Letture
EDITORIA A DESTRA, QUALCOSA SI MUOVE
Indipendente e Imperi, informazione e geopolitica. Due iniziative interessanti
Se ben poche soddisfazioni regala la politica governativa, se un senso di sconforto e pessimismo avvolge i cuori di molti, ci sono delle novità per chi legge "a destra". E ciò non può che essere salutato con piacere. Dobbiamo registrare innanzitutto il ritorno nelle edicole di una testata che ha vissuto in passato vicende travagliate e per lo più infelici, con punte di tragicomicità quando la direzione è stata affidata ad un noto ex cabarettista romano. Parliamo de L’Indipendente che troveremo dal giornalaio il primo aprile con una veste completamente rinnovata: quattro pagine, una redazione snella, stile Foglio, per intenderci. Il nuovo giornale si ispira alla creazione di Giuliano Ferrara e il direttore, Giordano Bruno Guerri, lo dichiara apertamente anche se tiene a distinguersi senza risparmiare qualche punzecchiatura: "Il suo è un giornale che si parla molto addosso, che funziona per strizzate d’occhio interne a un gruppo. Noi - promette - saremo un giornale di informazione tradizionale, con interviste, inchieste". Guerri, storico, editorialista, opinionista polemico e acuto è un personaggio certamente di qualità e "peso" intellettuale, per utilizzare un’espressione abusata, fuori dagli schemi. E quando un intellettuale esula dalla cultura dominante viene definito, dai detrattori come dagli estimatori, "di destra". E’ successo anche a lui, che peraltro non ha mai smentito, sebbene le sue origini siano da individuarsi a sinistra. "Ho fatto un ’68 romantico - dichiara Guerri - quello dei provos e dei beatnik, tenendomi sempre lontano dal ’68 maoista. Non a caso ho scelto di fare l’università alla Cattolica di Milano". Da tempo però il direttore del nuovo Indipendente si aggira per altre "contrade", ma lo fa da spirito libero e così sarà anche nella nuova avventura. "Faremo - assicura - un giornale per una destra che ha voglia di essere diversa da come la si descrive: quella polverosa, conservatrice, divisa tra leghisti e Alleanza nazionale, sempre rissosa e incapace di modernità. Invece ci sono cittadini, quindi anche lettori, che sono pronti ad un salto di qualità". Guerri ha annunciato un giornale tradizionale di "commenti e orientamento", con un supplemento domenicale dedicato a temi monografici di storia, che verrà venduto assieme a Il Giornale ad un euro e mezzo in più. L’iniziativa è sostenuta da una cooperativa che si avvale di un finanziamento pubblico da 5 miliardi delle vecchie lire e da un gruppo di imprenditori che ci ha messo altri tre miliardi. Il "punto di pareggio" è fissato a 3 mila copie: "se non lo raggiungo - scherza il direttore - prometto ufficialmente di impiccarmi al lampadario più alto della redazione". La squadra di Giordano Bruno Guerri è composta da soli otto redattori, tutti sotto i 30 anni, tranne uno. Il vicedirettore è Luciano Lanna, proveniente da Ideazione, autore insieme a Filippo Rossi dell’apprezzatissimo "Fascisti immaginari", eccezionale "Garzantina" della destra, di cui su questo sito non ci siamo ancora occupati, ma lo faremo presto. In bocca al lupo ai nuovi "indipendentisti". Un’altra iniziativa editoriale è invece già partita l’ultima settimana di febbraio. Si tratta di Imperi, rivista di geopolitica, diretta da Aldo di Lello, responsabile delle pagine culturali del Secolo d’Italia e autore di diversi saggi sulla globalizzazione. E proprio sulla realtà del mondo globalizzato è incentrata la raccolta di analisi che - pubblicata da Nuove Idee, diretta da Luciano Lucarini - si può trovare nelle edicole e nelle librerie. La veste di Imperi è un volume di quasi duecento pagine, con firme di prestigio nazionale e internazionale. Una sorta di Limes di destra, secondo la definizione dello stesso Di Lello, con una spiccata vocazione all’approfondimento metapolitico. Sul primo numero, dedicato alle scadenze europee del 2004, intervengono, tra gli altri Carlo Jean, Aleksandr Dugin, Charles Kupchan, Adolfo Urso, Alfredo Mantica, Gennaro Malgieri, Gerardo Picardo, Andrea Marcigliano, Federico Eichberg, Enrico Nistri, Mario Bernardi Guardi. "La rivista - spiega il direttore - nasce per arricchire il dibattito italiano con problemi nuovi, d’avanguardia. Le identità politiche vanno ridefinite a partire dalla geopolitica e dalla globalizzazione". Parallelamente alla rivista, uscirà una collana di cultura internazionale con testi inediti per l’Italia. Lo spettro è ampio: si va dai neoconservatori americani Irving Kristol e Micheal Ledeen all’ideologo del nuovo eurasismo russo, Aleksandr Dugin, al pensatore della Nuova Destra francese, Alain de Benoist, "tutti modi di essere di destra nel mondo", spiega Di Lello. Già, perché "di destra" può essere tutto e il contrario di tutto, lo abbiamo imparato a suon di contraddizioni. Interessante e stimolante è il confronto aperto tra le diverse idee, merce sempre più rara, divenuta quasi introvabile nel marasma della bassa politica delle correnti, delle botteghe e delle manipolazioni genetiche. E poi c’è ancora una battaglia da vincere: quella contro i luoghi comuni, le infami falsità e, talvolta, ahinoi, le amare verità, in tema di destra e cultura. Volere è potere, e anche sapere.
Fabio Pasini
COMUNICATO STAMPA
ESULI DELLA VENEZIA GIULIA, DELL’ ISTRIA E DELLA DALMAZIA ANCORA UNA VOLTA DIMENTICATI
Bruxelles, 26 febbraio 2004
La Presidente della delegazione di A.N. al Parlamento europeo, Cristiana Muscardini, ha comunicato al Presidente del Parlamento, Pat Cox che non avrebbe partecipato al pranzo uffciciale con il presidente della Repubblica di Croazia, Stipe Mesic, perchè nel corso del suo interevento in aula non aveva fatto alcun riferimento al problema degli esuli istriani, giuliani e dalmati che da oltre 50 anni attendono che sia fatta giustizia.
La Muscardini ha anche chiesto al Presidente Cox di tenere conto, nel corso dei colloqui con il Presidente Mesic, di questa ferita ancora aperta e di farsi promotore di iniziative atte alla soluzione del problema anche alla luce di alcuni recenti segnali di apertura del governo croato in occasione della della domanda di adesione della Croazia all’Unione europea.
