Editoriale

 

Chi temeva che all’Assemblea Nazionale di Alleanza Nazionale ci sarebbero stati forti dissensi, si è dovuto ricredere. Il documento di luglio elaborato da Fini per la nuova Fiuggi di AN è passato praticamente indenne. Nonostante i malumori della base, o per lo meno di una parte della base. In altra parte del giornale pubblichiamo,infatti, due documenti, pervenuti in redazione, non propriamente esaltanti per la politica finiana. Solo a contrastare la visione del Capo è rimasta la posizione di Francesco Storace, che si è astenuto, come pochi altri dall’approvazione finale del documento. Nessuno ha votato contro. Insomma: il partito è saldamente con Fini. Si guarda alle elezioni europee del 2009, si guarda al PPE come approdo finale, si guarda soprattutto a quella destra sommersa che supera il 12/14 % e alla quale va tutta l’attenzione per il futuro da parte di AN.
Fini parte dal presupposto che "dopo dieci-dodici anni, il bipolarismo è radicato nel Paese molto di più di quanto sia radicato nei partiti. C’è un popolo delle libertà di cui tenere conto, che va ascoltato e che può agevolmente diventare maggioranza". A questo popolo AN deve rivolgersi. E fin qua nulla di nuovo, né di particolar, anzi. Come non condividere? Il timore è che questo allargamento al centro, perché di questo si tratta in fin dei conti, faccia perdere l’identità del partito, la sua specificità, annegandolo in un grigiore democristiano d’altri tempi che nessuno vorrebbe. E Fini sa bene che questo è il punto: "Pensare di non avere un recinto obbligato per il consenso non significa affievolire l’identità ma rafforzarla. L’identità non è un prodotto museale: dal culto della memoria bisogna trovare la linfa per crescere e guardare agli altri, con analisi, idee e prospettive. Il nostro progetto dev ’ essere sempre più ambizioso, l’approdo al Ppe è il suo punto conclusivo, da raggiungere grazie alla nostra capacità di essere autenticamente popolari. Però, ripeto, l’identità non è una sterile ripetizione di dogmi".
La diatriba, il dualismo è tutto qui: c’è chi teme l’ annacquamento degli ideali della Destra per attrarre i voti di chi è "in pectore" di destra e c’è chi vede i "duri e puri" come un ostacolo alla modernizzazione del partito. Perché che la battaglia si vinca al centro, ormai lo sanno anche le pietre. Allora : è la Destra che deve spingersi al centro o il centro deve venire attratto da una Destra che si interroga, e risponde, sui grandi temi del presente in modo originale rispetto alle altre parti politiche? Intanto, sia detto per inciso, vediamo come gli ex democristiani, sia che militino nel centrodestra che nel centrosinistra, si diano da fare per riconquistare il "loro" centro…
Gennaro Malgieri, che non ha bisogno di presentazioni, su Libero del 10 ottobre ha scritto un articolo il cui titolo dice già tutto : Lavoro, famiglia, soldi. La vecchia AN non c’è più. Meno tradizione più realismo, Fini l’ha resa forza riformista". Ed è vero. La Destra che Fini propone è una Destra riformista. Leggiamo ancora Malgieri :" Questo tipo di riformismo forse arriva a mettere in discussione la fisionomia della destra stessa fin qui conosciuta, ma non fino al punto di sradicarla dal suo contesto storico-culturale che è segnato da una tradizione i cui fondamenti nessuno intende cancellare, ma piuttosto vivificarli in una prassi politica che non si neghi al riconoscimento dei nuovi diritti e delle nuove sovranità". Insomma : meno intransigenza, più attenzione al mondo che cambia. Il che vuol dire rivedere alcune posizioni di intransigenza di fronte alle "nuove forme di socialità". Certo non dimenticando la centralità della famiglia. Ma qui è il punto: come? Come far sì che non si dia vita ad un "cerchiobottismo" ? Un colpo al cerchio e uno alla botte : apriamoci alle nuove realtà sociali ma non abbandoniamo l’idea tradizionale di famiglia; guardiamo all’integrazione degli immigrati ma purché non mettano in discussione i nostri valori e i nostri modelli sociali. Già: ma come?
Premesso che personalmente condivido la posizione di Malgieri, che è poi quella di Fini, osservo quanto quotidianamente tutto ciò, in Italia come altrove, che si tratti di nuove forme familiari, di immigrazione, di rapporto tra religione e cultura, non è che stia conoscendo momenti esaltanti. Il fatto, poi, di appartenere ad un popolo abituato a "mettere una pezza" sempre a tutto, a convivere con il pari e il dispari, ad avere leggi, norme, burocrazia che si affastellano, si elidono, si contraddicono a vicenda, beh…non mi consola proprio.
C’è il passo conclusivo di Malgieri che non mi convince molto : " Chi teme annacquamenti, abbandoni, "corruzioni" ideali si rassegni : le identità sono fatte per essere superate, per dar vita a nuove sintesi che saranno le identità di domani". Certo, questa visione hegeliana di Malgieri è condivisibile ma, scendendo dal piano puramente intellettuale, filosofico, cosa avverrà nel quotidiano? Insomma il problema è sempre lì: dov’è la discriminante fra nuova lettura del mondo, modernizzazione se volete, ed abbandono dei propri ideali e valori? Il confine è molto sottile. Vediamo, ad esempio, quanto avviene nella Chiesa, con la sua quotidiana esigenza di stare al passo coi tempi - pena la perdita dei fedeli - e la necessità di conservare l’autenticità del Messaggio. Certo la Chiesa è protetta dalla fiamma dello Spirito Santo. Anche AN ha la sua fiamma…ma non è la stessa cosa…

