Editoriale

Editoriale - Numero 55

 

Sarà perché è Natale, o perlomeno lo è stato da pochi giorni; sarà perché il Barbarossaonline è una creatura che è viva, anche se conduce una vita stentata, con difficoltà tecniche ed organizzative, e non ci sentiamo di lasciarla ad un destino di oblio; sarà perché sentiamo il dovere morale di proseguire in questa stancante battaglia politica; sarà per tutto questo ed altro ancora che riprendiamo a scrivere sul nostro periodico. E’ passato del tempo e, come già altre volte, ci ritroviamo a riprendere il cammino interrotto, ma non sapendo da dove iniziare e soprattutto verso dove andare. Un cammino che mai come in questi anni produce cambiamenti improvvisi e radicali. Una strada che non si sa dove conduce, avendo perso molti dei punti di riferimento di una volta. Ma vogliamo continuare a scrivere sul Barbarossaonline, vogliamo continuare a cercare nuove strade, nuovi percorsi; anzi chiediamo ai nostri lettori di intervenire, di mandarci opinioni, lettere, messaggi. La nostra è una rivista di destra, che vuole essere aperta al cambiamento, al futuro, senza però stravolgere con opportunismi e tatticismi quelli che sono i nostri ideali. Da sempre. Ci fanno sorridere, infatti, quelli di destra che sentono l’esigenza di definirsi di "centro-destra", quasi a voler mitigare l’essere di destra, quasi a doversi scusare. Come d’altra parte ci feriscono e ci offendono quelli di centro che si definiscono di "centro-destra" pensando di accattivarsi anche le simpatie della destra, richiamandola come delle sirene nel proprio campo politico. Noi siamo di destra. Punto. E ne siamo orgogliosi. Non siamo né fanatici né tanto meno nostalgici. Sappiamo distinguere tra politica e storia e lasciamo a chi non ne è capace, in buona o cattiva fede, di rimanere fermi sulle loro posizioni antistoriche. La nostra destra non ha bisogno di revisioni, di adeguamenti, di conciliazioni, ma si rende anche conto che non può confinarsi in un recinto in cui resti come pure testimonianza, grande fin che si vuole ma sterile. E’ qui l’autentica difficoltà: avere la fedeltà a valori non negoziabili, ma aprirsi alle esigenze del mondo d’oggi, che è ben diverso da quello in cui nacque la destra italiana ed europea. I problemi del lavoro, della famiglia, della scuola, dell’immigrazione, delle scelte etiche, della finanza, dell’euro, non possono essere trattati come se il tempo fosse fermo, con schemi e soluzioni che potevano essere presi in considerazione (e forse non andavano bene neppure allora) anni fa. Ci vuole intelligenza, capire il nuovo ma capire anche che non sempre il nuovo è giusto e bello. Ed è allora che la Tradizione ( sì, con la "t" maiuscola) diventa un’ancora di salvezza, solida, su cui poter contare, e non una catena che ti lega ad un passato improponibile.

Antonio F. Vinci

La morte della destra - Numero 54

 

