Letture

 

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, questa lettera giunta in redazione. Forse varrebbe la pena soffermarsi un po’ sulle parole di questi giovani della Margherita.

LETTERA A CIAMPI
SALVIAMO LA NOSTRA BANDIERA
20-07-2005

Signor Presidente,

In questo momento difficile per la democrazia, dove molti stanno in silenzio e i mezzi di informazione troppo spesso si dimenticano di fare il loro mestiere e si trasformano in telenovela, sento la necessità di alzare la voce in difesa dei valori della nostra Patria. La scorsa sera, dopo una riunione, alcuni di noi con grande preoccupazione e sorpresa, hanno appreso che alla Camera la maggioranza ha approvato un emendamento che modifica le sanzioni per i reati di opinione; solo la Margherita e i Democratici di Sinistra hanno votato contro ed ora il testo andrà al Senato per il voto definitivo. Si tratta di un provvedimento che, tra l’altro, cancella dal codice penale reati come l’attività antinazionale all’estero e l’apologia sovversiva antinazionale. In particolare, nessuno potrà più essere perseguito per aver criticato il capo dello Stato attribuendogli la responsabilità di misure prese dal governo. In tutto ciò, ottiene un’altra vittoria ideologica la Lega, con riferimento ad una serie di reati contro la personalità dello Stato, in maniera particolare a quello concernente il vilipendio della bandiera. La mia attenzione si è concentrata, infatti, sulla depenalizzazione del reato di vilipendio alla bandiera previsto dall’art. 292 del codice penale e cioè, per coloro che non sono addetti ai lavori, la punizione per tale reato non sarà più il carcere, ma il pagamento di una semplice multa. Abbiamo capito che questo è solo il primo passo di un progetto più ampio che mira a destabilizzare nelle fondamenta l’unità del nostro Paese, progetto portato avanti da quella parte politica della maggioranza di Governo che vede nel tricolore un’ottima "medicina" contro la stitichezza o addirittura un surrogato della carta igienica. Quante persone, signor Presidente, sono morte per difendere quella bandiera che oggi vogliamo piegare e chiudere in un cassetto? Quante persone, signor Presidente, continuano a vedere in quella bandiera il simbolo dell’unità del nostro Paese? E’ la bandiera delle "5 Giornate" di Milano, della spedizione di Garibaldi, delle Guerre d’Indipendenza, dei soldati caduti nelle due guerre mondiali, dei cittadini d’Italia, ovunque chiamati a difendere l’onore della Patria, la sua unità, la sua libertà! Noi non abbiamo nessun bisogno di lezioni in tema di libertà di opinione e di libertà di idee! Noi pretendiamo che sia garantita la libertà in tutte le direzioni purché non si favorisca in alcun modo il ritorno di forme di persecuzione razziale, di persecuzione politica o di persecuzione sociale. Duole veramente constatare ciò, perché noi giovani della Margherita crediamo nelle istituzioni e nell’impegno per il bene pubblico e per noi il tricolore è e resterà sempre il simbolo dell’unità della Patria e della libertà del nostro popolo! Ci rivolgiamo a Lei, Signor Presidente, che rappresenta la personificazione dell’unità del nostro amato Paese, perché lotti insieme a noi ponendo in essere ogni strumento legislativo possibile per bloccare questo provvedimento. Uno Stato che, attraverso le sue istituzioni, non tutela e difende i propri simboli ed emblemi, non è uno Stato che tutela i valori comuni. Una nazione che non tutela i valori comuni è solo una aggregazione di persone che rischia di dimenticare la propria identità storica-culturale e le radici comuni.

Non ammainiamo la bandiera italiana, signor Presidente!

Con Stima Il Coordinatore Provinciale Giovanile Della D.L. la Margherita di Pordenone Gri Fabio

Aiutaci a difendere la nostra bandiera! Manda un messaggio a Ciampi all’indirizzo e-mail: presidenza.repubblica@quirinale.it



* "E’ passata l’assemblea nazionale, è passata la direzione nazionale, si sono confrontati ma non scontrati, per carità Dio non voglia, tengono tutti famiglia, tengono tutti l’ansia della acquisizione dei collegi elettorali da riottenere a primavera prossima, nel 2006. E quindi AN resta quel qualcosa che non si sa cos’è e da dove venga e, tutti felici, dicono adesso intanto…andiamo al mare, a settembre se ne parla. Non è un postulato politico questo, non è un postulato ideale questo, è niente, come a niente hanno ridotto AN"
(Historicus, Chi sono e cosa vogliono, in Oggi Nuovo Molise, 7 agosto).



* "Cosa pensa delle posizione assunta dall’ Udc sui problemi della Cdl? Mi sembra che l’Udc stia scotendo l’albero senza raccogliere i frutti. Anzi i frutti li raccolgono quelli del centrosinistra.Mi costringo a pensare alla loro buona fede, anche perché negli ultimi dieci anni siamo sempre stati insieme, nella buona e nella cattiva sorte. Ma ora anch’io comincio ad avere qualche dubbio. Continuando a tirare troppo la corda rischiano di strappare la fune".
(Adolfo Urso, viceministro di AN, in un’intervista rilasciata a Il Giornale il 26 agosto).



* "La sinistra può dividersi in tanti litigi, ma si ricompatta sempre per le cose importanti perché, nella sua configurazione post 1995, serve gli interessi di gruppi economici e di potere corporativo che, alla fine, la richiamano all’ordine. Il centrodestra, invece, non è strumento di poteri forti e di interessi organizzati. Berlusconi è un potere economico in se stesso e non è mai stato cooptato dagli altri che formano l’establishment italiano. Queste due caratteristiche combinate gli hanno permesso di generare e guidare una coalizione non condizionata, anche per la natura antiestablishment di Lega e di AN, dalle oligarchie nostrane"
(Carlo Pelanda,Giochi di potere al centro, IL Giornale, 26 agosto).



* "Il peggior difetto del governo Berlusconi, a mio avviso, non sono le promesse mancate. Il suo maggior vizio, insieme allo straordinario numero di leggi ad personam, è l’incapacità di affrontare rapidamente i problemi del Paese, a mano amano che essi insorgono. Penso ai casi Cirio e Parmalat. Penso alle scalate bancarie e al ruolo della Banca d’Italia. Penso alla cronica irresolutezza di cui ha dato prova in materia di concorrenza e di politica fiscale"
(Sergio Romano in Lettere al Corriere, Corriere della sera, 29 agosto).