Antonio F. Vinci

 

Era il 18 luglio 2005 quando le Agenzie di stampa battevano la notizia che Fini azzerava i vertici, decapitava i colonnelli; si parlava di terremoto in AN e di resa dei conti. La revoca avveniva nei confronti dei vicepresidenti, dei componenti dell’ufficio di presidenza, dei coordinatori regionali. Fu la rivoluzione della caffetteria, ricordate?
Si vede che luglio è il mese di Fini…Ad un anno esatto da allora, il 18 luglio scorso, del 2006 questa volta, Fini ha dato lettura all’Esecutivo del Partito di un suo documento che rivoluziona AN. Non solo. Non temendo le ricorrenze storiche, convoca l’Esecutivo nuovamente per il 25 luglio prossimo. Ah, questo 25 luglio, così presente, così ricorrente…
Il testo che Fini ha letto all’esecutivo consta di ben 18 pagine ed è stato redatto in collaborazione con Adolfo Urso e Pasquale Viespoli.
Il testo? Una rivoluzione! Sì, la nuova rivoluzione in Alleanza Nazionale. La nuova Fiuggi si presenta densa di contenuti, aspettative, punti fermi.
Prima di tutto:
"la CdL come l’abbiamo conosciuta non esiste più e va ripensata; ma c’è metà Italia, la più dinamica e produttiva, la più vicina all’Europa, che sente d’essere un "popolo" e si colloca nel centrodestra, senza più trattini e distinzioni". AN si deve preparare al processo unitario, che diventa ora un punto di arrivo e non di partenza; AN come "partito-polo", capace di "rappresentare ed esprimere un’area vasta e plurale, di culture e sensibilità diverse, cattoliche, liberali e nazionali". Il documento di Fini mostra un’analisi sociologica e politica insieme, con frequenti riferimenti agli ambienti europei. E così si passa dalla citazione della Spagna del Partido Popular alla Scandinavia con il leader dei conservatori Fredrik Reinfeldt, dalla Francia di Sarkozy alla destra inglese, alla destra polacca. L’Europa, infatti, è la sua stella polare e al PPE Fini guarda con attenzione, come al naturale traguardo del suo partito: AN dovrà entrare nel PPE. AN deve diventare sempre più un partito di respiro europeo. E questa non è certo una novità nel linguaggio della Destra, ma ora diventa la condizione senza la quale la Destra moderna non nasce. Fondamentale l’affermazione che:
"la destra deve costruire anche in Italia una nuova alleanza sociale e morale, di interessi e di valori, come hanno fatto i leader conservatori nella "rivoluzione blu" degli anni Ottanta e i nuovi protagonisti del "conservatorismo compassionevole" contemporaneo". Una nuova alleanza che deve vedere insieme le categorie fondanti della nuova Destra:

  • i produttori di reddito e cioè operai, piccoli e medi imprenditori, artigiani e professionisti e ovviamente anche commercianti e agricoltori;
  • i produttori di valori e cioè le casalinghe e i pensionati, con la difesa del nucleo familiare;
  • i produttori del futuro e cioè i giovani.

Piccola, maliziosa, osservazione sul lessico usato dal Presidente di AN. Produttori. Quando, nel 1918, Mussolini tolse da "Il Popolo d’Italia" il sottotitolo "Quotidiano socialista", vi sostituì quello di "Quotidiano dei combattenti e dei produttori"…Oggi i combattenti non ci sono più, se non come Forze di pace all’estero, ma i produttori ritornano…Dovrebbe poter bastare ai nostalgici che guardano a Fini come a chi dimentica il passato…

Ma torniamo al documento.
Fini lancia il tema della democrazia economica come caratterizzante Alleanza Nazionale; i temi "della partecipazione e della sussidiarietà quali punti di convergenza tra cultura nazionale, cattolica e socialismo riformista". Il testo è molto lungo, ma il tema del "conservatorismo compassionevole" o, come lo chiama più giustamente e in modo meno lacrimevole Fini, il "conservatorismo solidale" diventa la sfida per il futuro.


Conservatorismo compassionevole

Ecco, qui sta la vera novità del documento. Non che sia la prima volta che si parli di "conservatorismo compassionevole" o, meglio, "conservatorismo solidale".
Chi segue il dibattito interno alla Destra ricorderà che già nel 1999 fu pubblicato un libro con il titolo "Rivoluzione blu", scritto a più mani da Cannella, Di Lello, Respinti e Torriero. Esiste tuttora un sito, rinato nel maggio 2005, che diffonde queste idee (www.rivoluzione-blu.it) e che ora certamente rivivrà di nuovi impulsi.
Ma, dunque, cos’è questo "conservatorismo compassionevole"?
Sul "Il Domenicale" del 7 maggio dello scorso anno Raffaele Iannuzzi recensiva il testo fondamentale di Marvin Olasky, Conservatorismo compassionevole, pubblicato con la prefazione di George W. Bush jr. per i tipi della Rubbettino. Iannuzzi scrive: "Occorre immediatamente mettere mano al vocabolario e tradurre bene: " compassione" non sta per flebile carezza sulla guancia del sofferente, né per testimonianza fine a se stessa, priva di sbocco politico e progettuale. La compassione deriva dal latino cum-pati, soffrire assieme, e indica un’azione in cui giocano efficacemente sia la coscienza individuale sia l’etica della responsabilità. Il livello di cui parla Olasky è il frutto di una sintesi che spiazza vigorosamente le barricate ideologiche novecentesche per ritrovare i bisogni concreti della persona umana. E questi bisogni non vengono stimati importanti solo in quanto materiali, ma assumono contorni globali, unitari. Si sta parlando, qui, della persona nel senso cristiano del termine, unità di corpo e spirito". Il conservatorismo compassionevole, come idea base, porta al coinvolgimento di tutti gli appartenenti alla società, in uno spirito religioso ma non confessionale, valorizzando la responsabilità individuale con l’attenzione verso i più deboli. Un conservatorismo che è vicino al solidarismo senza, però, essere assistenzialismo; un conservatorismo che è solidarismo o, come si usa più frequentemente dire, sussidiarietà. Meno Stato più privato, più associazioni no profit, più partecipazione individuale, più attenzione alla persona.