COMUNICATO STAMPA
Milano, 4 marzo 2004
"Che l’8 marzo diventi la giornata europea per la lotta alle menomazioni sessuali femminili" ha detto Cristiana Muscardini, Presidente della delegazione di A.N. al Parlamento europeo che, nel presentare una proposta di risoluzione alla Commissione e, indirizzando una lettera al Presidente del Consiglio europeo, l’irlandese Bertie Ahern, ha rivolto un invito anche ai leader dei partiti italiani e alle organizzazioni femminili perché si attivino in maniera concreta a combattere l’abominevole pratica legata ad ogni forma di menomazione sessuale femminile sia sul territorio europeo, sia nei Paesi nei quali è in uso in modo ufficiale o ufficioso. "I governi degli Stati con i quali l’Europa ha rapporti economici o di partnerariato devono espressamente garantire di adoperarsi per debellare una violenza fisica e sessuale che ogni anno miete nel mondo 2 milioni di nuove vittime. L’8 marzo deve diventare un giorno nel quale le donne devono chiedere a tutta la società il rispetto dei diritti umani e della dignità della persona.
Cristiana Muscardini
Comunicato stampa
3 marzo 2004
TROPPE TASSE, L’ITALIA NON E’ UN PAESE LIBERO
MILANO - Secondo la classifica delle libertà economiche stilata dalla Heritage Foundation e dal Wall Street Journal, l’Italia è al 26° posto. Ma, guardando al peso della tassazione, ben 116 Paesi godono di maggiore libertà rispetto al nostro. E’ questo il succo del dibattito organizzato dall’Istituto Bruno Leoni giovedì 26 febbraio scorso a Roma, in collaborazione con la Heritage Foundation. Ana Eiras (Heritage Foundation) ha spiegato come si giunge all’assegnazione del punteggio nell’Indice delle libertà economiche. Marc Miles (curatore dell’Index) ha condotto un’analisi puntuale dei problemi italiani. Secondo il senatore Franco Debenedetti (DS), la ragione della severa valutazione nei confronti dell’Italia è "che non si fanno le riforme: lavoro, pensioni, professioni e così via". L’onorevole Giancarlo Pagliarini ha sottolineato come "per tagliare le tasse sia necessario ridurre il peso dello Stato". L’avvocato Tito Tettamanti, membro del Board dell’IBL, ha evidenziato che l’armonizzazione fiscale europea "rappresenta un processo pericoloso e potenzialmente avverso alla libertà economica". Il ministro della Difesa Antonio Martino ha concluso che "non è solo per ragioni di efficienza, ma anche per rispetto della libertà individuale e della giustizia che dobbiamo ridurre la pressione fiscale". "Il compito dell’IBL - ha affermato Alberto Mingardi, direttore del dipartimento "Globalizzazione e concorrenza" - è combattere la mitologia politica del nostro tempo che, citando Bruno Leoni, si fonda sulla rappresentanza del popolo e la pretesa carismativa dei leader politici di possedere la verità e agire di conseguenza". L’IBL ha curato la traduzione di un estratto dall’Index of Economic Freedom, pubblicato col titolo "La ricchezza e la libertà delle nazioni". Il volume è a disposizione della stampa e di chi sia interessato, e può essere richiesto all’indirizzo info@brunoleoni.it
* "All’Ospedale San Raffaele una madre mi pregò di convincere il figlio bloccato provvisoriamente su una sedia a rotelle a riprendere a camminare. Mi presentai dal ragazzo e gli dissi: "Giacomo, fatti forza. Alzati e cammina
". Lui, dopo alcuni giorni, si alzò".
(Dichiarazione di Silvio Berlusconi riportata da Gian Antonio Stella in Corriere della sera del 25 gennaio 2004).
*"Io tutto quel che avevo da dire a Berlusconi era che credevo nello Spirito Santo e perciò nelle sue ispirazioni : e la sua mi pareva tale. Da allora cominciai a considerare Berlusconi come un evento spirituale
".
(Dichiarazione di don Gianni Baget Bozzo letta da Berlusconi nel decennale della nascita di Forza Italia).
Dopo ciò, quanto dichiarato dal professor Umberto Scapagnini, medico di Berlusconi, su un Presidente del Consiglio "quasi immortale" in seguito all’assunzione di provitamine, antiossidanti, immunostimolanti, enzimi, amminoacidi ecc. ecc.
è soltanto un particolare trascurabile
Milano
Comunicati dell’On. Muscardini
L’On. Cristiana Muscardini, Presidente della Delegazione di Alleanza Nazionale al Parlamento europeo, il 9 febbraio ha rilasciato le seguenti dichiarazioni a proposito dello sciopero dei medici:
"E’ apprezzabile che, secondo quanto apparso dalla stampa, il Ministro Sirchia condivide le istanze dei medici. Attendiamo ora che da questa condivisione siano tratte le debite conseguenze affinché il nostro sistema sanitario garantisca al massimo la salute dei cittadini e la dignità degli operatori del settore".
E del blocco del traffico:
In attesa di dati scientifici validi che testimonino l’utilità o meno della chiusura del traffico privato nei giorni di festa, Cristiana Muscardini Presidente della delegazione di Alleanza Nazionale al Parlamento europeo, chiede al Ministro Matteoli che, rispettando l’autonomia delle Regioni, il Ministero si adoperi affinché il blocco del traffico sia applicato in orari che consentano ai cittadini l’esercizio dei propri diritti anche nei giorni di festa. "L’applicazione di orari differenti impedisce l’esercizio delle libertà di cui ciascuno di noi ha il diritto e rende ancora più difficile la possibilità di incontro tra parenti ed amici, nonché la legittima boccata di ossigeno o la pratica di uno sport a chi vive già tutta la settimana lavorando e scontrandosi con i problemi dei trasporti; ed è inoltre evidente anche la necessità di orari diversi per i mesi invernali ed i mesi estivi".
Foibe
Il Consigliere regionale di AN Silvia Ferretto in memoria dei martiri delle Foibe e contro un macabro
. gioco
presente in Internet.
Il Presidente del Consiglio Regionale Attilio Fontana accoglie la proposta Ferretto (AN), sottoscritta anche da altri consiglieri (di AN, Forza Italia, Lega Nord, Pensionati, CCD-UDC) e fa osservare, in occasione dell’apertura della seduta del 10 febbraio del Consiglio, un minuto di silenzio in memoria dei martiri delle foibe e degli esuli delle terre d’Istria e Dalmazia.