Ad elezioni terminate, ad analisi concluse, resta ora da contare, come dopo una battaglia…i morti e i feriti! Non mi soffermerò a parlare dei tre partiti e coalizioni che hanno perso vincendo o vinto perdendo…No. Questo è un giornale della destra e della situazione della destra voglio parlare. A leggere articoli (alcuni dei quali riportati nella sezione letture), sentire sfoghi di candidati delusi, percepire eloquenti silenzi… è tutto un piangersi addosso. La destra in Italia è scomparsa. Prendiamone atto. Non ce lo aspettavamo, non a questo livello. Poco serve consolarsi di altre scomparse (c’è chi ha brindato in piazza alla scomparsa politica - almeno per il momento... - di Fini); c’è chi gongola constatando la "punizione" elettorale dell’UDC, di Casini, di Di Pietro e di tanti altri politici presenti da decenni in Parlamento. Il fatto incontestabile è che la destra italiana è scomparsa. Forte la delusione di chi sperava ne "la Destra" di Storace, miseramente crollata e che non è riuscita neppure nel suo intento, che sembrava probabile se non possibile, di fargli conquistare la presidenza della Regione Lazio. D’altra parte "la Destra" non ha avuto visibilità, almeno parliamo del milanese, dove pure poteva contare su uomini e donne di un certo rilievo. Certo la macchina elettorale è costosa, ma è mancata anche la militanza, quella che si è sempre appoggiata sul volontariato degli iscritti e dei simpatizzanti. Eppure "la Destra" aveva una sua struttura a livello nazionale. Il suo programma non è stato capito o era troppo "alto". Sta di fatto che non è stato percepito dalla gente. Non è andata molto meglio alla neonata formazione di "Fratelli d’Italia". Costola dell’ex AN, ha voluto essere in pochi mesi la proposta di un nuovo centro-destra. L’unico nome di "centro" di un certo rilievo era Guido Crosetto. Che non è stato eletto. Poi in Parlamento, con una percentuale di poco inferiore al 2%, sono giunti nove deputati. Ora i "Fratelli" postano su facebook o scrivono articoli difendendo, giustamente, il massacrante lavoro fatto in pochi giorni per farsi conoscere dagli italiani, riconoscendo che probabilmente più di tanto non si poteva fare. Sin dai primi giorni di campagna elettorale hanno sostenuto d’aver lasciato la calda casa del PdL, dove avrebbero avuto la certezza di essere riconfermati, per rischiare con Fratelli d’ Italia, in nome di una riconquistata purezza. Mi sia consentito dissentire...A parte l’anomalia politica di uscire da un partito per dar vita ad un altro che contesta la casa madre ma si allea con essa…già si parlava da mesi di un’uscita della corrente ex AN, mai veramente amalgamata con coloro che provenivano da FI. La nascita, frettolosa, di "Fratelli d’Italia" è stata invece dettata solamente dal tentativo di arginare la perdita di voti di destra che sarebbero andati alla Lega o al Movimento 5 Stelle, ma anche perché Berlusconi, pressato dai suoi fedelissimi, certamente non avrebbe potuto ricandidare tutti coloro che facevano parte della ex AN. Infatti, per coloro che sono rimasti nel PdL, non si è parlato forse di "pulizia etnica"? Ma di "Fratelli d’Italia" parliamo anche in altra parte del giornale. La costellazione dei movimenti di destra, poi, è stata quanto mai frastagliata e ininfluente dal punto di vista del risultato elettorale. E per usare una definizione che ormai ha fatto scuola, i risultati sono da prefisso telefonico… Ci sono poi gli eletti (nel senso elettorale…) di destra nel PdL. Quanto peso avranno all’interno del PdL? E, soprattutto, quanto potranno influenzare, da destra, il partito di Berlusconi? Ora: che fare? "la Destra" di Storace già da prima delle elezioni ha perorato la causa della formazione di una Costituente di destra. Su questa linea si sono mossi intellettuali come Marcello Veneziani, Renato Besana ed altri. Ma c’è anche chi, giustamente, sottolinea che la nuova destra potrà nascere non da una semplice somma delle formazioni all’interno della galassia della destra italiana. Oltre tutto con grande differenze fra di loro, divise da rivalità, personalismi, vecchi attriti. Allora c’è da chiedersi prima di tutto: ma in Italia c’è ancora bisogno di destra? La bocciatura che la destra ha avuto in qualunque formazione si sia presentata, non ci fa forse pensare che ormai la destra è legata ad un passato, ad un modo di far politica che nessuno più accetta? O forse si tratta del rifiuto di questo tipo di proposta di destra? Sono interrogativi che bisogna pur porsi, prima di parlare di Costituente di destra. E non si capisce perché si dovrebbero riunire schegge di destra che già nel passato non sono riuscite ad amalgamarsi tra loro. Insomma, dobbiamo prima cercare di rispondere a questi, drammatici, quesiti. E poi rilanciare una proposta di destra.

Il Barbarossa

Rieccoci - Numero 53

 