La posizione di Forza Italia

Il documento di AN viene esaminato, ovviamente, da più commentatori politici. Interessante diventa - a questo punto - sentire l’opinione di Sandro Bondi, Coordinatore di Forza Italia. Perché? Perché proprio Forza Italia s’è fatta portatrice di questi valori, ha propagandato il conservatorismo compassionevole sulla sua stampa, lo ha fatto conoscere al suo pubblico. Ebbene Bondi su "Italia libera", Bollettino settimanale di analisi, a. I, n.9, così scrive: "A questo punto, però, non può che emergere, dal contesto dell’analisi del documento, una domanda, ineludibile: cos’è, oggi, infine, la destra? E’ possibile azzerare il mondo culturale della destra, nelle sue molteplici forme e declinazioni, così, sic et simpliciter, aprendosi al "conservatorismo compassionevole" anglosassone, che non ha radici in Italia? Si badi: questa formula politica, che non è molto complessa, può anche trovare riferimenti politici nel nostro paese, ma come fare ciò, senza prima aver ripetuto e superato una storia, con i suoi contorni e i suoi limiti?" (…) "Il documento, in conclusione,aspira ad una "destra inclusiva", secondo la formula, ben nota negli ambienti anglosassoni, dell’inclusive language, ma una destra cosiffatta, così prossima alla matrice liberal è ancora una destra nazionale e tradizionale? Cioè, è ancora una proposta politica conservatrice-popolare o rimane appesa, come i caciocavalli, nell’astratto cielo della progettazione politica di vertice? A meno che, questa marcia culturale e politica di Alleanza Nazionale non trovi uno sbocco naturale nel nuovo soggetto politico dei moderati e dei riformisti, il nuovo partito della Libertà, lascito storico dell’impresa politica di Silvio Berlusconi. Allora sì che questo travaglio culturale può avere anche un valore politico stringente e lungimirante. Io sono convinto di sì".


Conclusioni

Alleanza Nazionale e Fini sono avvertiti: che non credano di fare alzate di testa, sembra dire Bondi. Se proprio AN vuole cambiare, che lo faccia nell’ambito del nuovo partito unitario, ben segnato dall’orma di Silvio Berlusconi. Anche perché - e qui Bondi maliziosamente mette sull’avviso Fini - diversamente rischia d’essere un’operazione di vertice. Che ne penserà la base, gli elettori, di quel "caciocavallo"?
Ora l’amichevole apprensione di Bondi si può capire... Eppure io credo che AN abbia le carte in regola. Forza Italia legittimamente sente odore di pericolo; probabilmente teme che AN possa avere un successo che le tolga consensi. AN viene da lontano: ha già fatto il suo percorso, il suo - doloroso - viaggio nel deserto. La vocazione sociale di AN non è una scoperta di questi anni; la vocazione di partito laico ma non laicista non è di oggi. Va da sé, però, che questa operazione va meditata, fatta capire, spiegata, guadagnata dall’elettorato, perché è del tutto nuova per tutti. O quasi.

Quale Destra, dunque? Le parole del documento sono chiare, anche se con qualche indulgenza di troppo ad espressioni inglesi. Alleanza Nazionale, in sintesi, si propone proprio come …un’ alleanza nazionale…, coniugando le nuove classi sociali, il loro apporto, i loro valori. Un’alleanza che tenga unite l’anima popolare e quella nazionale. Quanto sono lontani i tempi della pura nostalgia …della difesa dei ceti statali…di un corporativismo che non fa crescere il Paese. Fini, come molti ricordano, non sempre l’ ha azzeccata… Ci ricordiamo i suoi insuccessi politici, ma la politica si scontra con la quotidianità che cambia sotto i nostri occhi e spesso non riusciamo a coglierla.
Fini vuole cogliere questa realtà che cambia così velocemente; e vuole interpretarla: "Il welfare state è in declino; per costruire la welfare community occorre valorizzare la cultura della sussidiarietà ampliando un welfare opportunity che consenta un passo diverso all’ingresso della donna e dei giovani nelle istituzioni e ovviamente nei partiti, nel mondo del lavoro e della produzione". Già ci sono in giro i primi "mal di pancia", i primi distinguo ed è, ovviamente, giusto che ci sia una sana critica, un dibattito all’interno del partito. Non sarà facile far digerire ai militanti e a buona parte degli elettori la nuova concezione dell’accoglienza nell’ambito del partito; un’Alleanza Nazionale che sia un partito "accogliente", il partito della "modernità responsabile", della "modernizzazione inclusiva". Un’accoglienza che non significa solo attenzione al mondo dell’immigrazione ("per il riconoscimento a certe condizioni del diritto di voto amministrativo" e "una riflessione sul riconoscimento della cittadinanza ai figli degli immigrati nel rapporto tra ius sanguinis e ius loci"), ma soprattutto accoglienza di altre istanze, attuali, della società di oggi. E qui si sottolinea la necessità di recuperare "quel rapporto con i "produttori di idee" che gli anni di governo hanno esaurito invece di esaltare". Chi scrive è nato politicamente quando il MSI era governato da Michelini…la preistoria del partito…e quindi è anagraficamente legato al ricordo di eventi, simboli, persone… Molti sono legati a quel passato, anche tra i giovani che non l’hanno vissuto, ma la Storia, proprio quella con la "s" maiuscola, non aspetta. Non si tratta di svendersi, anche se il pericolo c’è; non si tratta di abbandonare valori ed ideali, anche se il pericolo c’è; non si tratta di diventare di centro o morire democristiani, anche se il pericolo c’è.
Leggere nella società con gli occhiali dei nostri ideali, ma leggere; interpretare la società con gli occhiali dei nostri ideali, ma interpretare. Diversamente non si rischia, ma sicuramente si finisce per perdere il senso della storia, della politica, della vita.