Ringrazio - esordisce Silvia Ferretto Clementi, consigliere regionale di AN - il Presidente Fontana, per la sensibilità e la disponibilità che ha fin da subito mostrato nei confronti di questa iniziativa volta a ricordare il dramma di un popolo, testimoniato non solo dalle 12.000 persone infoibate e dall’esilio dei 350.000 istriani, fiumani e dalmati, ma anche dalle migliaia di chiavi che giacciono sui fondali dei porti del Mar Adriatico dove questi stessi esuli, costretti a lasciare le proprie abitazioni e le proprie cose per sfuggire alle persecuzioni dei partigiani titini, le gettarono sapendo che non avrei mai più potuto utilizzarle. Le foibe e l’esodo - continua l’esponente regionale di AN - non furono, come qualcuno ancora oggi tenta di sostenere, una dura reazione popolare alle violenze dei nazisti e dei fascisti ma una vera e propria strategia politica che aveva come obiettivo la pulizia etnica - studiata, pianificata e portata avanti con tanto di manuale - di quelli che il ministro del criminale Tito, Cubrilovic, chiamava gli "etnodiversi": "La sola maniera ed il solo sistema per allontanarli è la forza brutale di un potere statale organizzato. Non rimane che una sola via, la loro deportazione in massa". Ricordare queste violenze, per troppi anni dimenticate dalla Stato ma anche dalla Storia - conclude Silvia Ferretto - è un passo importante per superare finalmente la cultura dell’odio ed arrivare ad una memoria condivisa.
Intanto il 13 febbraio, sempre Silvia Ferretto, dopo aver denunciato l’esistenza, su un sito internet sloveno, del gioco Fojba 2000 (www.mladina.si/projekti/igre/fojba2000 ) - di una versione macabra del gioco Tetris, nella quale, persone, in diverse posizioni, buttate a calci nella foiba vanno incastrate fra loro - aggiunge altre rivelazioni. Sul sito sloveno Mladina (www.mladina.si) - lo stesso del Gioco della Foiba - all’interno dell’articolo Foibe 2004, nel Forum relativo, c’è chi inneggia alla lotta armata e alle foibe . Si tratta di messaggi di una gravità estrema - conclude Silvia Ferretto - che farò pervenire al più presto alle Forze dell’Ordine e alla Magistratura, auspicando un loro intervento.
Le brigate autonome livornesi testualmente scrivono: 2004-02-13 13:41 by Bal Livorno Contro ogni revisionismo, w la resistenza! Morte al fascismo! W il Comunismo! triste Merda! chi si schiera col fasciamo merita di morire oggi come ieri, nessuna revisione, nessuna pietà. L’umanità si affaccia di nuovo verso le idee infami del razzismo e fascismo traspirato dalla società capitalista come forma di conflitto sociale da cui si ricava profitto dalla battaglia del povero sul povero, livorno alza la bandiera della forza del popolo che rivendica la sua giustizia armata. ORa e SEMPRE RESISTENZA! BRIGATE AUTONOME LIVORNESI 1999 Tito ce l’ha insegnato.. 2004-02-13 17:38 by Brigate Autonome Livornesi 11 ragazzi appartenenti alle Brigate Autonome Livornesi,furono denunciati e diffidati 3 anni,per aver esposto uno striscione con scritto: "TITO CE L’HA INSEGNATO,LA FOIBA NON E’ REATO". Grazie ai nostri avvocati,l’accusa cadde..sì,perche’come gia’sapevamo,per le foibe NON e’mai stato fatto nessun processo storico..al tempo Trieste (TRST), NON era Italia,ma zona libera di Trieste,quindi cari i miei muli,ne la vostra citta’ne la "vostra" amata Istria e’mai stata italiana,rassegnatevi!! TRST JE NAS - SMRT FAIZMU, SLOBODA NARODU ! NO AL REVISIONISMO STORICO! Complimenti all’autore del gioco,e’possibile scaricare il file sorgente? (Fla) B*A*L*99
"Sono dei predatori, sono sempre a caccia di poltrone. Hanno lo stesso appetito che avevano i socialisti quando entrarono al governo dopo quarant’anni di opposizione" (a proposito di AN: Domenico Contestabile, FI; fonte: La Repubblica, 3 ottobre 2003).
"Auspichiamo che la Lega non demorda nell’azione di contrasto all’eventuale approvazione della menzionata proposta di legge. Fini, ancora una volta, si mostra, assieme alla classe dirigente e ai rappresentanti istituzionali di AN, d’essere contro il popolo italiano, le sue tradizioni, la sua cultura, i suoi diritti, la sua qualità della vita" . "La Fiamma è disposta a cercare ogni convergenza funzionale con la Lega" ( Luca Romagnoli, segretario nazionale di Ms-Fiamma ; fonte: Il Giornale, 11 ottobre 2003).
"E’ forse l’atto politico più importante che fa seguito alle enunciazioni di principio che da Fiuggi in poi rappresentavano più che altro un impegno per l’avvenire" (a proposito della proposta di Fini di concedere il voto agli immigrati : Amos Luzzatto, presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane; fonte: Il Giornale, 11 ottobre 2003).
Prima di concedere il voto a più di mezzo milione di musulmani in Italia - esordisce Silvia Ferretto Clementi, consigliere regionale di AN - occorre predisporre un "contratto di integrazione", così come si è già pensato di fare in Francia, sottoscrivendo il quale l’immigrato si impegna a rispettare ed accettare tutte le leggi italiane. Non dobbiamo dimenticare che se far votare chi lavora, rispetta le leggi e paga le tasse da almeno 8 anni può essere un gesto di civiltà, senza le dovute garanzie, rischia di rivelarsi un boomerang davvero pericoloso. E’ evidente infatti - continua Silvia Ferretto - che fino a quando le comunità islamiche in Italia non riconosceranno ed accetteranno formalmente i principi cardine sui quali la nostra società si basa (democrazia, pluralismo, diritti civili, laicità e rispetto per il prossimo) e fino a quando non sarà lapalissiano che le donne, gli omosessuali, i credenti di altre religioni, non solo non possono essere discriminati ma devono poter godere degli stessi diritti e del medesimo rispetto è chiaro che concedere il diritto di voto agli immigrati, considerata la considerevole presenza di musulmani, rischia di essere estremamente pericoloso ed anche contrario all’integrazione stessa. Perché gli immigrati possano veramente integrarsi - prosegue l’esponente regionale di AN - è necessario che si sentano parte della nostra società ma è evidente che pratiche o principi come la poligamia, l’infibulazione, la jihad (guerra santa) e la shari’a (legge islamica), assolutamente estranei ed inconciliabili con le nostre leggi e i nostri valori, costituiscono una barriera invalicabile all’integrazione e rappresentano elementi di forte contrasto con lo Stato stesso ed i suoi cittadini. Nessuno degli altri principali paesi europei (Francia, Germania, Gran Bretagna, Austria, Spagna) ha, fino ad oggi, concesso il diritto di voto ai cittadini extracomunitari e, forse, data l’importanza della questione e le possibili ripercussioni a livello comunitario ed internazionale, sarebbe bene che il problema venisse affrontato in modo congiunto . Il mio impegno contro l’intolleranza e il razzismo, all’interno ed all’esterno del partito, non è nuovo - conclude Silvia Ferretto. E’, al contrario, una battaglia cominciata già 10 anni fa, ancor prima del famoso Congresso di Fiuggi quando costituii un comitato ad hoc e presentai, al congresso provinciale del MSI a Milano, una mozione contro il razzismo o, ancora, quando nella mia prima campagna elettorale mi rivolsi pubblicamente a naziskin e personaggi simili chiedendo loro di non votarmi perché lontana anni luce dalle loro idee.