Ancora una volta: rieccoci. Ormai, dopo i ritardi nella pubblicazione del nostro giornale, è diventata quasi un’abitudine scusarci con i lettori per il disguido. Il fatto è che ci si chiede sempre più spesso se valga la pena prendere posizione, parlare di politica, affrontare la situazione! Un attacco di scetticismo ci assale sempre più frequentemente di fronte allo spettacolo che ci circonda e in cui siamo spesso solo puri spettatori, "pupi" direbbe Pirandello... E non perché ci si voglia considerare "puri", non coinvolti perché chiusi nella nostra torre d’avorio, al riparo dell’immoralità dilagante; no, ma perché si è sempre più marginalizzati, non tenuti in considerazione, sbeffeggiati dai politici ( da qualsiasi parte provengano). Antipolitica? Sì, perché? Non vergogniamoci se ci accusano di antipolitica, anzi. Tutt’al più - e questo mi sembra doveroso oltre che corretto - dobbiamo parlare di antipartitismo, di questo partitismo. Perché la politica va perseguita, va praticata, va attuata. Se la politica è la vita quotidiana, l’esercizio del mettersi al servizio della comunità, essa è passione, volontà di essere comunità. E come tale va fatta, va insegnata, deve essere fatta amare. Invece continuiamo a parlare di antipolitica, ingenerando confusione e qualunquismo : non è la politica che va rifiutata, ma la cattiva politica. La politica di coloro che, dopo aver affossato per decenni l’Italia anche (va riconosciuto) con il nostro complice silenzio, adesso si ergono a moralisti, a salvatori della Patria. La politica di chi crede di salvare il Paese aumentando le tasse in modo indiscriminato, per coprire il buco del deficit (quanti continuano a ricordare che così si ammazza il malato? Il tutto, ovviamente, viene inascoltato). La politica di chi crede di curare la malata Italia facendola ritornare di colpo a livelli di vent’anni fa, come se la storia potesse essere cancellata. Rassomigliano questi politici a colui che rimase stupito di veder morire il proprio asino, proprio quando "finalmente" si stava abituando a non mangiare …La politica di falsi moralisti, di coloro che solo ora si scandalizzano dell’inserimento nelle liste elettorali di personaggi che poco avevano a che fare con la politica, dimenticando i loro parenti, amici e benefattori che a vario titolo hanno gratificato, inserendoli nel bosco e sottobosco politico. Come avere fiducia in una classe politica che non ha avuto il coraggio di dare un segnale a un Paese in grave difficoltà economica. E non si dica che diminuire lo stipendio di parlamentare o di consigliere regionale abbia bisogno di una prassi lunga, una legge specifica, ecc. ecc. : bastava autodiminuirsi il proprio stipendio, devolverlo alle necessità dei nuovi poveri o dei terremotati o ad un fondo per i giovani. Non si è voluto, perché ognuno pensa alla propria pagnotta. Eppure si chiedeva e si chiede un segno, solo un segno!

Ora si respira già aria di elezioni. Ora assisteremo sempre più allo stracciarsi delle vesti, ai tentativi di ripresentarsi al popolo italiano con un nuovo look. Come se bastasse cambiare nome, fare qualche nuova alleanza, qualche nuovo inciucio, inserire qualche faccia nuova. Certo, non tutti i politici sono così; certo, non tutti sono da condannare. Sarebbe ingiusto e ingeneroso. Ci sono uomini e donne dei diversi schieramenti che veramente si adoperano per il Paese. Sì, ma quanto incidono nella vita pubblica? Tempo fa si coniò il termine di peones, per definire quegli onorevoli che contavano poco o nulla. Nulla è cambiato. Si è coniato il termine di casta; è stata accettata, subita, come una definizione, una realtà che possiamo solo subire.

Che fare?

Tornare a fare politica, ognuno nel suo piccolo. Prendere coscienza della situazione; abbandonare - se è il caso - il falso dogma della fedeltà al proprio partito, se il partito ti tradisce, e cambiare. In qualche modo cambiare. I partiti sono un mezzo non il fine della politica. Se un partito, se i suoi rappresentanti a nostro avviso hanno tradito o si sono resi complici, anche passivamente, di una situazione che non sembra vedere la luce in fondo al tunnel, beh si cambia. Si cambiano i compagni di viaggio, perché noi il viaggio vogliamo farlo. Si lasciano gli ex amici, se non ci fidiamo più. Il viaggio è aspro, pericoloso, irto di difficoltà. Il viaggio è la nostra vita politica e sociale; e noi vogliamo farlo. In modo diverso, con nuovi compagni o anche da soli. Ma non ci faremo più prendere in giro da presunte fedeltà ad ideali, valori, tradizioni che quotidianamente vengono traditi proprio da chi fa appello alla nostra fedeltà. Cambieremo per continuare; non lasciamo la casa del padre per tradire il padre, né -ovviamente - per dimenticare la nostra storia, i nostri ideali.

Noi non ci lasceremo sopraffare dallo sconforto.
Per questo continueremo a fare politica. Per questo riprendiamo la pubblicazione del Barbarossaonline.