Antonio F. Vinci

 

Domenica 28 maggio ci saranno le elezioni amministrative. Una rivincita per la Casa delle libertà? Vedremo.
Intanto ci prepariamo al referendum del 25 giugno sulla devolution, quella che D’Alema ha chiamato la "bella", con un linguaggio ricavato dalle nostre partite di calcio da ragazzini. Ciò, però, vuol dire che le amministrative segneranno la vittoria della Casa delle libertà? Perché la bella era appunto la terza partita dopo una vittoria a testa delle due squadre; la "bella" era quella che avrebbe decretato definitivamente il vincitore.
Per ora stiamo seguendo questa campagna elettorale, specialmente in Lombardia dove, oltre Milano, ci sono città impegnate nella competizione di tutto rispetto, come Varese, Gallarate, Busto Arsizio ed altre minori ma non meno significative.
La costante delle elezioni amministrative è la presenza delle liste civiche. E di queste vorremmo parlare.
Le liste civiche se da una parte denotano una partecipazione più diretta dei cittadini alla vita politica dall’altro ne segnano un distacco. Le liste civiche nascono sostanzialmente perché gruppi di cittadini rifiutano l’etichetta partitica, vista come una sorta di impaccio, di dipendenza dalle segreterie di partito, di appartenenza. Nascono le liste di campanile (dai nomi più disparati che fanno invidia ai nomi delle operazioni antimafia delle Forze dell’Ordine, che di fantasia ne hanno da vendere in questo caso…) per costruirsi o ricostruirsi una presunta verginità. Eh sì, perché di questo si tratta! Le stesse persone che pochi mesi prima o addirittura, come in questo caso, il mese prima avevano partecipato alla campagna delle elezioni politiche, ben visibili nelle liste di partiti istituzionali, ora si aggregano con gli avversari di ieri, sparigliano i giochi, si uniscono in matrimoni elettorali da far accapponare la pelle. Si dice: ma le elezioni amministrative sono diverse. Amministrare una città non è come gestire un Paese, non è come nelle elezioni politiche…Non è vero.
Se in una città vince una lista civica, eterogenea come i colori dell’arcobaleno, frutto di aggregazioni pur lodevoli ma senza un vero collante per forze di cose, che deve decidere - ad esempio - sulla questione dell’immigrazione, sulla presenza dei clandestini, credete che sia lo stesso se la scelta ideale, religiosa, culturale delle persone non è la medesima?
L’aiuto da erogare alle aggregazioni giovanili sarà per gli oratori o per i centri sociali? Sarà pilatescamente per ambedue? La confusione regnerà sovrana.
In un Paese come il nostro dove tutti dicono tutto; dove ci sono esperti "tuttologi", ignoranti di tutto; dove tutti sono esperti di calcio ( come la mettiamo in questi giorni…?) e allenatori del lunedì, il proliferare di liste civiche è normale. La conduzione della vita amministrativa, però, è tutt’altra cosa.
Le liste civiche o sono pilotate da una forza trainante, dal classico defenestrato dalla coalizione precedente; o si compattano dietro un problema specifico della città solo per avere una visibilità, per agitare le acque; o sono manovrate da altri per togliere voti agli avversari.
Non vorrei essere drastico, ma altri motivi "nobili" non ne vedo.
Le liste civiche, pur con delle eccezioni, ma pochine pochine, lasciano il tempo che trovano. Come il mito del "tecnico prestato alla politica". E’ finita quell’epoca, per fortuna. Si faceva politica irridendo alla politica; si cercava, come Diogene con la lanterna cercava l’uomo, un politico non politico, un "tecnico" appunto, che facesse politica senza "sporcarsi le mani". I risultati, tranne le debite eccezioni, che confermano la regola, si sono visti. Personaggi noti a livello internazionale per i loro studi, per la loro professionalità, per le loro competenze, naufragavano miseramente di fronte alle scelte di largo respiro, alla quotidianità della macchina burocratica. Il "tecnico" diventava il fiore all’occhiello del politico o della forza politica che lo aveva spinto avanti.
La politica deve ritornare al suo ruolo, grande, serio, etico. Non si sostituisce la politica con i pannicelli caldi dell’improvvisazione o strumentalizzando persone. La politica è dedizione, cultura civile, passione, servizio per gli altri.