Sul "partito unico" molto interessante è il numero 4 di Ideazione di luglio-agosto. Tra gli altri citiamo questi due passaggi:

*"E’ lampante che la fusione dei partiti esistenti in un unico soggetto è ora impossibile, ma è altrettanto chiaro che un luogo di cooperazione rafforzata della Casa della Libertà deve essere costruito"
(Mario Sechi, Partito unico, avanti adagio).

" in conclusione, gli elementi di convergenza, sul terreno economico, per il modello in esame ci sono, fra le attuali forze politiche della Casa della Libertà. Uno schieramento, che va da Alleanza nazionale alla Lega Nord, dai liberali cattolici e laici, ai socialisti, repubblicani, radicali, liberali di sinistra, ai cattolici sociali "di centro". La condivisione esplicita di questo modello economico può dare al partito unico un importante fattore di coesione, perché in esso convergono la componente laica e quella cattolica o, in generale, cristiana. Il modello di economia sociale di mercato, in quanto fa riferimento ai valori individuali e comunitari della persona umana ( di qui la sua qualifica di sociale) comporta una sintesi - non necessariamente univoca - fra i valori della libertà e del mercato e quelli (pur sempre individualistici) della persona umana e della comunità. Più in generale una sintesi armoniosa fra i fini economici e i fini nobili dell’uomo e della società "
(Francesco Forte,La sintesi nell’economia sociale di mercato).


 

Letture - Numero 30

 

* E’ desolante che in questi ultimi dieci anni non sia stato avviato un serio, vero dibattito tra le due sponde del pensiero. Non s’è fatta cioè vera cultura nazionale.Laddove non sono partiti gli insulti, abbiamo assistito ai soliti, stucchevoli dibattiti su cosa sia di destra e cosa sia di sinistra, su chi togliere e su chi inserire nel Pantheon.Sono dieci anni che non facciamo altro che scambiarci o rivendicarci scrittori, più o meno come da piccoli giocavamo alle figurine. E siamo arrivati al punto di chiederci per chi votano Pippo, Pluto e Paperino.
E’ anche vero che questo non è forse più il tempo degli Sciascia e dei Niccolai. Non più il tempo delle splendide individualità e dei profeti solitari. E’ il tempo degli "operai" e degli organizzatori culturali.Almeno a destra. Diventiamo tutti un po’ più umili e impariamo a fare squadra. E chi vivrà vedrà.

(Aldo Di Lello in Secolo d’Italia del 26 maggio 2005).



* Costruirsi l’immagine di leader moderno e antioscurantista. Ma soprattutto differenziarsi da quel Pier Ferdinando Casini col quale i rapporti sono ormai al minimo storico: troppo ben introdotto Oltretevere per poterlo insidiare su quel fronte; troppo gettonato come futuro capo del centro-destra ogniqualvolta si parla del dopo-Berlusconi. Apparentemente, i motivi per cui Gianfranco Fini ieri è tornato a ribadire la sua posizione sui referendum di domenica e lunedì prossimi sono tutti qui.

(Mario Prignano, I tre motivi per cui Fini dice sì al referendum, in Libero, 9 giugno 2005)



* Sì, tutti contro Fini. Ma è con Fini e grazie alla sua leadership che siamo diventati una destra moderna e democratica. Una storia che non si può prendere a spicchi. Ce l’abbiamo fatta, oggi il nostro leader è rispettato e va in giro per il mondo come rappresentante della diplomazia italiana. Penso che bisognerebbe ripartire da qui.

(Ignazio La Russa in un’intervista rilasciata a Roberto Scafuri, Il Giornale, 11 giugno 2005).



* Il disagio parte da lontano, non è il referendum ad averlo attizzato. Anzi, tengo a dirle che Fini ha preso una posizione di coscienza che in sé e per sé è rispettabilissima. Solo che lui è leader di un partito e, metodologicamente, ha commesso un errore molto grave.Guardi i dati: al voto è andato il 25% degli elettori…come non mettere in evidenza l’incapacità di previsione quando si è sostenuto che era un errore il non voto? Avrei capito si fosse realizzato un testa a testa sul quorum, avrei capito la scelta personale - anch’io su alcuni temi ho fatto battaglie di coscienza- ma scoprire che la destra non ti ha seguito sulla strada indicata dovrebbe far riflettere. O no?

(Domenico Fisichella in un’intervista rilasciata ad Alessandro Caprettini, in Il Giornale, 14 giugno 2005).



Dicono che lei sogni una AN "ratzingeriana", è così? E’ una stupidaggine pazzesca. Fra i giovani che hanno fatto campagna per il referendum si respira l’aria di un’68 al contrario. Ha vinto l’atteggiamento attivo, non certo l’impegno di un gruppo di bigotti clericali…

Ma Fini pensa a una destra gollista e laica? Ebbene? Anche io. Però il modello che ho in mente è Sarkozy, o il partito repubblicano americano che vince quando ritorna ai valori della tradizione religiosa.

La fecondazione è stata il terzo strappo di Fini, dopo il voto agli immigrati e Salò. C’è una differenza sostanziale. A parte il metodo che non ho condiviso, quelle scelte andavano comunque in direzione di un’apertura. In questo caso, invece, i tre sì ci hanno chiuso le porte di un dialogo con il mondo cattolico che ora deve essere riaperto.

(Non voglio sfidare Fini, sfido tutto il mio partito, intervista di Luca Telese a Gianni Alemanno, in Il Giornale del 15 giugno 2005).

 

Il volume di Claudia Cernigoi, giunto alla seconda edizione riveduta ed ampliata, a seguito di quella del 1997, è stato presentato anche a Udine, il 22 febbraio, dopo le analoghe iniziative svoltesi nei giorni precedenti a Trieste e Perugia. Oltre all’Autrice, sono intervenuti l’Editore Kappa Vu, in persona di Alessandra Kersevan; il Consigliere regionale del PRC Christian Franzil; il Presidente Onorario dell’ANPI Luigi Raimondi; il Prof. Josep Pirjevec dell’Università di Trieste, ed il ricercatore storico Sandi Volk, che ha curato la prefazione.