(Comunicato stampa del 13 ottobre 2003)
"Ho finanziato due volte Giorgio Almirante: la seconda fu per Fini. Prometteva molto. Ma si è come appannato" (Licio Gelli, capo della Loggia P2; fonte: L’Espresso 9 ottobre 2003).
"Sono dei predatori, sono sempre a caccia di poltrone. Hanno lo stesso appetito che avevano i socialisti quando entrarono al governo dopo quarant’anni di opposizione" (a proposito di AN: Domenico Contestabile, FI; fonte: La Repubblica, 3 ottobre 2003).
"Auspichiamo che la Lega non demorda nell’azione di contrasto all’eventuale approvazione della menzionata proposta di legge. Fini, ancora una volta, si mostra, assieme alla classe dirigente e ai rappresentanti istituzionali di AN, d’essere contro il popolo italiano, le sue tradizioni, la sua cultura, i suoi diritti, la sua qualità della vita" . "La Fiamma è disposta a cercare ogni convergenza funzionale con la Lega" ( Luca Romagnoli, segretario nazionale di Ms-Fiamma ; fonte: Il Giornale, 11 ottobre 2003).
"E’ forse l’atto politico più importante che fa seguito alle enunciazioni di principio che da Fiuggi in poi rappresentavano più che altro un impegno per l’avvenire" (a proposito della proposta di Fini di concedere il voto agli immigrati : Amos Luzzatto, presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane; fonte: Il Giornale, 11 ottobre 2003).
Prima di concedere il voto a più di mezzo milione di musulmani in Italia - esordisce Silvia Ferretto Clementi, consigliere regionale di AN - occorre predisporre un "contratto di integrazione", così come si è già pensato di fare in Francia, sottoscrivendo il quale l’immigrato si impegna a rispettare ed accettare tutte le leggi italiane. Non dobbiamo dimenticare che se far votare chi lavora, rispetta le leggi e paga le tasse da almeno 8 anni può essere un gesto di civiltà, senza le dovute garanzie, rischia di rivelarsi un boomerang davvero pericoloso. E’ evidente infatti - continua Silvia Ferretto - che fino a quando le comunità islamiche in Italia non riconosceranno ed accetteranno formalmente i principi cardine sui quali la nostra società si basa (democrazia, pluralismo, diritti civili, laicità e rispetto per il prossimo) e fino a quando non sarà lapalissiano che le donne, gli omosessuali, i credenti di altre religioni, non solo non possono essere discriminati ma devono poter godere degli stessi diritti e del medesimo rispetto è chiaro che concedere il diritto di voto agli immigrati, considerata la considerevole presenza di musulmani, rischia di essere estremamente pericoloso ed anche contrario all’integrazione stessa. Perché gli immigrati possano veramente integrarsi - prosegue l’esponente regionale di AN - è necessario che si sentano parte della nostra società ma è evidente che pratiche o principi come la poligamia, l’infibulazione, la jihad (guerra santa) e la shari’a (legge islamica), assolutamente estranei ed inconciliabili con le nostre leggi e i nostri valori, costituiscono una barriera invalicabile all’integrazione e rappresentano elementi di forte contrasto con lo Stato stesso ed i suoi cittadini. Nessuno degli altri principali paesi europei (Francia, Germania, Gran Bretagna, Austria, Spagna) ha, fino ad oggi, concesso il diritto di voto ai cittadini extracomunitari e, forse, data l’importanza della questione e le possibili ripercussioni a livello comunitario ed internazionale, sarebbe bene che il problema venisse affrontato in modo congiunto . Il mio impegno contro l’intolleranza e il razzismo, all’interno ed all’esterno del partito, non è nuovo - conclude Silvia Ferretto. E’, al contrario, una battaglia cominciata già 10 anni fa, ancor prima del famoso Congresso di Fiuggi quando costituii un comitato ad hoc e presentai, al congresso provinciale del MSI a Milano, una mozione contro il razzismo o, ancora, quando nella mia prima campagna elettorale mi rivolsi pubblicamente a naziskin e personaggi simili chiedendo loro di non votarmi perché lontana anni luce dalle loro idee.
(Comunicato stampa del 13 ottobre 2003)
"Ho finanziato due volte Giorgio Almirante: la seconda fu per Fini. Prometteva molto. Ma si è come appannato" (Licio Gelli, capo della Loggia P2; fonte: L’Espresso 9 ottobre 2003).
Nella produzione, ormai piuttosto rilevante, sull’opera di Tolkien, questo testo di Iannone si propone prima di tutto per la gradevolezza della lettura. Il libro affronta nel primo capitolo la tematica della letteratura fantastica; poi vengono esaminate le singole opere, per poi concludere con il caso cultural politico costituito dal Signore degli Anelli. Completano il testo alcuni riferimenti biografici e un interessante "dizionario fantastico". Molto utile, per chi vuole approfondire, l’aggiornata bibliografia di libri di e su Tolkien, seguita dall’elenco di saggi , articoli e riviste tolkieniane con l’indice di ogni numero. Insomma un buon strumento di indagine.