Antonio F. Vinci

Rieccoci online! C’è stato un lungo silenzio da parte nostra e i motivi sono tanti. Amici e lettori sempre più insistentemente ci hanno chiesto di riprendere la pubblicazione e, finalmente, ci siamo riusciti. Nel frattempo è successo di tutto : Berlusconi si è fatto da parte; abbiamo un governo di tecnici; siamo in recessione; stanno cambiando i costumi degli italiani; la disoccupazione giovanile è a livelli record; l’Italia è bloccata economicamente e moralmente. Siamo ad una svolta? Forse sì. Anzi, speriamo. Tanto per incominciare gli italiani credono meno ai partiti e alla politica. E ci credo! Non è un bello spettacolo quello che vediamo in giro! Si dice: si fa strada l’antipolitica. E cosa ci aspettavamo? La gente è stanca, è stufa dei propri "rappresentanti" che - pur con le doverose eccezioni - non rappresentano che se stessi e i propri interessi. Gli scandali si susseguono e anche la nostra Lombardia, il Pirellone prima di tutto, sembra essere travolto da un turbine di malaffare. Non si fa in tempo a leggere di un avviso di garanzia che si scopre un altro buco nero; si condanna qualcuno per mazzette, si celebra l’anniversario di "Mani pulite" e si scopre che è tutto come prima, peggio di prima. Senza contare lo tsunami che sta travolgendo la Lega. Certo è facile scaricare sul cittadino l’accusa di "qualunquismo", di fare di "tutta l’erba un fascio". E’ pur vero che bisogna fare i necessari distinguo, ma la gente prende sempre più consapevolezza della situazione in cui versiamo. Si fa sempre più strada il dualismo Paese reale/Paese legale. Eppure la politica va salvaguardata. I politici non sono tutti maneggioni; non pensano tutti solo al loro "particulare". Certo le tentazioni sono tante e "chi va al mulino s’ infarina", ma che ne sarebbe del nostro Paese (come di qualunque altro) se si abbandonasse la voglia di fare veramente politica? Politica oggi è sinonimo di corruzione, di privilegio, di casta. Ma non è sempre così. Saremmo ingenerosi. Dobbiamo tornare a fare politica sul serio. Dobbiamo tornare a dare un senso alla politica, a vederla per quella che dovrebbe essere e che non è :


Qui ad Atene noi facciamo così.

Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.

Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.

Qui ad Atene noi facciamo così.

La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.

Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.

E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.

Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia. Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.

Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.

Qui ad Atene noi facciamo così.


Questo il Discorso che Pericle fece agli Ateniesi. Ma eravamo nel 461 a.C.…

Antonio F. Vinci

Quali colombe - Numero 51

Quali colombe, dal disio chiamate, con l’ali alzate e ferme al dolce nido vegnon per l’aere dal voler portate … Già, proprio così : come le colombe anche i fuoriusciti dal PdL, corsi ad ingrossare le fila del nascente Fli, con un’improvvisa quanto sospetta virata rientrano al nido! Le anime descritte da Dante nel canto V dell’Inferno sono quelle dei lussuriosi, di chi peccò per troppo amore; queste anime nostrane, invece, peccano per amore di potere. Eh sì, perché nulla è intervenuto di tale portata da far cambiare idea a chi aveva abbandonato il campo della Destra per seguire colui che era stato per decenni il capo indiscusso, verso una nuova avventura! Se il governo, legittimamente eletto dal popolo, non avesse avuto la fiducia … beh sicuramente sulla strada di Damasco sarebbe rimasto solo San Paolo … Nessun ripensamento, nessuna virata, nessun ritorno indietro se il governo fosse caduto e nuove cadreghe sarebbero state distribuite. Dove sono le parole di fuoco, le reprimende nei confronti di un PdL con scarso senso della legalità? Dove le accuse di opportunismo lanciate a chi restava fedele al PdL? I nuovi Soloni, i nuovi moralisti della politica stanno tutti - o perlomeno molti - rientrando con la coda tra le gambe, al calduccio natalizio della casa del PdL . E il PdL che, come è stata sempre la Destra italiana, è un partito con la sindrome del figliol prodigo, abbraccerà tutti. Certo, chi è rimasto fedele vuole che i "reduci" rientrino con onestà di intenti, con convinta condivisione di valori e programmi, ecc. ecc. … ma in effetti … ci riprenderemo tutti! Eh sì, perché - al di là della vittoria morale che il PdL sta ottenendo - chi oserà perdere quei preziosi voti? Chi, in vista delle elezioni amministrative, proverà solo a pensare di non voler tener conto dei "fuoriusciti"? Machiavelli non è passato invano : la morale distinta dalla politica! E’ solo da vedere con che faccia i piccioni, pardon le colombe, vorranno ricandidarsi alle prossime elezioni, in quale lista vorranno entrare. Perché potrebbe anche accadere che quelli che sono rimasti nel PdL, gli ex AN che si sono sentiti dare dei "democristiani" nel migliore dei casi o dei mafiosi … solo per restare fedeli ai propri ideali, agli elettori e al programma elettorale, proprio quei soldatini giapponesi fedeli alla consegna, beh potrebbero proprio loro abbandonare, questa volta. Certo non farebbero un grande clamore, ma salverebbero la dignità. Loro, sì.