Il taglio degli interventi è stato piuttosto omogeneo, insistendo sulla tesi secondo cui le foibe sono uno strumento di azione politica in funzione anticomunista, con lo scopo di minimizzare le responsabilità del fascismo e di ricondurre il movimento partigiano alla condizione di "banditismo"di cui ai proclami della RSI (Franzil); riproponendo un’interpretazione della storia per la quale i martiri delle foibe sono vittime del fascismo, nell’ambito di una concezione "proletaria" ben diversa da quella "borghese" (Raimondi); sostenendo che l’attuale propaganda della destra si fonda su motivi uguali a quelli utilizzati nell’ottobre 1943, dopo la riconquista dell’Istria da parte della Wehrmacht, col duplice scopo di implementare l’ostilità verso Croazia e Slovenia a supporto dell’espansionismo italiano, e di demonizzare tutta la sinistra (Pirjevec); sottolineando che la storiografia ha avallato la propaganda, con un’operazione che è diventata d’interesse nazionale con l’istituzione del "Giorno del Ricordo", ancorché di nessun onere per la finanza pubblica, e con il disegno di legge per la parificazione dei combattenti ex RSI ed il conseguente riconoscimento dei correlati diritti (Volk); ed infine,affermando che la "vulgata" ufficiale non è conforme ai documenti storici, cosa che rende necessaria, a più forte ragione, una sorta di "guerriglia" culturale contro i "cannoni" della televisione pubblica, ed il loro recente utilizzo in chiave governativa (Kersevan).

Il Prof. Pirjevec ha soggiunto, tra l’altro, che qualche violenza indubbiamente ci fu, ma che fu abbondantemente enfatizzata da parte italiana, e soprattutto, che il movimento partigiano era improntato ai principi fondamentali dell’internazionalismo, propugnava l’idea della fratellanza, ed era ben lungi, in definitiva, dall’avere assunto tattiche persecutorie, ed ha posto in luce la gravità di una strategia mirante ad invalidare questi caratteri essenziali della lotta partigiana. Del pari, Volk si è soffermato sulle falsità (a suo giudizio totali) della propaganda di destra, anche a proposito di aspetti collaterali, ma psicologicamente condizionanti, come il presunto getto di un cane nero nelle voragini carsiche, unitamente agli infoibati.

L’intervento conclusivo dell’Autrice, Claudia Cernigoi, ha spiegato le matrici dell’opera, riassumibili nella necessità di ricostituire una "contabilità" attendibile delle vittime, sia per i fatti istriani del 1943, sia per l’occupazione di Trieste, e degli altri centri giuliani, nella primavera del 1945; e nell’opportunità di approfondire le ragioni specifiche per cui vi furono manifestazioni di "giustizia proletaria" a carico di persone che si erano rese responsabili di delitti a sfondo politico. In particolare, l’Autrice si è soffermata sulla storia della miniera di Basovizza, in cui la propaganda di destra colloca un numero incalcolabile di vittime, mentre i documenti ufficiali, e le stesse testimonianze, a suo dire, non attesterebbero alcunchè, fatta eccezione per una spia dei nazisti che sarebbe stata fucilata dopo un processo sommario, e quindi, gettata nella miniera.

In guerra, ha soggiunto la Cernigoi, vige la legge cruda della violenza, nei cui confronti la sola alternativa, come si legge nella conclusione del volume, è quella della pace. Motivo di più, a detta dell’Autrice, per esprimere rammarico e sconcerto, a fronte di un atteggiamento della sinistra di sostanziale adesione alle tesi della propaganda ex-fascista, riassunta dalle recenti affermazioni de "L’Unità" circa l’odio slavo nei confronti degli italiani.

Diverse affermazioni contenute nelle relazioni del 22 febbraio non possono essere condivise, pur dovendosi dare atto alla Cernigoi di avere evidenziato la necessità di una storiografia basata sulla raccolta e sull’interpretazione di documenti probanti, e non già su illazioni, nè tanto meno, sulla distorsione dei fatti. In questa sede, è improponibile formulare contestazioni analitiche ad un’opera estremamente dettagliata come "Operazione foibe tra storia e mito": tuttavia, a parte il fatto che la stessa Cernigoi indulge abbastanza spesso a supposizioni, e ad affermazioni per sentito dire, non confortate da indiscutibili elementi oggettivi, nessuno potrà negare, perchè confermato dagli stessi interessati, che furono i delfini di Tito, Edvard Kardelj e Milovan Gilas, ad ammettere il disegno di pulizia etnica impostato dal Maresciallo a danno degli italiani, nel quadro di un comunismo nazionale non certo conforme alla descrizione di Pirjevec, come avrebbe dimostrato già dal 1948, del resto, la rottura con Mosca.

L’utopia comunista, alla luce dell’esperienza di tanti Paesi, è costata milioni di vittime innocenti, ed il fatto che la sinistra italiana lo ammetta in modo sempre più sistematico, torna a suo onore. Non si vede perché analoghe ammissioni non debbano valere anche per le foibe, a prescindere dalle eleganti disquisizioni di Claudia Cernigoi, che talvolta sembrano scaturire dalla penna di un legale, anzichè da quella di una ricercatrice storica: ad esempio, sulle condizioni in cui furono recuperati i cadaveri di Norma Cossetto o di Giuseppe Cernecca, due Nomi emblematici della tragedia giuliano-dalmata. Le vittime restano tali, senza vita e senza colpa: al pari, per dirne una, di quelle dei garibaldini e dei piemontesi, durante la conquista del Sud, anche se l’oleografia del Risorgimento le ha negate con singolare pervicacia. E’ auspicabile che analogo errore non venga permanentizzato, a proposito delle foibe, nell’oleografia della Resistenza.

Intanto, per dirla con l’antico saggio, "indocti discant, et ament meminisse periti".

Carlo Montani

Letture - Numero 28

SOMMARIO DELLA SEZIONE:

  • Silvio Berlusconi
  • Francesco Storace
  • Gianni Vattimo
  • Piero Fassino
  • Giorgio Bocca
  • Paolo Flores D’Arcais


    La storia ha dimostrato che i comunisti stanno sempre dalla parte dell’aggressore del tiranno del violento, contro l’Europa la democrazia e il proprio Paese. Oggi sento i postcomunisti che lo definiscono statista e lo rivalutano: Lui diceva sempre che la sorte peggiore che potesse capitargli sarebbe stata l’essere riabilitato dai suoi carnefici. Ad abbatterlo è stato un blocco tra parti politicizzate della magistratura, un ben noto gruppo editorial-finanziario e il Pci-Pds, che senza vergogna mise sotto accusa lui senza ricordare che riceveva finanziamenti da uno Stato, l’Unione sovietica, che teneva armi puntate contro il nostro Paese (Silvio Berlusconi al Convegno milanese su Craxi, in Il Giornale 30 gennaio 2005)


    Chiedo soltanto di ripetere ogni tanto a Berlusconi che lui è il nostro principale alleato, ma non il nostro principale. (Francesco Storace al Decennale di AN , in Il Giornale 30 gennaio 2005)