Antonio F. Vinci

E FINALMENTE CI SIAMO! - Numero 36

Dopo mesi di discussioni, dibattiti, accuse ed offese, alleanze che si formano e si disfano, si va alle elezioni. Sono importanti queste elezioni politiche 2006. Certamente! Sono tra le più importanti nella vita della Repubblica. Forse solo seconde a quelle del 1948, quando la Democrazia cristiana doveva fronteggiare il Fronte popolare. Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata tanta: dalle trasformazioni dei partiti alla sparizione di alcune formazioni politiche, da Tangentopoli alla presenza di Papi che hanno fatto la Storia diversamente da quelli che erano sul soglio di Pietro in quegli anni, dalla nascita dell’era di Internet, al terrorismo, alle guerre in Medio Oriente, al crollo delle Torri Gemelle…tutto, tutto è cambiato. Ma l’ Italia no, non ancora, non ancora abbastanza… Ci dibattiamo ancora in un provincialismo spesso becero e pettegolo come agli inizi del secolo…l’altro, intendo…Comprensibile in un’Italietta giolittiana, incomprensibile oggi in un mondo che ci annovera tra le maggiori potenze industriali. Si parla spesso di degrado e su queste pagine ospitiamo frequentemente chi di questo degrado fa l’analisi. Ma quando "crescerà" l’Italia? Quando questo nostro amatissimo, unico, incomparabile Paese crescerà? Quando saremo capaci di abbandonare comparaggi, mafie d’ogni genere, quel tirare a campare, sempre quel "trovare una pezza", confidare nello "stellone" ieri, nell’uomo forte l’altro ieri, in chi sa cosa domani…Quanto vorrei che la massima pronunciata su di noi italiani non fosse più attuale …"Governare gli italiani non è difficile…è inutile". Il governo Berlusconi, ci siamo dunque, ha tentato di cambiare l’Italia. Ha iniziato a modernizzarla, ma ha trovato le sue belle resistenze. Perché è più facile vivere nel bosco, e nel sottobosco, nella palude in cui si può nascondere il favoritismo, quell’atteggiamento che provoca consenso in cambio di voti. E non parliamo solo dei piccoli favori, delle raccomandazioni, dei voti di scambio per ottenere il posto di lavoro. Berlusconi certamente non è il Messia, né l’ "uomo nuovo" delle profezie…ma l’Italia è cambiata: sono state varate delle riforme che stanno modernizzando il Paese in larghi settori, e questo è innegabile. L’opposizione nei suo confronti appare più giocata sulla persona che sui contenuti, più sul dileggio personale che sulla contestazione dei fatti, anche se - ovviamente - questa è la punta di un iceberg : quello di un modo diverso di intendere la vita. Perché questa è la realtà. A chi dice che "tanto è tutto uguale", che "non c’è differenza tra destra e sinistra", noi rispondiamo che non è vero. La scuola, la famiglia, il modo di intendere il nostro futuro, la società, lo Stato, la politica estera, il libero mercato…tutto è diverso. Siamo di fronte a due visioni antitetiche della vita. Questa è la realtà. E il processo di modernizzazione del Paese è merito anche della Destra. Quanto la Destra ha fatto per la Riforma della scuola, per la lotta alla droga, per la lotta all’immigrazione clandestina, per la difesa della famiglia, per il commercio estero, forse al pubblico che cresce a pastasciutta e televisione interessa meno dell’ultimo lifting del Cavaliere o scoprire se porta le scarpe con il rialzo oppure no, se sotto la bandana gli stanno crescendo i capelli o bisogna ancora attendere la bella stagione… Ma l’Italia sta cambiando. Come diceva Ignazio La Russa l’altro giorno in uno dei suoi tanti comizi, il fatto stesso che adesso si parli di Patria, che ne parli la maggioranza degli italiani, è già un grande successo, un grande cambiamento. Questo da solo ha fatto la differenza tra ieri e oggi. L’Italia sta cambiando e la Destra nell’interno della coalizione della Casa delle libertà ha giocato un ruolo determinante. Questi ultimi anni hanno mostrato come il vecchio non è la Destra, ma un centrosinistra sempre più tenuto in pugno da una sinistra che non ha saputo fare autocritica, non ha saputo rinnovarsi, non ha ancora chiuso i conti con la Storia.


Antonio F. Vinci

IN PRIMA PERSONA - Numero 35

 

Con questo slogan, sotto la faccia sorridente di Gianfranco Fini, inizia la campagna elettorale di Alleanza Nazionale per il 2006. Governare l’Italia del futuro, mission della Destra, si concretizza in varie versioni:l’Italia sicura; l’Italia onesta : per un’alleanza con i giovani;l’Italia serena: per un’alleanza con gli anziani;l’Italia solidale : per un’alleanza con le donne. Il tutto è racchiuso nel concetto principe: in prima persona. Gianfranco Fini si mette in gioco, così, direttamente. E mi pare che sia una mossa azzeccata. La Casa delle libertà è in difficoltà, per una serie di ragioni che è inutile qui ricordare. Sarà utile la mossa di evidenziare il nome di Berlusconi, Fini, Casini nei simboli dei rispettivi partiti? Come percepiranno gli italiani questa novità? E non parliamo dei nostri connazionali che si interessano di politica, quelli che la seguono sulla stampa o in televisione, ma di quelli che la politica, se possono, la evitano. In una competizione elettorale in cui non avremo manifesti con le facce dei candidati alla Camera e al Senato (ed è una "bella" novità alla quale non siamo abituati) i volti dei tre leader della Casa delle libertà dovrebbero offrire, con i loro slogan, dei messaggi di tranquillità, di fiducia, di sicurezza. In competizione i tre leader, non in opposizione, certo; ma Fini gioca un ruolo primario. Berlusconi è attaccato da ogni parte, a torto o a ragione; Casini, pur in probabile crescita, non sembra poter destare grandi preoccupazioni dopo l’uscita di scena di Follini e con la DC di Rotondi che gli porta via consensi. Alleanza Nazionale ha ben lavorato in questi anni; ha ministeri di prestigio e di peso, come la Sanità e le Politiche agricole, ma soprattutto il Ministero degli Esteri proprio con Fini. Il Presidente di AN si gioca tutto. Superati, almeno apparentemente, i dissidi interni al partito, Fini vuole incassare quei voti d’opinione sempre espressi e mai ottenuti; quei voti di chi lo avrebbe scelto se fosse stato il candidato premier; quelle intenzioni di voto che i sondaggi traducevano come il preferito nell’ambito della coalizione di centrodestra. Fini ha lavorato per questo da tempo. Ha creato malumori in seno al partito, per questo. Ha assunto posizioni a volte discutibili, per questo. E’ andato oltre il partito, per questo. Se si doveva andare "oltre il Polo" è Fini che lo ha fatto. Certo in modo non sempre condivisibile, ma gli "strappi" che ha compiuto hanno portato AN su posizioni nuove ( un nuovo che non è piaciuto a Fisichella, che verrà candidato - lui tra i padri fondatori di Alleanza Nazionale - nella Margherita…). Si dirà che le nuove posizioni sono sue e non del partito, ma Fini è il partito, lo si voglia o no . Chi credeva che Fini fosse ostaggio delle correnti, sostenuto un po’ da tutti e in pratica da nessuno, perché veniva visto come il collante, il "vinavil" del partito, ha dovuto ricredersi. Fini è riuscito a capovolgere questa impressione, probabilmente vera. Novello Luigi XIV, Fini può a buon diritto dire "Dopo di me il diluvio", come sentenziava appunto il Re sole. Fini sta portando Alleanza Nazionale su una nuova strada, più democratica, più europea, più moderna; ma anche più rischiosa, perché la base, la militanza non è detto che lo segua. Fini "in prima persona" anche per questo. I colonnelli (o ex colonnelli) gli hanno lasciato questa cambiale in bianco. Dopo le elezioni passeranno all’incasso. Se Fini avrà successo nulla sarà più come prima in AN; se invece il risultato dovesse essere deludente…si aprirà allora la stagione della resa dei conti.