Antonio F. Vinci

Addio Fini - Numero 50

SOMMARIO DELLA SEZIONE:

  • ADDIO FINI
  • LA TERZA GAMBA


    ADDIO FINI

    Quanto mi rincresce scrivere queste righe! Non avrei proprio voluto farlo. Inutilmente ho atteso in questi mesi un cambiamento di rotta; inutilmente ho sperato che gli altri si fossero ingannati; inutilmente mi sono illuso. Colui che da queste pagine abbiamo sostenuto e difeso in tutti questi mesi ha voluto fare il "grande passo", svelando le sue vere intenzioni: Fini fonda un suo partito. E lo fonda dopo che ci aveva convinto, noi tutti che venivamo da AN (e molti come me dal vecchio MSI) a passare nel nuovo contenitore, nel PdL. Molti di noi si erano espressi per essere solo "federati" con Forza Italia, per restare con le mani libere ed essere solo leali alleati, come la Lega. Invece bisognava passare nel PdL armi e bagagli, valori e gagliardetti, insieme a coloro che guardavamo - perchè non dirlo - spesso con la puzza sotto il naso… Alla fine ci siamo convinti un po’ tutti, per amore o per forza. Una fusione a freddo - si diceva - ma forse no…Avremmo potuto far valere in una compagine più ampia i nostri valori, i nostri ideali - si diceva - ma forse no… Diversamente saremmo spariti - si diceva - ma forse no… Così siamo entrati nel PdL, siamo diventati un grande partito liberal-conservatore-cattolico-moderato-dicentrodestra e chi più ne ha più ne metta! Siamo entrati con il timore di essere risucchiati, di perdere la nostra identità, ma convinti che valesse la pena tentare di far nascere un grande partito conservatore, liberale, moderato. La scommessa è in buona parte riuscita, al di là dei mal di pancia, delle incomprensioni (ma non lo sapevamo già dall’ inizio?). La Destra ha rivestito incarichi che mai avrebbe sperato (sindaco di Roma, diversi ministeri, compreso l’importantissimo Ministero della Difesa, la Presidenza della Camera…). E non si tratta solo d’immagine, perchè la Destra ha inciso profondamente nella determinazione dei nuovi scenari politici. E Fini? Per noi rappresentava la coscienza critica della Destra. Una Destra moderna, democratica, europea. Questo credevamo che fosse il suo disegno. Lo abbiamo sempre creduto, anche quando faceva affermazioni non sempre condivisibili, talvolta estemporanee, criticabili. Ma gli credevamo. E lo abbiamo sempre sostenuto; lo testimoniano gli articoli apparsi nel tempo sul Barbarossaonline. Una coscienza critica, sì. Ma all’ interno del PdL. Fuori, e in competizione, con il partito di cui è stato cofondatore, non lo seguiamo più. Timori di una deriva autoritaria? Timori di cesarismo? Non è che in AN si respirasse questa grande aria di libertà, di Congressi, di discussioni…e pare che anche Futuro e libertà si stia incamminando sulla stessa strada… gli stava "stretta" la Presidenza della Camera? E’ pur sempre la terza carica dello Stato… e poi... chi lo aveva costretto ad assumerla? Fini avrebbe potuto restare nel partito e guidarlo direttamente, se lo avesse voluto. Forse che Berlusconi non lo aveva già riconosciuto in qualche occasione come il suo delfino? No, caro Fini. Ti abbiamo seguito per anni, dal tempo del MSI, ora non più. Ora sei seguito (lo vediamo specialmente in provincia, nel tanto "amato" e sempre "lodato" territorio) da chi è rimasto deluso dal PdL (leggi: deluso dalla mancanza di qualche poltrona); da chi segue chi gli ha dato a suo tempo la cadrega; da chi spera di riciclarsi, correndo tra i primi sul nuovo carro… Noi restiamo nel PdL, anche se non tutto ci convince, e sempre; restiamo nel PdL, anche e proprio perchè lo vogliamo diverso; restiamo nel PdL perchè crediamo - al di là dei suoi guai giudiziari - che Berlusconi resta un vero leader. E sai perchè ? Perchè anche se si comporta con gli altri capi di governo come i nostri alunni in gita scolastica… anche se fa le corna quando si mette in posa per una fotografia ufficiale… anche se canterà qualche canzone napoletana rinverdendo il mito di spaghetti e mandolino… è molto più credibile dei tanti che si prendono troppo sul serio, tronfi uomini politici pieni di sé, lontani dal popolo.