    Per essere di sinistra o sei un proletario sfruttato o hai qualche altra incazzatura: se non fossi stato gay non sarei mai stato di sinistra. (Gianni Vattimo, filosofo, in Il Giornale 4 febbraio 2005)


    Sappiamo di essere parte di una sinistra più larga, di cui noi siamo stati tanta parte, ma non la sola, in quella sinistra c’era un’altra grande famiglia, quella del socialismo riformista, da Turati a Nenni, a Saragat e Craxi, anch’esso parte della sinistra e del socialismo italiano. (Piero Fassino al Congresso della Quercia, in Il Giornale, 6 febbraio 2005)


    Fassino è davvero penoso: ha riabilitato il peggior nemico del PCI e messo in discussione Berlinguer, il miglior segretario che il partito abbia avuto. Se si crede che politica significa operare per il bene comune, allora vorrei sapere come questo si possa conciliare con i finanziamenti illeciti, con Tangentopoli, con i miliardi portati da "postini" in Sudamerica. Vorrei sapere se sono queste le persone che bisogna recuperare. (Giorgio Bocca, giornalista e storico, a proposito del discorso di Fassino e della "riabilitazione" di Craxi, in Il Corriere della sera, 9 febbraio 2005)


    Deplorevole: Più che deplorevole:miserabile. Mettere Craxi accanto a Gramsci e Berlinguer, ma anche a Turati e Nenni e persino a Saragat è una palese indecenza perché a tutti gli effetti Craxi è un condannato definitivo per più reati morto latitante. Accostare in qualsiasi modo il nome di un personaggio del genere al nome di Antonio Gramsci è disgustoso. (Paolo Flores D’Arcais, fondatore di Mircomega, in Il Corriere della sera, 7 febbraio 2005)

Religiosamente corretto - Numero 27

SOMMARIO DELLA SEZIONE:

  • RELIGIOSAMENTE CORRETTO
  • UNA NUOVA FORMA DI SOVVERSIONE
  • "LA LEGGE SALVA-PREVITI"
  • LO SCANDALO DELLA DIGNITA’ POLITICA


    RELIGIOSAMENTE CORRETTO

    "Ormai dobbiamo fare i conti anche con il "religiosamente corretto", parente prossimo del "politicamente corretto". Per non offendere la sensibilità dei visitatori arabi, ambiti ma suscettibili, l’Ente turistico di Lugano ha pubblicato un dèpliant debitamente corretto: vi figurano le immagini della città depurate da chiese e campanili, senza nessun cenno a dipinti e monumenti religiosi. Insomma, un pezzo di Ticino accogliente e anonimo, tutto alberghi, gioiellerie, banche e privo di riferimenti culturali e storici imbarazzanti: qual è un passato d’impronta cristiana. L’episodio, che ha animato l’ultima polemica locale dell’anno, non può essere liquidato alla stregua di una semplice gaffe. Rispecchia, invece, mentalità e comportamenti sempre più diffusi nella società civile e negli ambienti culturali di un Paese che riafferma, orgogliosamente, la propria laicità prendendo le distanze dal retaggio, considerato anacronistico, della tradizione cattolica " ( Luciana Caglio, Cattolici in disarmo, in Il Giornale, 29 dicembre 2004, pag. 49).


    UNA NUOVA FORMA DI SOVVERSIONE

    "Il denaro al potere ha creato una nuova forma di sovversione: la demolizione strisciante dello Stato di diritto, dello Stato sociale, dello Stato etico non per cospirazione rivoluzionaria, ma per sistematica, aperta attuazione di un programma di destra al servizio del denaro. Non diciamo che questa nuova destra berlusconiana è fascista, è qualcosa di peggio, il fascismo attaccava lo Stato liberale per ricostruirlo più forte e autoritario, il berlusconismo lo disgrega per avere mano libera nel saccheggio e nell’uso delle istituzioni" ( Giorgio Bocca, In nome del denaro buttiamo giù lo Stato", in L’Espresso, 6 gennaio 2005).


    "LA LEGGE SALVA-PREVITI"

    La Camera ha approvato a scrutinio segreto il 16 dicembre la proposta di legge "Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi e di termini di prescrizione del reato", la cosiddetta legge Cirielli, dal nome del deputato di AN ( che ha poi ritirato la sua firma, insieme ai colleghi di AN Arrighi e Bellotti) con 279 sì e 245 no. La proposta, chiamata anche "legge salva-Previti", passa ora al Senato. E’ stata in occasione della discussione che è accaduta la contestazione nei confronti di Clemente Mastella da parte del centro-sinistra. Ma questa è un’altra questione. Questa legge inasprisce notevolmente le pene per i recidivi ( ’’Ricordiamoci che il 75 per cento dei reati e’ commesso dai recidivi: questa legge e’ sacrosanta’’, ha dichiarato Berlusconi); contempla una notevole rigidità nei confronti delle attenuanti generiche nel caso di reati particolarmente gravi; introduce forti limitazioni per i permessi premio, la semilibertà. Insomma è un vero e proprio giro di vite, ma riduce anche i tempi della prescrizione dei reati, facendo prevalere le attenuanti sulle aggravanti. In quest’ultimo caso si è parlato, e si parla tuttora, di legge "salva Previti", per i vantaggi che ne potrebbe trarre il deputato di Forza Italia. Per l’importanza della legge e per evidenziare le differenti posizioni, riportiamo parte degli interventi alla Camera di due rappresentanti : uno dell’opposizione e l’altro della maggioranza.

    DARIO FRANCESCHINI
    La prescrizione - è stato ricordato, ma vogliamo ripeterlo - passa da quindici a otto anni per il furto e l’usura, da quindici a otto anni per la corruzione, da quindici a dodici anni per l’associazione a delinquere, da ventidue a vent’anni per l’associazione a delinquere armata. Quanti delinquenti usciranno dal carcere? Dove finisce la certezza della pena? E, soprattutto, valeva la pena fare tutto questo per uno di voi?