Antonio F. Vinci

CINQUE ANNI CON NOI - Numero 34

 

Fra pochi giorni, il 22 gennaio, il Barbarossaonline compierà 5 anni! Un bel traguardo, non c’è che dire, anche alla luce di circa 16.500 accessi. La rivista è cambiata in questi anni. Si è arricchita di nuovi collaboratori, ha ampliato il proprio orizzonte di interesse, ha centrato alcuni obiettivi, come quello di essere un punto di riferimento qualificato della nuova Destra. Anche la cronaca locale sta conoscendo un’impostazione nuova, puntando a focalizzare l’attenzione volta per volta sulle questioni rilevanti di alcuni comuni, piuttosto che offrire una generica panoramica dell’ Altomilanese. Già in questo numero puntiamo l’attenzione su un singolo comune, Castellanza in provincia di Varese, con un servizio ed un’intervista sulla situazione amministrativa della città.
Barbarossaonline sta crescendo soprattutto grazie alla collaborazione di Fabrizio Bucciarelli, pungente polemista che sin dai primi numeri ha offerto la sua collaborazione; di Pierangela Bianco, apprezzata conoscitrice del mondo della scuola, occhio critico del mondo giovanile; di Claudio Antonelli, il nostro corrispondente dal Canada, che dal suo osservatorio d’oltreoceano guarda con spirito libero alle faccende interne del nostro Paese; di Carlo Montani, tenace difensore della Causa degli esuli istriani e delle altre Terre perdute dall’Italia; di Antonio Greco, vivace penna che dalla vicina Francia è la voce dell’emigrazione italiana che non si piega alla vista del declino del suo Paese; di Maurizio Turoli, firma al vetriolo che scandaglia nei meandri sconosciuti dell’economia. E tanti, tanti altri, che sarebbe lungo enumerare.
Barbarossaonline ha la pretesa di voler incarnare la Destra moderna, quella che non si lascia intrappolare da polemiche ideologiche che giocano su un nostalgismo utile solo agli avversari, ma che non rinnega neppure la sua storia; una rivista che vuole capire i fatti di oggi, per guardare avanti senza rimpianti, per essere autenticamente Destra di governo, Destra di popolo, che non svende i propri ideali per brama di potere. Per questo Barbarossaonline assume spesso posizioni non politicamente corrette, ma senza indulgere in atteggiamenti provocatori, urlati, solo per avere nuovi consensi.
Così continueremo nei prossimi numeri, sorretti dai nostri lettori, in costante aumento; molti di essi ci leggono dall’estero (basta vedere le statistiche degli accessi) e questo per noi è motivo di orgoglio.
Nei prossimi mesi ci aspetta un impegno non facile. La prossima campagna elettorale si presenta ardua : dati alla mano la sconfitta è quasi certa, bisogna avere il coraggio di ammetterlo. Ma non è ancora detta l’ultima parola. Siamo stati derisi, offesi, sbeffeggiati per cinquant’anni, ma proprio per questo abbiamo nel nostro DNA la forza di reagire, il coraggio delle nostre azioni, la caparbia tenacia di chi sa d’avere ragione : non apparteniamo al partito degli sconfitti ante litteram. Se il risultato elettorale non ci premierà, accetteremo con autocritica il responso popolare; ora dobbiamo lottare per superare le divisioni, per conseguire quel successo elettorale che ci permetta di far crescere quest’Italia, farla uscire dal gretto provincialismo culturale e politico, renderla capace di affrontare le nuove sfide. E questo lo faremo anche se ci dovesse costare la vittoria.