    Antonio F. Vinci


    La "terza gamba"

    Gran parlare in questi mesi di Fini, finiani, Futuro e libertà, e…terza gamba. "Terza gamba" del centrodestra! A parte che avrei preferito un’altra espressione: "terza componente", "terza forza" (Terza posizione" certamente no…per richiami fin troppo facili… all’ organizzazione neofascista della fine degli anni Settanta), ma "terza gamba" proprio no. Mi ricorda le barzellette sconce, doppi sensi "da caserma", come si diceva una volta… No, cominciamo proprio male, cari ex camerati… se dobbiamo far riferimento alla… terza gamba per far nascere un nuovo movimento politico! E poi terza gamba de che! Facile uscire dal PdL e poi proclamarsi "terza gamba": una stampella, un aiuto alla maggioranza da parte di chi quella maggioranza la sta indebolendo. Bisognava pensarci prima. Fini doveva ascoltare (ma qualche volta ascolta i suoi?) chi gli consigliava di federarsi con F.I. e non di sciogliersi in una marmellata comune, in una fusione a freddo. Se il berlusconismo gli stava stretto, doveva pensarci prima. Non è che tutti siano convinti di dover seguire sempre e comunque le giravolte del capo! Il berlusconismo si può, si deve, correggerlo; il PdL non sta bene a molti, anche ex F.I.; ma si lavora insieme, lealmente, nella Casa comune del centrodestra. Questo chiamarsi fuori, queste adesioni di ex aennini sanno troppo di nuovo posizionamento, di ricerca di vendette personali, di scontenti, di caccia di nuove poltrone. Basta guardare i movimenti nelle diverse provincie... Certo, c’è anche chi in buona fede vuole cambiare la gestione della politica per il bene comune (non diciamo per il bene del Paese, sa troppo di retorica…), ma di "uscite" finiane ne abbiamo viste anche troppe in questi anni, con i risultati che conosciamo… Nelle elezioni amministrative i "futuristi" (Marinetti si starà rivoltando nella tomba, lui che è rimasto fedele sino alla fine dei suoi giorni ai suoi ideali…) giocheranno al rialzo: appoggeranno il PdL in cambio di… quanti assessori? Quanti CdA? Sempre per il bene del Paese, naturalmente; per segnare la nuova svolta, quella della "terza gamba".

    Barbarossa

 