    Voi credete di avere il diritto di farlo, perché dal primo giorno di questa legislatura avete immaginato non di avere vinto le elezioni e, quindi, di essere chiamati ad un servizio, ossia governare il paese, bensì di essere diventati padroni delle istituzioni e, quindi, legittimati a fare qualsiasi cosa, utilizzando queste ultime per risolvere ogni problema. Purtroppo, state procurando al paese un danno più profondo di quanto voi stessi immaginiate. Le leggi sbagliate si possono modificare ed abrogare e noi lo faremo; ma il danno che state perpetrando è alla coscienza più profonda del paese. Chi fa politica ed è chiamato a coprire incarichi costituzionali ha, prima di tutto, un dovere: essere testimone nei propri comportamenti e nelle proprie scelte. Infatti, inevitabilmente, con i propri comportamenti e con le proprie scelte trasmette valori e modelli di vita, educa o diseduca. Voi avete trasmesso agli italiani l’idea che il futuro e il successo di ogni cittadino italiano sia legato alla scelta di essere più furbo, più potente, più spregiudicato e più cinico nell’utilizzare i mezzi a disposizione. Quindi, non sono state soltanto le leggi ad personam a spingere verso questa diseducazione morale, bensì i condoni, l’idea che chi aggira la legge è più furbo di chi la rispetta, l’evasione morale delle tasse, come ha indicato il Presidente del Consiglio, la ricchezza ostentata usata come arma nei confronti dei cittadini. Tutto ciò per trasmettere l’idea che chi crede ancora nella cultura della legalità appartenga al passato ed è destinato ad essere travolto da una società in cui i punti di riferimento e i valori diventano altri. Avete diseducato, avete rischiato di corrompere le coscienze.

    ITALO BOCCHINO
    Il gruppo di Alleanza Nazionale voterà a favore di questo provvedimento e lo farà senza imbarazzo, senza «se» e senza «ma». Votiamo a favore di questa legge perché la riteniamo giusta, come voi ben sapete e come dimostrerò da qui a breve. La vostra polemica su chi è beneficiato e chi non lo è da questo provvedimento distorce il ruolo fondamentale del legislatore, che deve chiedersi se una legge è giusta o se è sbagliata. Non deve chiedersi quale singolo cittadino ne beneficerà. Questo è l’errore che avete commesso, che commettete oggi, che avete commesso in passato e che vi sta allontanando dal vostro elettorato e dall’opinione pubblica italiana.

    Vogliamo la certezza della pena. A Napoli abbiamo instaurato un tavolo bipartisan - c’eravate anche voi - per inasprire le pene. Noi lo abbiamo inserito in questo provvedimento e voi voterete contro perché siete prevenuti politicamente, perché sbagliate nel vostro ruolo di legislatori. Con l’obbligo della recidiva - e sapete quante volte, nonostante si potesse aggiungere la recidiva, ciò non veniva fatto dal magistrato - eviteremo che chi delinque abitualmente entri ed esca dal carcere, generando sfiducia nei cittadini, che poi non procedono alla denuncia dei reati, se non per altri motivi di carattere burocratico. Il Parlamento deve rispondere soprattutto ai cittadini, che chiedono che questa gente non esca dal carcere dopo aver commesso un reato. Chi lo fa una volta, due volte, tre volte e sa che tanto esce dal carcere, non può proseguire. Non lo abbiamo previsto in questa legge. Sapete bene quali saranno gli effetti futuri di tale provvedimento. Il primo effetto è la velocizzazione dei processi, perché esiste una tempistica, nota fin dall’inizio, della durata del processo, che non può essere più suscettibile di mutamento a seconda dell’umore del giudice o di altri eventi che possono intervenire. Mentre si discute di ciò voi, anziché parlare di queste cose, pensate a Previti.


    LO SCANDALO DELLA DIGNITA’ POLITICA

    Il rinvio alle Camere, da parte del capo dello Stato, della legge sulla riforma giudiziaria conferma la preoccupazione generale dinanzi a tale legge o almeno ad alcuni suoi aspetti. Forse oggi sarebbe necessario un nuovo appello come quello che nel 1919, in un altro momento difficilissimo della storia italiana, Don Sturzo rivolgeva «agli uomini liberi e forti». Sarebbe opportuno rivolgerlo a tutti e in particolare, fra gli uomini liberi e forti, a quelli tra essi che militano nella destra o nel centrodestra, giacché persone oneste e coraggiose si trovano in ogni formazione politica rispettosa delle regole democratiche, a sinistra, al centro e a destra. Fra coloro che fanno parte dell’ attuale coalizione di governo o l’ appoggiano, vi sono certamente molti galantuomini di animo non servile. Essi non sono meno indignati, turbati e umiliati di quanto non lo siano gli avversari del governo dalla recentissima approvazione dell’ indecente legge che abbrevia i termini di prescrizione. Qui non si tratta più di destra o di sinistra, di statalismo o di liberismo, di consenso o dissenso sulla guerra in Iraq, di separazione o no delle carriere dei magistrati e così via, legittimi temi della consueta lotta politica che vede legittimamente affrontarsi e scontrarsi forze e opinioni diverse. Qui si tratta di una degradazione civile che declassa a manfrina di interessi nemmeno di parte, ma personali la legge, che è «uguale per tutti» e fondamento dello Stato e di ogni comunità umana, come sottolineava il cardinale Ratzinger ricevendo la laurea honoris causa in diritto. È un pervertimento scandaloso, che svilisce lo Stato, la cosa pubblica, la Patria. Spetta agli uomini onesti d’ ogni parte ribellarsi a questa indegnità politica, egualmente pericolosa e lesiva per tutti, che disonora l’ Italia. Naturalmente qualcuno potrà dire che non è con la morale o col moralismo che si fa politica. È vero, ma non la si fa nemmeno con l’ immoralità. Non basta essere onesti per essere buoni politici, ma non basta nemmeno non esserlo. Nessuno auspica al timone del Paese una virtù fanatica e astratta, pericolosa e autoritaria come quella dell’ incorruttibile Robespierre. Ma neppure l’ opposto è auspicabile" ( Claudio Magris, Lo scandalo della dignità politica, Corriere della sera, 18 dicembre 2004).