SOMMARIO DELLA SEZIONE:
- UN FILOSOFO PER GUARDARE AVANTI
- LA DESTRA IN EUROPA
UN FILOSOFO PER GUARDARE AVANTI
In questi giorni particolarmente tristi e drammatici, in cui, qualunque sia la nostra opinione rispetto alla tragedia della guerra, non possiamo non porci degli inquietanti interrogativi, ho ripensato alle parole di uno dei pensatori per me più affascinanti e positivi del secolo passato : Karl Popper. Popper è un intellettuale atipico nella cultura del Novecento, caratterizzata da scetticismo, perdita di valori, indifferenza; un secolo in cui troppe persone hanno avuto la presunzione di conoscere la verità e hanno posseduto gli strumenti per imporla; troppe persone hanno ritenuto di aver il diritto-dovere di soffocare la naturale inquietudine e l’aspirazione alla ricerca personale che caratterizza soprattutto le giovani generazioni. Popper ci ha insegnato non a censurare sterilmente, a condannare, a distruggere, ma a costruire .." Il mondo in cui viviamo è il migliore nella storia della specie, eppure intellettuali e media ripetono quotidianamente le loro geremiadi. Anche per questo sono ottimista. Sono convinto che possiamo salvarlo, questo mondo, anche con l’esempio della speranza nel futuro, della fede nella scienza e nella ragione." Il suo messaggio assume per tutti noi, ma soprattutto per i giovani in questi tempi così drammatici, un significato particolarmente positivo: in lui vi è la spinta verso nuovi orizzonti, il gusto della ricerca che è poi il gusto della vita, della scoperta di sempre nuovi modi e possibilità di vita. La società aperta che egli teorizza è una risposta alle ansie ed alle inquietudini, al disorientamento che circonda soprattutto le giovani generazioni: una società in cui possono e devono convivere molteplici scelte di valori, filosofie, fedi religiose, è una società in cui ci si confronta dialetticamente sui problemi e si cercano soluzioni che non siano mai esaustive e, soprattutto, che non siano mai escludenti. Solo la capacità di riconoscere i nostri errori ci permette di superare la nostra ignoranza, di non sprofondare in un baratro di insipienza. "Io penso che questo consapevole atteggiamento critico nei confronti delle proprie idee è l’unica differenza davvero importante tra il metodo di Einstein e quello dell’ameba". Sia Einstein che l’ameba errano, ma differente è l’atteggiamento di fronte all’errore. Einstein va alla caccia dell’errore e fa morire la teoria che sull’errore si fonda, l’ameba muore con la propria teoria errata. Gli uomini si dividono fondamentalmente in queste due grandi categorie : fra coloro che assumono quale modello il grande scienziato e coloro che scelgono l’ameba. Perciò Popper è stimolante, perché non propone un impossibile ed acritico" ritorno ad un’infanzia più o meno felice", ma ci invita ad andare avanti , a metterci in discussione assumendoci le nostre responsabilità di uomini, ci invita a farci carico della "croce dell’umanità, della ragione, delle responsabilità." Il messaggio di Popper è forte e concreto, è un messaggio di azione..."il segreto è che ho sempre cercato di essere attivo", di amore per la sfida che porta alla continua scoperta " incontrare un problema ,vederne la bellezza e innamorarsene. E poi sposarlo e vivere assieme felici." Questa è la risposta alla domanda di Popper "Che cosa dobbiamo fare per rendere il mondo possibilmente un poco migliore?" Stimolare tutti noi, ma soprattutto i giovani ad affrontare nuove sfide, a percorrere nuove strade , far sì che trasmettano poi ad altri il gusto della ricerca per realizzare nel miglior modo possibile una società in cui sia possibile per tutti vivere concretamente "la sicurezza e la libertà"
Pierangela Bianco
Cristiana Muscardini, LA DESTRA IN EUROPA, Ulisse edizioni.
Si apre con una prefazione di Gianfranco Fini questo agile libro che ricorda l’impegno della Destra in Europa. Il Presidente di AN ricorda subito la vocazione europeistica dell’Italia, radicata nel MSI-DN che già nel 1957 aderì al progetto europeo con il voto favorevole alla Camera. La linea della Destra italiana nell’ Unione europea è sempre stata quella di " un’Unione che non sia il superamento delle sovranità nazionali, bensì una loro armonizzazione". E a questo Cristiana Muscardini si è sempre attenuta. Nelle pagine de La Destra in Europa viene ricostruito il cammino di Alleanza Nazionale dal Congresso di Fiuggi alla "Convenzione Europea", collaborando a costituire il gruppo " Unione per l’ Europa delle Nazioni" (UEN) nel 1999. Del gruppo fanno parte l’RPF ( Rassemblement pour la France), il Fianna Fail (Irlanda), il Partido Popular portoghese, il Partito del Popolo danese. Nel frattempo hanno stabilito relazioni con esso il Partito nazionale slovacco, il Partito ceco ODS, il Partito lussemburghese per la democrazia e la giustizia sociale, il Partito repubblicano albanese, la Lega nazionale conservatrice e l’Alleanza della destra polacche, il Partito del popolo estone.L’impegnativo lavoro della Muscardini ha avuto un notevole riconoscimento : nell’ambito dei 626 deputati il Parlamento europeo ha designato 16 a rappresentarlo all’interno della Convenzione : Cristiana Muscardini rappresenta la Destra europea, cioè l’UEN e Alleanza Nazionale. La Muscardini ha sempre lavorato per creare più spazi democratici in Europa e meno burocrazia; un’Europa in cui le competenze siano visibili; una casa comune in cui siano degnamente rappresentate le diverse istanze sociali, religiose,culturali. Ma in queste pagine è presente anche la decisa avversione ad una politica solo monetaria, senza una precisa politica economica dietro, senza una grande visione politica che ne costituisca l’humus in cui crescere
SOMMARIO DELLA SEZIONE:
- UN FILOSOFO PER GUARDARE AVANTI
- LA DESTRA IN EUROPA
UN FILOSOFO PER GUARDARE AVANTI
In questi giorni particolarmente tristi e drammatici, in cui, qualunque sia la nostra opinione rispetto alla tragedia della guerra, non possiamo non porci degli inquietanti interrogativi, ho ripensato alle parole di uno dei pensatori per me più affascinanti e positivi del secolo passato : Karl Popper. Popper è un intellettuale atipico nella cultura del Novecento, caratterizzata da scetticismo, perdita di valori, indifferenza; un secolo in cui troppe persone hanno avuto la presunzione di conoscere la verità e hanno posseduto gli strumenti per imporla; troppe persone hanno ritenuto di aver il diritto-dovere di soffocare la naturale inquietudine e l’aspirazione alla ricerca personale che caratterizza soprattutto le giovani generazioni. Popper ci ha insegnato non a censurare sterilmente, a condannare, a distruggere, ma a costruire .." Il mondo in cui viviamo è il migliore nella storia della specie, eppure intellettuali e media ripetono quotidianamente le loro geremiadi. Anche per questo sono ottimista. Sono convinto che possiamo salvarlo, questo mondo, anche con l’esempio della speranza nel futuro, della fede nella scienza e nella ragione." Il suo messaggio assume per tutti noi, ma soprattutto per i giovani in questi tempi così drammatici, un significato particolarmente positivo: in lui vi è la spinta verso nuovi orizzonti, il gusto della ricerca che è poi il gusto della vita, della scoperta di sempre nuovi modi e possibilità di vita. La società aperta che egli teorizza è una risposta alle ansie ed alle inquietudini, al disorientamento che circonda soprattutto le giovani generazioni: una società in cui possono e devono convivere molteplici scelte di valori, filosofie, fedi religiose, è una società in cui ci si confronta dialetticamente sui problemi e si cercano soluzioni che non siano mai esaustive e, soprattutto, che non siano mai escludenti. Solo la capacità di riconoscere i nostri errori ci permette di superare la nostra ignoranza, di non sprofondare in un baratro di insipienza. "Io penso che questo consapevole atteggiamento critico nei confronti delle proprie idee è l’unica differenza davvero importante tra il metodo di Einstein e quello dell’ameba". Sia Einstein che l’ameba errano, ma differente è l’atteggiamento di fronte all’errore. Einstein va alla caccia dell’errore e fa morire la teoria che sull’errore si fonda, l’ameba muore con la propria teoria errata. Gli uomini si dividono fondamentalmente in queste due grandi categorie : fra coloro che assumono quale modello il grande scienziato e coloro che scelgono l’ameba. Perciò Popper è stimolante, perché non propone un impossibile ed acritico" ritorno ad un’infanzia più o meno felice", ma ci invita ad andare avanti , a metterci in discussione assumendoci le nostre responsabilità di uomini, ci invita a farci carico della "croce dell’umanità, della ragione, delle responsabilità." Il messaggio di Popper è forte e concreto, è un messaggio di azione..."il segreto è che ho sempre cercato di essere attivo", di amore per la sfida che porta alla continua scoperta " incontrare un problema ,vederne la bellezza e innamorarsene. E poi sposarlo e vivere assieme felici." Questa è la risposta alla domanda di Popper "Che cosa dobbiamo fare per rendere il mondo possibilmente un poco migliore?" Stimolare tutti noi, ma soprattutto i giovani ad affrontare nuove sfide, a percorrere nuove strade , far sì che trasmettano poi ad altri il gusto della ricerca per realizzare nel miglior modo possibile una società in cui sia possibile per tutti vivere concretamente "la sicurezza e la libertà"
Pierangela Bianco
Cristiana Muscardini, LA DESTRA IN EUROPA, Ulisse edizioni.