Fino a qualche tempo fa, più o meno sino al tempo della malattia che lo colse così improvvisamente, era Umberto Bossi che ci rallegrava quotidianamente. Ogni giorno, infatti, e questo per molti anni, si apriva il giornale per leggere l’ultima del capo della Lega: una volta era la minaccia della secessione con toni più violenti del solito, poi un nuovo epiteto nei confronti di Berlusconi (ricordate Berluskaz o quando gli dava del mafioso?) e se non era Bossi era sempre qualcun altro della Lega, con manifestazioni più o meno folcloristiche. Ora la Lega appare in TV con rappresentanti tutti a modino, con doppiopetto e dizione quasi perfetta; solo il fazzoletto verde occhieggia, sempre più piccolo, dal taschino o appare qualche residua cravatta in ricordo del tempo che fu. Ora è Fini che ci dà la sveglia la mattina, più di un caffè doppio. Le esternazioni di Fini sono quasi quotidiane infatti e se per caso ti azzardi a dire in giroche "beh, tutto sommato, a parte qualche esagerazione, potrebbe aver ragione", ti guardano come se fossi un marziano e ti danno del "finiano" con lo stesso disprezzo con il quale una volta ti davano del "fascista"! Il bello è che te lo dicono proprio e soprattutto quelli che fino a ieri guardavano all’algido personaggio come ad una stella polare. Credo che in quest’anno ben pochi siano stati gli editoriali del Barbarossaonline in cui non ci siamo occupati di Fini. Certo l’ex capo dell’ex AN non ha bisogno di noi per difendersi dalle accuse, ma l’insistenza con la quale ci occupiamo di lui è sorretta dalla volontà di capirlo. Ma si può democraticamente negare il diritto di voto a chi sul nostro territorio lavora, paga le tasse, apre attività commerciali che spesso danno lavoro anche ad italiani? Insegnare il Corano nelle scuole (quando non si insegna più il Vangelo…) può sembrare a dir poco una bizzarria, ma si toglierebbe l’arbitrio interpretativo di imam non controllabili. Questa la spiegazione, non certo un Fini con tendenze filoislamiche. Ma se si fanno queste affermazioni, certo da vagliare e stabilire in un quadro normativo, si diventa di "sinistra". E Fini diventa un "badogliano", quando si tratta, tutto sommato, di realismo, di buon senso. Ci sono delle considerazioni " fuori onda"? Ed ecco che si scatena il putiferio. Ma cosa ha detto Fini? Quello che già altre volte aveva sostenuto. Ma perché non si teme forse una deriva cesarista nel governo? Non è necessario verificare le accuse lanciate dai pentiti? Certo Fini Cesare l’ha fatto quando era presidente di AN…, non ha tutte le carte in regola per fare la morale a Berlusconi, ma il fatto che abbia sbagliato nel passato non significa che non possa avere ragione oggi! I più scafati in politica vedono in questo atteggiamento di Fini, che contiene molti altri risvolti di cui qui non parliamo ma ben noti al grande pubblico, il tentativo di presentarsi come delfino di Berlusconi. Mi sembra improbabile a questo punto. Anzi, mi sembra chiaro che Fini si sia ormai preclusa da solo ogni possibilità con questo atteggiamento. Mira a fare il nuovo Presidente della Repubblica? E chi lo vota? Non certo il centrodestra, ma neppure la sinistra che - a detta di coloro che si sentono traditi - sembrerebbe così vicina a lui. Fini "potrebbe" essere votato dalla sinistra solo se la sua "rivoluzione" avesse un grande seguito. Ma non pare che sia così… Il fatto è che gli atteggiamenti di Fini preoccupano gli ex aennini. Fini ci fa perdere voti a vantaggio della Lega. Questa è la considerazione che viene fatta. Ed allora? Allora ci si arrocca in un atteggiamento di Destra…che è ormai fuori della storia. Ma senza neppure la capacità in concreto di essere Destra militante, come una volta. La Lega distribuisce i crocefissi nei mercati rionali, in polemica con la nota sentenza di Strasburgo? Gli ex aennini guardano sbalorditi la militanza dei leghisti, quella che una volta era appannaggio della Destra. Ci sono i campi nomadi? Ci sono le violenze (anche) degli immigrati? La Lega alza la voce; la Destra sta a guardare e ad invidiare le iniziative leghiste. Fini ha avuto un cambiamento repentino (neppure troppo, però, considerato che da qualche anno c’erano state le avvisaglie) e guarda, come al solito, più avanti del suo popolo, o di quello che è stato il suo popolo…. Fini guarda ad una nuova Destra, com’è in Europa. Guardare al futuro, guardare avanti non significa rinunciare alle proprie idee, ai propri ideali, ai propri valori, anzi; significa, però, declinarli in una realtà che è nuova perché è la storia che si fa. Essere di Destra oggi significa capire che il mondo è cambiato e che lo si affronta non più con gli schemi e le categorie del passato, ma con gli ideali di sempre letti ed interpretati in una società nuova e in perenne evoluzione. Un mondo che ci può non piacere ma che va prima di tutto capito e non condannato aprioristicamente. Essere di Destra in questo modo significa non solo superare, storicizzandolo, il passato (come sempre si dice ma non si fa…), ma costruire un futuro in cui l’altro non è necessariamente un nemico, per esempio. Essere di Destra significa capire l’attualità e dare risposte ai nuovi problemi : dall’istruzione scolastica alla giustizia, dalla comunicazione alla struttura stessa della società. Il che non vuol dire dimenticare le proprie origini, le proprie tradizioni, i propri valori, lo ripetiamo sino alla nausea, ma anzi verificare la nostra identità nel confronto quotidiano con le nuove realtà. Che ci sono anche se fingiamo di non vederle.