Antonio F. Vinci

 

E’ in distribuzione da qualche giorno l’opuscolo la Destra giusta. Coautori Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa. L’agile libretto sintetizza in poche pagine il programma di Alleanza Nazionale, quelle cose che sono da fare e che non si sono fatte, o che,iniziate, andrebbero completate. E così si va dall’identità nazionale alla lotta alla criminalità, dalla lotta alla droga a quella contro l’immigrazione clandestina, dal sostegno alla famiglia alla difesa del made in Italy, dal rapporto etica e vita alla tutela delle piccole e medie imprese, dalla lotta al terrorismo a….alla tua proposta. Già, perché proprio così termina il "decalogo": una richiesta ai lettori ( ed elettori) di formulare una decima proposta da girare ai parlamentari di AN per realizzarla.
Sarebbe facile fare dell’umorismo sulla "semplicità" del programma, ma non è il caso. Questo programma vuole essere semplice, poche idee fondamentali, proprio per attrarre l’interesse e il consenso anche di quegli italiani che non hanno votato in passato per AN e sostanzialmente fanno parte della categoria degli indecisi. Perché è proprio a loro che si indirizza l’interesse di AN. C’è chi ormai vede AN avviata inesorabilmente ad assumere i panni della nuova DC…Lo squalo di destra che si trasforma in una nuova balena bianca, capace di comprendere cittadini di diverse provenienze ideologiche , ma con un comune sentire, almeno… "Morire democristiani" non è più un timore, una jattura : per molti della destra italiana è diventata quasi una certezza.
Ad apertura del libretto si legge :
" Fare la destra: questo il nostro ruolo, aperti alla coesione bipolare, attenti al confronto con i nostri alleati, convinti nell’affrontare un percorso innovativo, che non escluda la nascita di un soggetto unitario, nell’ambito del quale la nostra identità, la nostra storia, il nostro progetto per il futuro devono essere affermati con passione e con determinazione, da protagonisti". Come tutto ciò, come essere protagonisti in un soggetto unitario, Anon è detto. Al di là delle frasi ad effetto, resta che si vorrebbe fare di anime diverse per storia, cultura, ideali, metodi, una nuova creatura. Un cerbero a più teste, in cui AN dovrebbe essere l’anima pensante… In effetti Alleanza Nazionale spera di catturare i voti in fuga da Forza Italia, spartendo il bottino con l’ UDC. E che questo possa riuscire, almeno in parte, non è peregrino pensarlo. D’altronde la politica (personale) di Fini in questi ultimi anni ( e non intendiamo ripercorrere le varie tappe che tutti ormai conosciamo) è stata orientata a questo fine. Dobbiamo dire che il Presidente di AN è riuscito nel suo intento, al di là dei risultati elettorali, anche grazie ad una sapiente politica estera che lo ha fatto apprezzare non solo in Italia ma anche, e soprattutto forse, all’estero. Il fatto è che le fughe in avanti di Fini, se hanno creato probabilmente un nuovo consenso ( lo vedremo alle elezioni) ha anche creato un diffuso dissenso all’interno del partito. Ma Fini non è un ingenuo né, tanto meno, un "badogliano", come qualcuno ha detto. Le perplessità che hanno suscitato, anche in noi, i suoi comportamenti, hanno una logica. Potrà sembrare una logica perversa, cinica, politicante, ma la politica non è fatta per le anime belle: è dura, spietata e, soprattutto, deve capire i tempi. Poi, che la base programmatica di AN sia stata scritta da Gasparri e La Russa la dice lunga sulla fine dei dissidi, delle chiacchiere da "caffetteria", sui malumori veri o presunti, sui vari mal di pancia all’interno del partito e delle correnti.
La Destra giusta.
Perché c’è una Destra che giusta non è. E non si tratta solo di quella di Alessandra Mussolini. E’ dentro il partito che bisogna guardare.
Sa un po’ di dialetto lombardo questo aggettivo,giusta; sa un po’ del linguaggio alla Boldi, per intenderci: giustooooo! Ma è l’esigenza di un voler ripensare la Destra guardando al futuro, modernizzandola, seguendo il cammino di Fini. Ed infatti nell’opuscolo viene salutato il superamento dell’ "esasperato correntAismo", nella speranza che tutto il partito possa marciare dietro Fini, superate le divisioni.
Che poi Fini possa essere catalizzatore di quei voti che non andrebbero direttamente ad AN ma alla sua persona, che sia questa l’operazione più importante, quella che farà la differenza, già s’era capito.
E la nascita di comitati per Gianfranco Fini Presidente è già una realtà ( basta consultare il sito www.finipremier.it ; ma è in costruzione anche il www.finiforpresident.it).
E’, allora, il cammino verso una nuova DC, nel senso negativo dell’espressione? Non credo, anche se è innegabile il rischio. Alleanza Nazionale deve tornare ad essere proprio quello che si era prefissato nascendo : un’alleanza nazionale. Il cammino è questo; eppure c’è chi sta abbandonando AN proprio perché deluso dal percorso fatto sino ad ora; come c’è chi abbandona il partito per i motivi opposti… Dobbiamo chiudere i conti con il passato, distinguere la storia dalla politica, guardare avanti. Il che non vuol dire svenderci. Ma questo già lo sappiamo. Ce lo andiamo dicendo da anni, da Fiuggi e…da prima.
Siamo in un momento delicato della vita politica italiana, complicato dalla situazione economica: questo non dobbiamo perderlo di vista. Il che non significa compiere operazioni politiche imprudenti, ma il dilemma tra essere cantori di un’età eroica, di quando eravamo "puri" perché eravamo una destra di opposizione e non di governo ed essere coloro che devono avere il coraggio, sì il coraggio, di affrontare le nuove sfide dell’oggi, va affrontato.
Perché ci vuole più coraggio a mettersi in discussione, a trovare nuove soluzioni, a guardare avanti senza tradire e tradirsi, che restare fermi su posizioni incartapecorite, vivendo sulla rendita di un passato che non solo non può tornare, ma che va visto come il padre del nostro futuro. E come ogni padre amato e rispettato; ma anche con la consapevolezza che ogni vero padre deve lasciare al proprio figlio la libertà di costruirsi il suo futuro.