Si apre con una prefazione di Gianfranco Fini questo agile libro che ricorda l’impegno della Destra in Europa. Il Presidente di AN ricorda subito la vocazione europeistica dell’Italia, radicata nel MSI-DN che già nel 1957 aderì al progetto europeo con il voto favorevole alla Camera. La linea della Destra italiana nell’ Unione europea è sempre stata quella di " un’Unione che non sia il superamento delle sovranità nazionali, bensì una loro armonizzazione". E a questo Cristiana Muscardini si è sempre attenuta. Nelle pagine de La Destra in Europa viene ricostruito il cammino di Alleanza Nazionale dal Congresso di Fiuggi alla "Convenzione Europea", collaborando a costituire il gruppo " Unione per l’ Europa delle Nazioni" (UEN) nel 1999. Del gruppo fanno parte l’RPF ( Rassemblement pour la France), il Fianna Fail (Irlanda), il Partido Popular portoghese, il Partito del Popolo danese. Nel frattempo hanno stabilito relazioni con esso il Partito nazionale slovacco, il Partito ceco ODS, il Partito lussemburghese per la democrazia e la giustizia sociale, il Partito repubblicano albanese, la Lega nazionale conservatrice e l’Alleanza della destra polacche, il Partito del popolo estone.L’impegnativo lavoro della Muscardini ha avuto un notevole riconoscimento : nell’ambito dei 626 deputati il Parlamento europeo ha designato 16 a rappresentarlo all’interno della Convenzione : Cristiana Muscardini rappresenta la Destra europea, cioè l’UEN e Alleanza Nazionale. La Muscardini ha sempre lavorato per creare più spazi democratici in Europa e meno burocrazia; un’Europa in cui le competenze siano visibili; una casa comune in cui siano degnamente rappresentate le diverse istanze sociali, religiose,culturali. Ma in queste pagine è presente anche la decisa avversione ad una politica solo monetaria, senza una precisa politica economica dietro, senza una grande visione politica che ne costituisca l’humus in cui crescere
SOMMARIO DELLA SEZIONE:
- IL VIZIO OSCURO DELL’OCCIDENTE, di Massimo Fini
- LA CULTURA DELLA DESTRA, di Marcello Veneziani
"L’OCCIDENTE? È TOTALITARIO E INTEGRALISTA"
Massimo Fini ne "Il vizio oscuro dell’Occidente" attacca la globalizzazione
In nome della tradizione antimoderna e contro l’Illuminismo settecentesco
L’Occidente? "Nonostante si definisca, in buona fede, democratico e liberale, è fondamentalista, integralista, totalitario. Perché non concepisce e non tollera l’altro da sé". Il terrorismo globale? "È una conseguenza logica, e direi prevedibile, di un movimento di globalizzazione e di mondializzazione la cui tendenza di fondo è quella di arrivare a uno stato mondiale, a un’unica polizia mondiale, a un unico mercato mondiale e a un unico tipo di individuo: il Grande Consumatore". Massimo Fini "colpisce" ancora. A modo suo, con un libro che è un vero e proprio pugno nello stomaco per tutti coloro che si vantano di essere occidentali e moderni. Non a caso la sua ultima opera si intitola "Il vizio oscuro dell’Occidente. Manifesto dell’Antimodernità" (Marsilio, 6 euro). Tesi forti, le sue. Mai banali. Spesso esagerate. Ma, attenzione, non scambiate Fini per un no global, non lo è. Critica il capitalismo, è vero. È feroce contro l’american way of life, è innegabile. Difende i paesi del Terzo Mondo (anche quelli islamici) nel confronto con il "colonialismo occidentale". Ma lo fa non nell’ottica marxista, utopista, pacifista di Agnoletto e compagni. Non guarda alle "magnifiche sorti e progressive" di Casarini e Toni Negri. No, Massimo Fini, quando cerca un modello di riferimento anti-globalizzazione, guarda indietro, ad esempi del passato, non a paradisi progressisti da costruire in terra hic et nunc. Un esempio? Beh, nel suo pamphlet critica il diritto all’uguaglianza nato nell’Illuminismo. Per lui aver codificato un diritto del genere è un "errore psicologico grossolano": dopo averlo proclamato, infatti, le disparità economiche e sociali sono aumentate. Molto meglio, invece, la società divisa in ordini e in caste dell’Europa medioevale. In quel tempo - secondo Fini - "la disuguaglianza era cioè codificata e legittimata. Ciò poneva gli individui al riparo dalla frustazione, dall’invidia, dall’odio". Per compredere meglio il suo elogio alla società medioevale basta andarsi a rileggere un suo libro precedente, "Il denaro ’Sterco del demonio’". In quelle pagine Fini sostiene che "il regime feudale della terra (chiamato anche ’regime delle terre aperte’) è un punto di equilibrio, sofisticato e complesso, fra comunismo e individualismo che potremmo meglio definire come comunitarismo". Insomma, Fini è anticapitalista e antioccidentale in nome della tradizione, dove per tradizione si intende quella ellenistica e cristiana interpretata in chiave antimoderna. Da questo punto di vista Fini è un grande "reazionario". Solo i grandi reazionari, infatti, hanno avuto il coraggio di sottolineare che il Medioevo non è stato solo un’Età oscura, ma un’epoca di progressi politici, economici e culturali. Più che un De Maistre, però, Massimo Fini ci appare come un novello Julius Evola, fatte le debite proporzioni. Come il "Barone Nero", infatti, l’autore del "Vizio oscuro dell’Occidente" afferma che "il liberalismo e il marxismo sono solo due facce della stessa medaglia" industrialista, illuminista, positivista, progressista, modernista ed economicista. Insomma, la vera dicotomia, così come per Evola, sembra per Fini quella tra tradizione e modernità. Una chiave interpretativa interessante, ma che ha molti limiti. Prendere come punto di riferimento i regimi pre-moderni può fornire utili spunti per trovare soluzioni alle distorsioni della moderna globalizzazione? Sembra improbabile, purtroppo. Le teorie economiche aristoteliche, cristiano-tomiste, medioevali prese in considerazioni da Fini (in particolare nel "Denaro") ci appaiono minoritarie, alle volte quasi dimenticate. E ribadiamo il nostro "purtroppo". Sì, perché da quelle idee sarebbe possibile ricostruire un mondo economico più a misura d’uomo. Drammaticamente, però, tutte queste teorie pre-moderne peccano oggi di "impoliticità". Poco potranno influire, cioè, sull’evoluzione della globalizzazione. Speriamo comunque di sbagliarci. Pessimista, in fondo, come ogni buon "reazionario" che si rispetti, appare anche Fini. Come interpretare altrimenti la previsione contenuta nelle ultime righe del "Vizio oscuro dell’Occidente? Si legge: "Non ci saranno guerre di civiltà perché ne rimarrà una sola, la nostra. Ma è all’interno di questa che avverrà lo scontro vero, il più drammatico e violento: fra èlite dominatrici fautrici della modernità e le folle deluse, frustrate ed esasperate, di ogni mondo, che non ci crederanno più avendo compreso, alla fine, che lo spirito faustiano, lo spirito dell’Occidente, opera eternamente il Bene ma realizza eternamente il male". Insomma, per Fini il "rischio" è "che si avveri a livello planetario la profezia che Marx aveva fallito in un solo paese". E cioè una nuova lotta di classe, questa volta tra i paesi ricchi "sempre più ricchi e sempre meno numerosi" e i sempre più numerosi paesi poveri. Sorge spontanea una domanda: ma se la globalizzazione mira a creare "un unico tipo di individuo: il Grande Consumatore" - come sostenuto da Fini - siamo proprio sicuri che la globalizzazione non darà la possibilità anche ai più poveri di entrare nel grande circo del consumismo globale?
Massimiliano Mingoia
Marcello Veneziani
"La cultura della destra", Editori Laterza 2002
Hanno ancora senso le categorie Destra/Sinistra? Inganniamoci pure, crediamo pure che queste lo abbiano un senso, non foss’altro per aderire in modo veloce, diretto, immediato ad un orizzonte valoriale che altrimenti avrebbe mille distinguo: esistono quindi comunitari (o comunitaristi che dir si voglia) di destra e comunitari di sinistra, liberali a destra e liberali a sinistra, ambientalisti di qua e di là. Se questo è un limite -e lo è-, esso affonda le radici nella rappresentatività politica ed in generale nel sistema politico della rappresentazione del volere popolare: culturalmente infatti la destra e la sinistra hanno dei paletti ben definiti ed identificabili, si rifanno ad una visione del mondo e dell’uomo che in esso è chiamato a muoversi, designano "due mentalità che hanno senso prima della politica ". Sinistra e destra sono state affrontate da Marcello Veneziani nel 1995 -in uno stimolante saggio di risposta a Norberto Bobbio- e "superate", nel 1999 , con la proposizione -rimanendo comunque ancorato allo schema bipolare- della prossima alternativa individuata da comunitari e liberal. Ne La cultura della destra, l’autore sviluppa le idee espresse nei due precedenti saggi, concentrando la sua attenzione su quale cultura oggi possa essere definita di destra e quale cultura oggi la destra debba coltivare. Qual è il nocciolo della cultura della destra? Cos’è cambiato -e cosa dovrebbe cambiare- rispetto alle destre del passato? Quale può essere la sua cultura di governo? Queste tre domande trovano risposta nell’agile volume pubblicato esattamente un anno fa. Ma cosa vuol dire essere di destra oggi? Nella parte iniziale del libro undici tesi cercano di rispondere a questa domanda, precedute da alcune considerazioni molto interessanti. La prima considerazione mette in luce lo squilibrio fortissimo esistente "tra la destra riconosciuta e la destra che si autoriconosce. La destra presunta è largamente superiore alla destra sedicente": la destra vista dagli antagonisti è la categoria politica cha da sempre domina sotto falso nome mentre la destra vista dai protagonisti che la animano è "l’adunata dei vinti di ogni epoca", è la promessa mai realizzata. La seconda considerazione emerge prepotentemente nella quotidianità politica e sociale: in una parola, nella vita di tutti i giorni. La sensibilità popolare nei confronti delle tematiche care alla cultura della destra è largamente maggioritaria, tuttavia questa affinità elettiva non si traduce in affinità elettorale, regredendo numericamente e perdendosi fino a divenire scelta politica minoritaria, definita dall’autore residuale. La terza considerazione è un vero e proprio abuso riduzionista che tende ad identificare la cultura della destra non già come un mondo molto variegato al suo interno che presenta notevoli differenze (talvolta abissali differenze), ma come un blocco monolitico che dai liberali arriva fino ai comunitari, passando attraverso cattolici (radicali o moderati), nazionalisti, individualisti e chi più ne ha più ne metta. Questo libro è molto importante per fare un poco di chiarezza sui naturali confini della cultura della destra, senza forzature di comodo e infingimenti pinocchiari: le undici tesi snocciolano domande, propongono risposte, argomentano lucidamente l’impossibilità -a destra- di ritrovare la stessa organicità culturale degli intellettuali presenti nella sinistra; attraversano il sogno sinistro e la destra realtà, il mito e l’utopia; sondano il terreno pre-politico della cultura della destra tra adesione e rifiuto all’idea di cultura militante fino ad arrivare al mimetismo, cioè quella "destra che nega di essere tale per ragioni di opportunità e di opportunismo, o per rimozione e auto-censura"; approdano da un lato alle geniali individualità espresse dalla cultura della destra e dall’altro "al comune sentire di un popolo, alle sue tradizioni e al patrimonio di conoscenze, saperi, usanze trasmesse", passando per una non velata critica all’organizzazione culturale avente come obiettivo i quadri intermedi della società. La cultura della destra, quindi, si riferisce naturalmente a tradizioni, riti, mentalità, religioni e costumi che hanno permeato secoli e popoli: è quindi improprio "usare la definizione di cultura della destra( ), si dovrebbe piuttosto parlare di cultura comunitaria e tradizionale, ma l’esistenza di una cultura egemonica della sinistra induce a darne una denominazione antagonista". Il concetto di Patria e le diverse interpretazioni che emergono nel panorama intellettuale contemporaneo giocano un ruolo importante nell’odierna società individualista che non protegge le residue