SOMMARIO DELLA SEZIONE:

  • FERRETTO E MUSCARDINI: MISURE ANTI-DUMPING PER COMBATTERE LA DELOCALIZZAZIONE
  • IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI MILANO VUOLE PREMIARE IL LEONKAVALLO
  • NUOVE INTERPRETAZIONI SULL’ASSASSINIO DI GIOVANNI GENTILE
  • FIRMATA LA COSTITUZIONE EUROPEA
  • UN VESCOVO CHE LE SA CANTARE (NON SOLO LE MESSE)


    FERRETTO E MUSCARDINI: MISURE ANTI-DUMPING PER COMBATTERE LA DELOCALIZZAZIONE

    Il 1 ottobre il consigliere regionale di AN Silvia Ferretto ha consegnato alla Regione Lombardia una mozione, la 683, per chiedere a Regione, Stato ed Unione Europea di intervenire a sostegno delle imprese nazionali messe in ginocchio dalla concorrenza sleale Le imprese italiane - esordiscono Silvia Ferretto Clementi, consigliere regionale di AN e l’On. Cristiana Moscardini, parlamentare europeo di AN - subiscono da anni concorrenza sleale da parte dei paesi dell’est (fra i quali anche "nuovi membri UE") e del sud est asiatico, che utilizzano strategie di dumping fiscale (applicando sulle società aliquote d’imposta di 10 punti inferiori rispetto a quelle applicate nei "vecchi membri UE"), ambientale (normative e controlli ambientali pressoché inesistenti e sfruttamento incontrollato delle risorse naturali) e sociale (violazione dei diritti dei lavoratori e dei minori), grazie alle quali i costi del lavoro e della produzione sono bassissimi. La ricerca esasperata del profitto unita al crollo di competitività sul mercato delle nostre imprese - proseguono le esponenti di Alleanza Nazionale - aggravato anche da pesanti carenze infrastrutturali e burocrazia farraginosa hanno già indotto centinaia di imprese italiane a trasferirsi all’estero. Le conseguenze più evidenti di tali scelte sono la perdita di migliaia di posti di lavoro e la desertificazione industriale. La globalizzazione è un processo inevitabile che deve essere governato dalla Politica attraverso normative che ne limitino gli effetti negativi. Nella mozione presentata oggi - conclude Silvia Ferretto - proponiamo una serie di interventi a tutela dell’economia e del sistema produttivo nazionale ed in particolare di quelle imprese che scelgono coraggiosamente di restare in Italia:
    • Misure antidumping nei confronti di quei paesi che realizzano le loro produzioni violando diritti umani e diritto ambientale
    • Stop dei contributi pubblici a chi delocalizza la propria attività all’estero, chiudendo le strutture sul territorio nazionale
    • Seguire l’esempio del Min. delle Finanze francese, N. Sarkozy, nella lotta alla delocalizzazione: richiesta di armonizzazione a livello UE delle imposte sulle società e creazione di poli di competitività (distretti industriali creati ad hoc agevolazioni per le aziende che vi si trasferiscano)
    • Un maggior sostegno a piccole e medie imprese per incentivarne la permanenza in Italia
    • Tutela dalle contraffazioni e promozione del made in Italy
    • Stop dei contributi UE ai paesi che praticano dumping fiscale, sociale e ambientale
    • Convocazione urgente degli Stati Generali dell’Economia per la Lombardia


    IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI MILANO VUOLE PREMIARE IL LEONKAVALLO

    Il neo eletto Presidente alla Provincia di Milano, Filippo Penati, ha annunciato di voler attribuire il Premio Isimbardi, la più alta onorificenza provinciale, al Leoncavallo a dicembre, "Per aver costituito una presenza costante nella vita sociale e culturale milanese". "Penati nega che la sua sia una provocazione : "In questi 30 anni di vita il più famoso centro sociale milanese è andato oltre le sue aspettative alla nascita, diventando un punto di riferimento per la nostra città". Ma il Presidente al "leonka" c’è mai andato? "Solo una volta, durante la campagna elettorale - ammette e aggiunge - Non condivido tutte le sue articolazioni politiche ma ne riconosco il valore sociale. Perciò mi sembrava opportuno che tra i premiati ci fosse un’anima importante della vita milanese". Di più. Secondo il diessino, il centro di Watteu rappresenta un emblema della "Milano reale, quella delle periferie trascurate". Sulla rappresentatività del "leonka" ha qualcosa da ridire Paola Frassinetti, consigliera di AN a Palazzo Isimbardi:" Sono indignata per questa scelta che discreta il significato del premio. Io e il mio gruppo stiamo organizzando una protesta formale". ( Manuela D’Alessandro, Nell’era Penati, premio Isimbardi al Leonka, Libero, 31 ottobre 2004)


    NUOVE INTERPRETAZIONI SULL’ASSASSINIO DI GIOVANNI GENTILE

    Nel libro, appena uscito in questi giorni, Assassinio di un filosofo, Francesco Perfetti ricostruisce la fine del grande filosofo. " Non si uccide un filosofo per caso, né per semplice rappresaglia: Francesco Perfetti, direttore della rivista Nuova Storia Contemporanea, è convinto che dietro l’eliminazione di Giovanni Gentile ci fosse un lucido disegno politico. Anche a prescindere da chi operativamente prese la decisione, sostiene, l’attentato rientrava appieno nella linea perseguita dal Pci sotto la guida di Palmiro Togliatti, che si può quindi considerare il "mandante morale" dell’azione". ( Antonio Carioti, "Fu Palmiro Togliatti il mandante morale del delitto", Corriere della sera, 29 ottobre 2004)


    FIRMATA LA COSTITUZIONE EUROPEA

    "Insomma, per dirlo con una sola parola: perdiamo la patria, e, visto che le patrie si formano lungo il percorso di una storia comune, di una lingua, di un’arte, di una religione, di un paesaggio comune, saremo, tutti e venticinque, popoli senza patria, in preda alla depressione, alla sfiducia, al sospetto, alla prevaricazione di uno nei confronti dell’altro, e, di conseguenza, debolissimi. L’Europa forte e potente che i governanti sognano, non esiste e non può esistere perché è costruita sulle macerie dei sentimenti, dei valori dei popoli". (Ida Magli, Una festa senza popolo, il Giornale, 30 ottobre 2004)


    UN VESCOVO CHE LE SA CANTARE (NON SOLO LE MESSE)

    "A ben vedere, dopo un entusiasmo perfin poco contenuto, guadagnato soprattutto dietro la figura del papa, sta affacciandosi un atteggiamento di cultura del disprezzo nei confronti del cattolicesimo. (Si parla, ovviamente, dell’Italia). Le strutture della Chiesa sembrano diventare dei doppi rispetto alle istituzioni profane. Non si è lontani dal trattare organizzazioni cattoliche come gruppi di animalisti, di antifumo e di formule gastronomiche dimagranti". (Mons. Alessandro Maggiolini, Cresce una nuova moda: disprezzare i cattolici in nome del falso dialogo, Il giorno, 24 ottobre 2004)

 

di Silvia Ferretto

Il 1 luglio Silvia Ferretto, la nostra indomita consigliere regionale di AN, si è laureata in Scienze Politiche all’Università Statale di Milano con la tesi di laurea "Foibe, la storia sepolta di una tragedia italiana". Una laurea che ha dovuto attendere per giungere a compimento, rispettando gli impegni che la Ferretto egregiamente assolve in politica e in famiglia, come madre e come moglie. Ci è sembrato interessante riportare l’introduzione e le conclusioni di questo lavoro, che speriamo presto vedere pubblicato. E’ anche il caso di sottolineare che proprio in questi giorni, il 26 luglio scorso, è stata approvata dalla Regione Lombardia la proposta di Silvia Ferretto per lo stanziamento di contributi per il Giorno del Ricordo, per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe e dell’esodo forzato di migliaia di Istriani, Fiumani e Dalmati dalle loro terre. Si tratta dello stanziamento di fondi per la realizzazione di iniziative relative alla commemorazione del giorno del ricordo, di studi, convegni, incontri e dibattiti organizzati da istituzioni ed enti finalizzati alla conservazione della memoria di quelle vicende e per la promozione di iniziative volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario ed artistico degli italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia.