Antonio F. Vinci

Giovinezza, giovinezza - Numero 48

L’ultima tornata elettorale, specialmente per i nuovi deputati al Parlamento europeo, si è chiusa all’insegna dell’incitamento "giovinezza, giovinezza"! Non ve ne eravate accorti? Certo che sì. La polemica sulle veline, vere o presunte tali, ha tenuto banco in Italia più che i veri problemi da affrontare in Europa. Per fortuna oltre all’inossidabile (immarcescibile era qualcun altro…) Silvio Berlusconi quasi settantreenne, è entrato nel Parlamento europeo anche l’intramontabile Ciriaco De Mita, 81 anni. Ma è stato in linea di massima il tripudio della giovinezza, di chi era adolescente sino a pochi anni fa, di chi è, comunque, sui 30 anni. Certo che bisogna saper vedere, saper fare le differenze. E certo che c’è differenza tra un Carlo Fidanza, 32 anni, una lunga militanza in AN, Vice Presidente nazionale di Azione Giovani, Vice Presidente Vicario del Gruppo Il Popolo della Libertà al Comune di Milano, un curriculum politico lunghissimo e di tutto rispetto, e la "carriera" di Lara Comi o di Barbara Matera, ad esempio. Tutti europarlamentari.

Partiamo dall’ on. Matera: 130.000 preferenze, la candidata più votata nella circoscrizione Italia meridionale, seconda solo a Berlusconi! Solo 28 anni.
E Lara Comi? 63.158 voti e 26 anni.
Licia Ronzulli, 34 anni e 39.772 voti.
Belle, simpatiche, laureate. E’ tutto.
Cristiana Muscardini, 61 anni, una vita in politica, una vera leonessa della politica italiana, 25.914 voti , non eletta; se passerà lo sarà grazie alla rinuncia di Berlusconi e di Ignazio La Russa. D’accordo con il "largo ai giovani", ma l’alto numero di preferenze ottenute dalle giovani onorevoli fanno pensare più a forti sponsorizzazioni che a meriti acquisiti. Non foss’altro che per motivi anagrafici. Si dirà che è ora di svecchiare, di ringiovanire la nostra rappresentanza. Giusto, ma il timore è che questa sia una sapiente operazione di marketing elettorale, una riverniciata che non servirà a nulla, o a poco, mentre abbiamo bisogno di mandare in Europa persone consapevoli, d’esperienza, capaci di fronteggiare ad armi pari gli agguerriti deputati degli altri Paesi. Dimentichiamo che lì, al Parlamento europeo, si gioca sempre di più il futuro del nostro Paese, come quello degli altri. Prima si diceva che il Parlamento europeo era "il cimitero degli elefanti"; d’ora in avanti che si dirà?
Nulla da dire sulle capacità dei giovani onorevoli, ma sono quasi tutte da scoprire. Anche lo stesso Berlusconi, nel pieno della polemica a proposito dei giovani inseriti nelle liste, dichiarava che "sono tutte laureate". E allora? Mi sembra di rivedere una scena già vista. Ricordate negli anni passati, quando si parlava di "giudici ragazzini"? La giovane età di alcuni magistrati sollevò forti perplessità, tenuto conto della delicatezza degli incarichi che andavano a ricoprire. Ci furono inchieste difficili, affrontate dai giudici con impegno e determinazione, ma talvolta con un decisionismo tale da suscitare notevoli reazioni. Ora la politica italiana sembra attraversata da un giovanilismo che, pur in una prospettiva positiva, rischia di essere troppo "controllata" da chi è meno giovane e ha più potere. Detto "fuori dai denti" : quale e quanta autonomia avranno in Europa certi giovani eletti? L’assenteismo è stato uno degli aspetti più salienti di questa campagna elettorale. E ci si chiede ancora perhé? Il cittadino vede iscritte nelle liste persone che non ha mai conosciuto; candidati che vengono messi in lista dalle segreterie di partito (come è ovvio), ma spesso disancorati dal territorio.E ciò vale anche per le elezioni provinciali come per le politiche, dove non c’è la scelta dettata dalla preferenza.E perché il cittadino dovrebbe appassionarsi a questo civico gioco che si chiama politica? Si parla sempre più di "casta". E’ forse un’esagerazione? C’ è un timore, un grande timore dietro tutto ciò: che anche gli italiani partecipino sempre meno a quello che Mussolini chiamava i "ludi cartacei". E con quale pericolo per la democrazia è facile prevedere.

Antonio F. Vinci

Chi è Barbarossa?

L'ombra di Federico I di Hohenstaufen, il Barbarossa, appunto, si aggira tra le nostre contrade , da quando a Legnano venne sconfitto dalle truppe dei Comuni alleatisi nella Lega lombarda. L'imperatore aveva cercato di difendere le sue terre da quei Comuni che volevano la libertà, aveva cercato di tenere saldo l'Impero, ma non poteva andare contro la storia. Aveva accarezzato il lungo sogno di restaurare il... Continua >>

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