Antonio Vinci

AN E IL MITO DI FAUST - Numero 32

 

E finalmente comprendiamo anche noi!
Non che non l’avessimo capito, ma ora anche il viceministro Adolfo Urso ci svela l’arcano dal monastero benedettino di Farfa, dove nei giorni scorsi gli stati maggiori di AN si sono radunati. Urso ha comunicato urbi et orbi il nostro futuro prossimo venturo: Berlusconi al Quirinale e Fini a Palazzo Chigi come Presidente del Consiglio. A Casini dovrebbe toccare la segreteria del partito unico. Anche Andrea Ronchi, portavoce del Partito, ha sottolineato l’innegabile importanza del cammino finiano: " Bisogna dargli atto di essersi speso al massimo, rivelandosi come il mastice della coalizione…". Aridagli! Nuovamente Fini collante, Fini mastice. Dopo essere stato l’attaccatutto delle diverse anime in AN, ora diventa il collante all’interno della Casa della libertà! Che destino! Gianni Pennacchi su Il Giornale di domenica 9 ottobre così scriveva: " Quel che è certo intanto, a prescindere da ogni valutazione oggettiva di fondatezza, è che quelli di AN stanno vivendo un momento magico, di grande euforia. E che il lanciar Fini nei cieli più alti delle speranze politiche non solo li nobilita anch’essi ma li pacifica e li riporta a unità, dopo mesi e mesi di faide e coltellate fratricide". E qui sta il punto! E’ innegabile che se queste aspettative, diciamo pure questi sogni, dovessero realizzarsi, la Destra italiana otterrebbe un successo clamoroso, come mai negli anni della repubblica. Ma come? A quale prezzo? Questo - sa Dio perché lo chiamano così - ticket tra Berlusconi e Fini porterebbe più Destra nel centro? No! Sarebbe solo l’ennesimo annacquamento della Destra italiana. Come se sino ad ora la barca di AN non avesse aperto falle da tutte le parti, o meglio come se sino ad ora il suo Presidente non si fosse speso in prese di posizioni francamente non condivise da buona parte del Partito. Dobbiamo forse ricordare gli ultimi due casi in ordine di tempo? I referendum sulla fecondazione assistita e l’ingresso della Turchia nell’UE. Ma il cammino a ritroso per ricordare scelte non condivise è lungo e, soprattutto, i nostri lettori già lo conoscono. Né possiamo sperare sempre che il buon Ignazio La Russa faccia da paciere, da pompiere, da tessitore di una tela che viene scucita in continuazione, giocando sempre sulla mancata o incompleta o travisata comunicazione da parte dei mass media. Per inciso, anche il Cavaliere accampa spesso la scusa della mancata comunicazione dei successi della Casa della libertà. Sarà pure vero, ma non è lui il re della comunicazione? Non è diventato il Comunicatore per antonomasia? Non è grazie alla sua discesa in campo che la parola "comunicazione" è oggi tra le più citate in Italia?
AN ha continuato a perdere voti in queste ultime elezioni e temiamo che ancora avverrà. C’è di più: ci sono militanti che se lo augurano, che non andranno a votare, nella speranza confessata che questa caduta possa portare ad un ripensamento della linea del Partito. Fa male sentire queste parole. Fa male sentirle anche alla Festa tricolore a Milano, dove si è toccato con mano l’imbarazzo dei militanti di fronte all’astensionismo proclamato da tanti elettori e simpatizzanti.
Certo, si potrà ricordare che questa politica ci ha portato a ricoprire incarichi istituzionali, governativi, amministrativi "che era follia sperar" un tempo, ma a quale prezzo?
Qualche assessore in più vale la caduta, la perdita, l’impallidire di valori, di ideali, di punti di riferimento propri della Destra, che ora vengono fatti sostenuti da altri, dalla Lega ad esempio, anche se nel modo folcloristico che conosciamo,? E lo stesso varrà se il nostro Presidente, che è ancora il nostro Presidente, al quale si proclama pur sempre lealtà ma non subalternità, volesse ricordarci che il prestigio di una sua Presidenza del Consiglio, di là da venire, dovrà pur costare qualche sacrificio.
Intendiamoci bene: nessuno nega la necessità storica di dar vita ad una Destra moderna. Ma questo cammino è già iniziato. E’ iniziato dieci anni fa. Quello che si sta operando, per avere maggiore visibilità e maggior potere, se volete per ottenere un consenso maggiore, è un muoversi ondivago che è a tutti presente, senza chiarezza di motivazioni nelle scelte, senza programmi precisi. Un navigare a vista che non è nelle nostre tradizioni, un voler ottenere consenso presso un mondo che non è il nostro. Un consenso che quel mondo non darà mai, avendo altri portavoce più vicini alle sue idee, da sempre. Quelle idee non sono nella nostra tradizione e ci stanno facendo perdere non solo la militanza, la base, ma anche la simpatia e il voto della parte più qualificata del nostro - nuovo - elettorato: quella che ha creato i nostri anni del consenso. Per AN si pone l’interrogativo di Faust : vendere l’anima al diavolo per il potere?

Antonio F. Vinci

Chi è Barbarossa?

L'ombra di Federico I di Hohenstaufen, il Barbarossa, appunto, si aggira tra le nostre contrade , da quando a Legnano venne sconfitto dalle truppe dei Comuni alleatisi nella Lega lombarda. L'imperatore aveva cercato di difendere le sue terre da quei Comuni che volevano la libertà, aveva cercato di tenere saldo l'Impero, ma non poteva andare contro la storia. Aveva accarezzato il lungo sogno di restaurare il... Continua >>

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