INTRODUZIONE

Per comprendere la tragedia che ha colpito le popolazioni giuliano dalmate dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e ben oltre la conclusione delle ostilità, è indispensabile far riferimento alle cose che ognuno di noi reputa importanti, in base ad una personale scala di valori. La famiglia, gli amici, la casa, i beni, i ricordi, le tradizioni, le proprie radici culturali legate a suoni, sapori, odori della terra in cui si è cresciuti e al legame inscindibile con i propri morti.

I 350.000 italiani costretti a fuggire dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia hanno dovuto lasciare tutto questo. Molti di loro hanno perso familiari, amici e conoscenti. Le loro case e proprietà sono state confiscate e mai indennizzate.

Con l’accusa di essere criminali italiani nemici del popolo, migliaia di loro sono stati massacrati senza pietà, vittime di una furia omicida alimentata da un nazionalismo esasperato. Costretti a optare tra rimanere italiani e andarsene, oppure divenire jugoslavi pur di rimanere sulla propria terra, la maggior parte di loro intraprese la via dell’esilio come una scelta di libertà e venne accolta in Patria con l’ostilità e il fastidio che si prova per gli indesiderati. La propaganda comunista, l’indifferenza e la disinformazione li fecero apparire all’opinione pubblica come "criminali". Insultati e tacciati di essere reazionari e fascisti, secondo l’equazione manichea che bollava senza distinzione: "esule uguale fascista", furono lasciati soli. Prima della guerra la popolazione del confine orientale era stata fascista né più né meno del resto degli italiani.

Sostenere che in una terra di frontiera estremamente disomogenea e pervasa, per secoli, da passioni contrastanti tra etnie diverse, gli istriani fossero tutti vocati al fascismo è evidentemente illogico e rappresenta semplicemente una delle tante menzogne raccontate su un popolo che, nonostante le profonde ingiustizie e atrocità subite, non ha mai, in alcun momento, fatto ricorso all’uso della violenza e al terrorismo. Un esempio dal quale, anche quei popoli che rivendicano oggi il diritto di avere una propria terra, dovrebbero trarre insegnamento.

La memoria dei martiri delle foibe è stata sepolta ed infangata per lunghi anni. Dopo una spietata "pulizia etnica", gli esuli hanno dovuto subire infatti anche una sistematica pulizia storiografica e la loro tragedia è stata dimenticata.

Albert Camus nel suo libro, La peste, scrisse: "La profonda sofferenza di tutti i prigionieri e di tutti gli esuli è vivere con una memoria che non serve a nulla."

Pochi italiani hanno riconosciuto che, con il loro sacrificio ed i loro beni, gli esuli hanno pagato una consistente parte del "debito di guerra" per la sconfitta dell’Italia. La loro tragedia, sepolta per oltre cinquant’anni, con colpevoli lacune e disarmanti silenzi, è stata frutto di una epurazione tanto vergognosa quanto "necessaria" per non dover riconoscere ed ammettere anche gli innumerevoli errori compiuti in nome della Resistenza; ma, soprattutto, per non dover ammettere e riconoscere che se tutti i democratici furono antifascisti, non tutti gli antifascisti furono democratici.

Sono molte le pagine scritte che devono essere riviste, tenendo, sempre ben presente che l’opera di revisione, necessaria e doverosa, deve però riguardare i fatti, le interpretazioni, gli errori compiuti, l’acquiescenza e le omissioni. Il revisionismo non può e non deve certo riguardare i principi e i valori che portarono alla nascita della democrazia nella Repubblica italiana. Ricordare gli italiani uccisi nelle foibe dai comunisti di Tito e far conoscere a tutti, anche ai più giovani, quali e quanti massacri sono stati compiuti all’ombra della falce e martello, non giustifica nè potrà mai modificare il giudizio di condanna, morale, politico e storico delle persecuzioni razziali, ma è un atto di giustizia dovuto, perché la mancanza di verità storica costituisce un oltraggio alla memoria delle vittime ed insieme alla nostra coscienza. Le responsabilità sono sempre personali o dei governi, non dei popoli. Confondere le responsabilità e attribuirle genericamente e indifferentemente ad un’intera popolazione o, peggio, ad un gruppo etnico, significa alimentare la spirale d’odio ed il conflitto rendendolo difficilmente sanabile. Le motivazioni che hanno portato all’ "Olocausto" e alla "pulizia etnica" sono profondamente diverse così come lo sono le loro dimensioni. I nazisti eliminarono gli ebrei e gli zingari, gli omosessuali e i portatori di handicap per ragioni "razziali", una sorta di "pulizia biologica"; i titini eliminavano gli italiani per balcanizzare il territorio e "bonificare" l’Istria, Fiume e la Dalmazia dalla presenza millenaria del ceppo latino-veneto.

La "pulizia etnica" posta in atto contro gli italiani è sempre stata considerata una tragedia minore, un fenomeno reattivo, una conseguenza dei torti subiti durante il fascismo, che costituirono sicuramente un ottimo pretesto, servito su un piatto d’argento, al nazionalismo di Tito, ma non certo la causa primaria. Quei tragici avvenimenti furono il frutto di un disegno politico scientemente preparato e cinicamente eseguito.

Nella memoria collettiva e nella storiografia ufficiale l’Olocausto è giustamente presente, e non potrebbe essere altrimenti. Trova spazio in tutti i libri di testo, nella cinematografia mondiale sia filmica che documentaristica e viene ricordato costantemente dai mezzi di informazione. Ogni studente italiano conosce bene quegli orrori.

