare a speculare su questa tragedia. Ho riflettuto prima di usare questo verbo, ma più ci pensavo e mi interrogavo, più capivo che era il termine più opportuno. La legge 211/2000 ha istituito per la data del 27 gennaio, ricorrenza dell’abbattimento dei cancelli del lager di Auschwitz, la Giornata della memoria in cui in ogni scuola si torna a parlare dello sterminio degli ebrei. Quest’anno è stato indetto anche un concorso che coinvolge gli studenti dalle elementari alle superiori dal titolo" L’Europa, dagli orrori della Shoah al valore dell’unità". Non spendo parole su un titolo tanto superficiale: cosa c’entra l’unità europea con la Shoah? Mi inquieta e mi indigna la strumentalizzazione della tragedia che viene fatta. La Shoah ci costringe a ricordare il nazismo che ha sterminato in modo orrendo 6 milioni di ebrei e che costituisce una vergogna per tutta la civiltà occidentale. Rispetto per quanti sono stati massacrati, per tanto dolore chiede sì che si ricordi, si cerchi di capire e di denunciare in modo che mai più abbia a ripetersi per nessuno, ma dovrebbe impedire di cogliere questa occasione per fare propaganda politica. Eppure questo è quanto più o meno consciamente viene fatto. La persecuzione contro il popolo ebraico ha origini ben più antiche, ha proporzioni ben più vaste ed è un crimine di cui si sono macchiati non solo i nazisti. Eppure è rimasta questa sola chiave di lettura, questo solo massacro da ricordare. Gli altri ebrei, quelli massacrati dai bolscevichi, ad esempio, non meritano altrettanto rispetto e ricordo? Sono forse i figli di un dio minore o semplicemente non servono,anzi sono scomodi da ricordare e quindi meglio tacere? Giustamente gli ebrei si offendono e fanno sentire alta la loro protesta quando si levano voci che li offendono più o meno direttamente. Il negazionismo è la forma più becera e inquietante, ma altrettanto dicasi per la banalizzazione del problema e per la facilità con cui oggi si usa il termine genocidio. La peculiarità dello sterminio voluto da Hitler rispetto alla furia sanguinaria di tutte le tirannidi di ogni tempo, ma che soprattutto sono esplose nel secolo scorso, ha una specificità inerente l’oggetto stesso della persecuzione che seguiva le precedenti persecuzioni antiebraiche non assimilabili ai pur frequenti stermini di minoranze, o alle pulizie etniche. Inizialmente non si credette possibile un evento di questo genere, e si arrivò persino a ironizzare come fece C.Chaplin che nel Grande dittatore ambientò l’ inizio dell’azione in un campo di concentramento. Ci fu un fatalismo, un ottenebramento delle menti e delle coscienze in Germania e in tutto il mondo civile inconcepibile, inquietante e incomprensibile. Però c’è stato. Perché è successo? Come è potuto succedere? Quali le cause, le colpe? Abbiamo l’obbligo morale verso quei morti di capire, di ricordare devotamente, con una reverenza sacra, non urlata o, peggio, colorata politicamente. Non possiamo continuare a sporcarne la memoria con squallide speculazioni politiche .

    Pierangela Bianco


    DIFENDIAMO L’ITALIA DEI DIMENTICATI

    In Parlamento sono in discussione in questi giorni diverse proposte per concedere sconti di pena o addirittura amnistie a migliaia di detenuti, che, a causa di un eccessivo sovraffollamento delle carceri potrebbero a breve essere rimessi in libertà, senza aver terminato di scontare la propria pena. Ritengo iniziative di questo tipo estremamente pericolose, diseducative, ingiuste ma anche e soprattutto profondamente offensive nei confronti delle vittime della criminalità, dei cittadini onesti e delle forze dell’ordine, che rischiano quotidianamente la vita per assicurare alla giustizia coloro che violano la legge. In Italia il 70% dei reati resta impunito. I processi sono lunghissimi. La certezza della pena, il cui ruolo è fondamentale nella deterrenza contro il crimine, risulta ormai di fatto essersi sempre più trasformata in una certezza di impunità. I numerosissimi immigrati clandestini finiscono troppo spesso con il delinquere. Il rischio terrorismo è tutt’altro che superato e mafia e delinquenza continuano ad operare pressoché indisturbate. Di fronte ad una situazione così grave è incredibile che tanti politici di entrambi gli schieramenti invochino sconti di pena, indulto, amnistia dimenticandosi del fatto che garantire la tutela dei diritti civili ai carcerati non deve significare ledere i diritti di tutti gli altri cittadini. Se davvero il problema è il sovraffollamento delle carceri, se ne costruiscano di nuove. Se poi, come risulta, quasi il 40% dei detenuti è extracomunitario, si stipulino accordi con i paesi d’origine per far scontare lì le pene detentive. E per rieducare veramente i detenuti, come ho proposto nel mio progetto di legge, gli si dia la possibilità di rendersi utili lavorando. Un reale reinserimento nella società infatti non può prescindere dalla dimostrazione della volontà del singolo di voler risarcire, almeno in parte, la collettività per i reati commessi e di voler contribuire al proprio mantenimento. Ogni detenuto costa alla collettività più di 250 Euro al giorno, praticamente a totale carico dello Stato. Mi sembra corretto dunque che, come nella vita reale si deve lavorare per mantenersi, anche i detenuti lavorino, destinando parte del loro stipendio ad un fondo per risarcire le vittime della criminalità e parte allo Stato come contributo per il proprio mantenimento. Nessuno vuole uccidere "Caino", ma anche Abele ha il diritto di vivere e di essere tutelato. Forse in Italia qualcuno si è scordato che i diritti civili valgono anche per coloro che i reati li subiscono, li combattono o semplicemente non li commettono. Per questo ho già cominciato a raccogliere firme contro ogni ipotesi di "condono" di pena. Garantire la certezza della pena significa dare più sicurezza e quindi libertà, elementi cardine di una concreta politica sociale.

    Silvia Ferretto Clementi
    Consigliere Regionale di A.N.
    www.ferretto.it