precarie forme di comunità (dalle micro alle macro); è necessario smontare la tesi che dallo Stato si faccia la Nazione, contrapponendo a questa la lettura che Gioacchino Volpe nel 1927 dà dell’identità nazionale , affermando che questa -l’italianità- "precede di secoli lo Stato unitario, affonda le radici nella romanità e nel medioevo, per poi assumere forma letteraria e unità linguistica a partire da poeti e scrittori in lingua italiana". Noi italiani riusciamo a leggere scrittori di sette secoli fa, nella stessa lingua in cui essi scrivevano; questo è impossibile a farsi per i francesi o gli inglesi, benché essi abbiano Stati unitari precedenti al nostro: l’unità nazionale è culturale prima che politica, è spirituale prima che istituzionale. Lo stato nazionale che è chiamato a vivere nella post-modernità non è -come alcuni vogliono far credere- in contrasto con le identità locali: di esse si abbevera quotidianamente non le inquina, ne esalta le differenze non le annichilisce, si fa portatore del messaggio per cui il nemico non sono le altrui comunità (leggasi identità locali) ma la negazione di queste (leggasi omologazione globalizzante). Il riconoscimento delle altrui comunità, qualunque esse siano (come quelle degli immigrati), avrebbe dovuto trovare -a mio parere- più spazio nella parte del libro dedicata alle risposte che da destra dovrebbero giungere al fenomeno immigrazione, analizzando i motivi profondi che spingono centinaia di migliaia di uomini ad abbandonare la terra natia: da destra il fenomeno immigrazione è avvertito come uno sradicamento, come una perdita di legami, come una violenza. Tuttavia, questi legami verrebbero in qualche modo ricomposti -benché vi sia la fondamentale assenza del luogo- se l’immigrato trovasse, nella "terra promessa", una comunità di valori, di usanze e tradizioni -non in conflitto con le regole di convivenza civile dei paesi ospitanti- che si rifanno alla comunità di origine. La politica e la comunità si ritagliano un posto al sole anche nella parte del libro dedicata alla globalizzazione in cui l’autore si domanda -e ne dà risposta- se la cultura della destra sia amica o nemica della globalizzizone. La distanza che separa l’approccio culturale comunitario alla globalizzazione è la stessa che lo separa dagli antiglobal che spaccano (o spaccavano) le vetrine: la destra è per antonomasia locale piuttosto che globale, realista più che utopista. In dettaglio, ciò che distingue la cultura della destra dalle spinte ideali incarnate dagli antiglobal, viene evidenziato da tre interessanti valutazioni. La prima è il rifiuto di considerare i noglobal come l’umanità contro i potenti della terra: entrambe le categorie sono minoranze e per di più autoreferenziali. La seconda individua nel moralismo astioso presente nei detrattori della globalizzazione un fattore estraneo alla destra: i giottini tendono ad individuare come male assoluto le multinazionali o le agenzie mondiali, mentre la destra pur non condividendo le aspirazioni utilitariste dei potenti della terra, ha un approccio più realista: "Chi guida un’azienda -osserva l’autore- non può avere come suo unico fine quello di redimere il mondo dalla fame e dalla miseria; piuttosto pensa ai fatturati". È la triste realtà, direbbe qualcuno. Compito della destra tuttavia, è quello di creare un contrappeso politico, culturale, sociale, solidale, comunitario alle spinte globalizzanti in atto: tale contrappeso deve essere impregnato di sano realismo, non accettando quindi le contrapposizioni manichee tra Occidente e Oriente, tra Nord e Sud del pianeta, tra Bene e Male. Al contrario deve -per esempio- esaltare le differenze in campo - abissali- tra Europa e Stati Uniti, puntando sulla italianità, sulla mediterraneità, sull’Europa delle cattedrali, sulle profonde radici continentali. Europa? Si grazie; non come gradino verso la globalizzazione, ma come argine e confine entro cui fondare l’identità europea. Le fondamenta ideali del vecchio continente, non possono (o non potranno) prescindere dalle loro proprie radici cristiane : su questo argomento l’autore mette in evidenza il rapporto fra religione e cittadinanza. Esse non possono essere trattate separatamente, sono il frutto di una sedimentazione secolare di usi, costumi, tradizioni; "( ) nell’orizzonte comunitario non si [può] prescindere dalla religione che ha permeato nel bene e nel male per millenni la cultura, la vita e la storia di un popolo. Fa parte ormai della sua mentalità, della sua tradizione". È certamente possibile -quando non doveroso- analizzare con spirito critico questa osmosi tra vita e religione, ma risulta altrettanto doveroso non dimenticarla; "noi siamo figli di questa storia e di questa fede e non possiamo chiamarci fuori". Convinte, profonde, stimolanti considerazioni emergono dalle riflessioni di Marcello Veneziani che prima o poi -speriamo prima- dovranno confrontarsi con quello che è chiamato l’agire politico: quale continuità fra cultura e politica? Il luogo ove deve svilupparsi il passaggio tra mentalità culturale e pragmatismo politico è individuato in quei siti in cui si forma la coscienza pubblica, in quei luoghi in cui la comunità cresce e assume consapevolezza di sè: scuola ed educazione, beni artistici, culturali e storici, comunicazione e orientamenti pubblici. Il volume si conclude con un Post scriptum tutt’ altro che impertinente quando tra le sue righe osa (?) domandarsi come sia possibile conciliare nello stesso governo la cultura comunitaria e quella liberale. "Che nesso c’è -si domanda l’autore- tra la cultura della destra e il governo Berlusconi?( ) C’è un legame tra la leadership berlusconiana e la tradizione culturale della destra, in senso lato? Che attinenza c’è tra Emilio Fede [o Popper ] ed Ernst Jünger?". Non solo la linea di confine esiste ed è ben marcata ma deve essere in ogni modo evidenziata, esaltata e valorizzata; per nessuna ragione -se non per autolesionismo- dovrà essere annacquata o ignorata. Tanto inchiostro, tante parole speriamo non inutili.
Simone Olla