La tragedia istriana, giuliano dalmata, al contrario è stata per decenni omessa da tutti i testi scolastici ed è stato solo dopo il dibattito sulla faziosità dei libri di testo, che in alcune edizioni viene riportata, anche se spesso, purtroppo, ancora in forma superficiale e didascalica.

La condanna politica e morale di tutti gli stati nei confronti dell’antisemitismo è unanime, e, in forma autocritica, anche molti esponenti dei governi tedeschi sono sempre stati in prima linea nell’esecrare quegli accadimenti.

Al contrario, in merito al genocidio titino, non c’è mai stata alcuna presa di posizione ufficiale di condanna da parte dei governi balcanici: la Jugoslavia prima, la Croazia e la Slovenia poi, oltre a non aver mai espresso le loro "scuse ufficiali" ai familiari delle vittime, non hanno collaborato ad aprire, agli storici di tutto il mondo, i loro archivi di stato.

Anche sul piano giudiziario, le procedure ed i risultati sono da sempre stati diversi: sebbene alcuni siano riusciti ad eludere la giustizia internazionale, molti gerarchi nazisti sono stati processati a Norimberga. Nessun criminale titino ha invece scontato un solo giorno di carcere, a cominciare proprio dal loro leader, inspiegabilmente a lungo stimato e "riverito" da molti capi di stato. Ai criminali di guerra slavi l’Italia ha addirittura concesso e sta ancora versando la pensione INPS, che non ha mai invece riconosciuto ad alcuno degli internati nei lager titini.

CONCLUSIONI

Il 1 maggio 2004 la Slovenia è entrata a far parte dell‘Unione Europea e a Gorizia è stato abbattuto l’ultimo muro di quella "cortina di ferro" che, per oltre mezzo secolo, ha diviso l’Europa, secondo la logica di Yalta. Il confine che per tanti ha diviso italiani e slavi, che ha a lungo rappresentato una linea di separazione ed esclusione ed è stato fonte di reciproca e profonda inimicizia, spesso sfociata in mutue accuse di nazionalismo o xenofobia, potrebbe, oggi, trovare una sua giusta e nuova connotazione in una dimensione più europea. Essere parte dell’Unione Europea significa infatti far parte di una comunità più ampia, sovranazionale, all’interno della quale ogni stato membro, pur conservando la propria cultura, le proprie tradizioni, il proprio sentimento nazionale patriottico, rispetta gli altri Stati e, a differenza di quanto avveniva in passato, si pone come obiettivo la condivisione, non solo della moneta, ma anche e soprattutto dei valori e dei principi. Gli accordi economici non bastano a unire le Nazioni, occorrono sogni, idee, progetti comuni e soprattutto valori condivisi. È questa la condizione sine qua non affinché dagli orrori e dagli errori di esasperati nazionalismi si possa trarre un insegnamento, facendo sì che fra le genti possa, finalmente, prevalere il reciproco rispetto. Un’Europa unita non può essere costruita su odio e rancori mai sopiti. È evidente, infatti, che per ricucire uno strappo tra due popoli divisi da secoli, non bastino semplici dichiarazioni di buona volontà. È indispensabile il rispetto delle minoranze e dei diritti civili e che si arrivi quanto prima ad una memoria condivisa. Se da un lato pretendere di rimettere in discussione i confini orientali è evidentemente improponibile, dall’altro deve essere chiaro che alcune delicate questioni in sospeso da ormai più di cinquant’anni devono essere seriamente affrontate e risolte. Prime fra tutte: la restituzione dei beni confiscati ai cittadini italiani al momento dell’esodo, una maggiore tutela delle nostre minoranze rimaste nell’ex Jugoslavia e l’abolizione delle molte restrizioni ancora in vigore, sia in Slovenia che in Croazia, nei confronti dei cittadini italiani e delle nostre iniziative economiche e culturali, ma, soprattutto, il sacrosanto diritto delle famiglie dei "desaparecidos" italiani di conoscere la sorte ed il luogo in cui giacciono le spoglie dei loro cari.

Letture - Numero 24

 

  • Nel sito www.dilloadalice.it del 12 maggio appare un’intervista a padre Giulio Tam. Padre Tam è un sacerdote tradizionalista, seguace di monsignor Marcel Lefvebre, che officia messe in occasioni di ricorrenze legate a vicende della seconda guerra mondiale e della RSI e che in occasione delle elezioni europee ha fatto la grande scelta : si candida nelle lista Alternativa Sociale di Alessandra Mussolini nella circoscrizione Nord-Ovest. La sua candidatura vuol essere la risposta forte a quello che si profila lo scontro tra due mondi e due civiltà.
  • Domenica 16 maggio il pontefice Giovanni Paolo II ha proclamato santa la beata Gianna Beretta Molla, della diocesi di sant’Ambrogio. Una madre, una professionista ( era medico pediatra) che sacrificò la propria vita per permettere la nascita della sua quarta figlia. Una donna che è diventata simbolo della lotta contro l’aborto. Da leggere Ennio Apeciti, Gianna Beretta Molla - Amare la vita, Centro Ambrosiano, supplemento al n. 19 del 9 maggio 2004 di Luce.
  • "Purtroppo negli ultimi due mesi la segreteria ci ha chiesto di disfare quanto avevamo costruito per "correre da soli" favorendo l’ennesima vittoria delle sinistre. In questa situazione, per motivi di coerenza e di attaccamento alla città, e applicando il principio della Lega di essere padroni a casa nostra, abbiamo scelto di appoggiare Mario Rossi e la lista civica Orizzonte, rispettando la parola data 18 mesi fa" ( Dalla dichiarazione dei leghisti dissidenti con la firma "La sezione di Castellanza della Lega Nord" in La Prealpina, 16 maggio 2004, pag. 19).
  • A proposito di allargamento dell’UE : " La media totale dei disoccupati nei Dieci raggiunge il 15 per cento, quasi il doppio di quella dei Quindici. A livello regionale, sei delle sette regioni al top della classifica dei senza lavoro sono polacche"( Panorama, 6 maggio 2004).

Chi è Barbarossa?

L'ombra di Federico I di Hohenstaufen, il Barbarossa, appunto, si aggira tra le nostre contrade , da quando a Legnano venne sconfitto dalle truppe dei Comuni alleatisi nella Lega lombarda. L'imperatore aveva cercato di difendere le sue terre da quei Comuni che volevano la libertà, aveva cercato di tenere saldo l'Impero, ma non poteva andare contro la storia. Aveva accarezzato il lungo sogno di restaurare il... Continua >>

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