Editoriale

 

Un numero speciale del Barbarossa dedicato ai giovani. Di questo si tratta. Un’uscita editoriale che parli del mondo giovanile di Destra: dalla politica alle Comunità, alle attività sociali, alla musica. E del Congresso di AG alle porte.

L’aspetto organizzativo, nonchè l’idea dell’iniziativa, è stato curato da Vito Andrea Vinci, conosciuto online come Vav, che è pure il webmaster del Barbarossaonline.

Chi, come me, non è più giovane anagraficamente anche se si sente tale di spirito ( e questo è un segno dell’incipiente vecchiaia...) guarda con grande attenzione ai giovani. E non potrebbe essere diversamente, considerato che sono la nostra ovvia e naturale prosecuzione. Ma chi, come me, vive quotidianamente tra i giovani, come docente in classe, non può anche che constatare quanto i giovani siano cambiati da quando giovani eravamo noi. Correvano gli anni del ’68, "mitici" direbbe qualcuno, "formidabili" direbbe qualcun altro, "tragici" per altri. Ma chi , tra i miei giovani allievi di oggi, sa cosa furono quegli anni? Senza cadere nella retorica del "come eravamo" o gridare al "O tempora o mores", resta che oggi c’è un sostanziale disinteresse, un’apatia nei confronti della vita politica, della vita sociale, di quelli che chiamiamo valori, ideali, passioni. Non che i giovani di oggi ne siano del tutto privi, ma - con dei bravi maestri come siamo stati noi... - regna la superficialità se non l’indifferenza, l’attenzione all’aspetto sociale solo quando diventa di moda grazie ai mass media, piuttosto che il ragionamento critico. Non ho certo nostalgia dell’assemblearismo degli anni Settanta, delle occupazioni quotidiane, degli espropri proletari o, peggio, delle botte, degli assalti, delle morti di quegli anni! Ma erano tempi in cui almeno si credeva, spesso in modo sbagliato, di voler cambiare il mondo, da una parte e dall’altra. Oggi al massimo - discorso generico, certo - si discute se cambiare programmi televisivi con il telecomando.

Ai giovani di AG chiedo di guardare a questi giovani, cresciuti a nutella e puffi, ai loro coetanei tutto sommato, per risvegliarli da questo torpore da decerebrati. C’era una volta la "Giovane Italia"...la ricordate? In tutte le scuole o quasi. Certo, i tempi sono cambiati, ma non arrendiamoci di fronte allo squallore imperante.

Un recentissimo sondaggio del Corriere della sera ha evidenziato che il 45,2% dei giovani tra i 18 e 22 anni non sa per chi e se votare alle prossime elezioni europee. Una bella percentuale. Forse una volta era comprensibile avere numeri di questo genere ma oggi, con la facilità di accesso alle informazioni, no; sono segno che la recessione non è solo economica, ma dei cervelli.

Al Congresso di AG mi aspetto che si parli anche di questo, non solo di correnti. Al Congresso di AG mi aspetto che ci si ponga il problema di una vera rivoluzione culturale, che aggredisca la sonnolenza dei giovani di oggi e li risvegli. Al Congresso di AG mi aspetto dei giovani che non scimmiottino i "grandi" nei giochi politici , nel fare correnti, nel tessere trame, ma che, forti del loro giovanile entusiasmo, magari un po’ ingenuo, guardino avanti. Perchè se è vero che "il futuro vi appartiene", non aspettate che ve lo diano. Prendetelo.

Antonio F. Vinci

ORA TOCCA ALL’ITALIA - Numero 22

 

I risultati definitivi delle elezioni spagnole hanno decretato il successo, clamoroso quanto imprevisto, del Partito socialista spagnolo, il PSOE e, soprattutto, di Jose’ Luis Rodriguez Zapatero, poco più che quarantenne suo leader. La sconfitta di Aznar, o meglio del suo delfino, è cocente e viene dopo un periodo in cui la Spagna si è guadagnata la stima di tutta l’Europa per il cammino di modernizzazione che è riuscita a compiere. Eppure l’emotività dei tragici attentati dell’altro giorno ha capovolto ogni previsione; le accuse di aver taciuto la verità o di aver sottolineato per troppo tempo la responsabilità presunta dell’ETA ha giocato a sfavore del Partito popolare. Ma qual è ora il risultato? E’ La vittoria di Al Qaeda, di quanto Bin Laden vuole: il ritiro delle truppe spagnole dall’Iraq. Ed infatti è quanto ha immediatamente dichiarato Zapatero subito dopo la vittoria : il rientro dei 1300 soldati spagnoli se non ci saranno novità entro il 30 giugno. E a poco vale che abbia aggiunto che le decisioni saranno prese "dopo ampie consultazioni in Parlamento". Una vittoria quella del PSOE, ma che potrebbe rivelarsi una vittoria di Pirro che, ovviamente, ha fatto esultare la sinistra italiana.
Facciamo qualche considerazione.
Al di là dei pacifisti in servizio permanente effettivo, credo che non tutti eravamo profondamente convinti dell’opportunità di partecipare alla guerra in Iraq. Ma noi italiani abbiamo la taccia di attendisti, di temporeggiatori (non voglio dire di opportunisti, o, peggio, traditori, da sempre…) e la fedeltà agli alleati va mostrata nei momenti difficili, non quando ci conviene. La pace la vogliamo tutti, ma quando il rischio di una catastrofe bellica di proporzioni inimmaginabili si fa presente, bisogna correre ai ripari, anche a quelli più tragici. E l’Iraq di Saddam Hussein questo pericolo lo mostrava a chiare note. Ora si scopre che le armi di distruzione di massa non si trovano, che forse non ci sono mai state o sono state ben nascoste… Al di là di qualche legittima riserva sull’efficienza statunitense in merito…va comunque detto che il pericolo Saddam non era un’invenzione. Noi ora siamo in mezzo al guado. Che fare? Gli spagnoli rimproveravano il loro governo per l’intervento ed ora, ad attentati effettuati, le interviste rilasciate alla televisione dalla gente comune erano quasi tutte improntate ad un " ce lo siamo cercati", "ecco le conseguenze".Un po’ come un certo cinismo nei confronti degli americani, anche in casa nostra, al tempo dell’attentato alle Torri gemelle…Lo ricordate? Ora tocca all’Italia, da sempre nel mirino dei terroristi. L’ articolo pubblicato sul Giornale del 14 marzo, in allegato, la dice lunga in merito. Dio non voglia che anche l’Italia, dove di attentati di ogni matrice dalla fine della seconda guerra mondiale ne abbiamo avuto in profusione, debba subire una sorte simile. In Italia è anche più facile…Ma anche se non dovesse succedere nulla di catastrofico, gli italiani alle elezioni europee voteranno per chi è contro la guerra, questa guerra, all’insegna del "tengo famiglia", del "chi ce lo fa fare". Tanto poi c’è l’America che ci protegge. E se in futuro non dovesse essere più così…

Antonio F. Vinci



Articolo pubblicato sul Giornale del 14 marzo

La vera svolta di AN - Numero 21

 

Che la relazione di Gianfranco Fini, all’Assemblea nazionale dell’11 gennaio, non volesse essere il momento in cui rispondere alle polemiche sollevate dopo il viaggio in Israele, è apparso subito. Dopo pochissime battute Fini ha tagliato ogni indugio, ha fugato ogni dubbio :

" Oggi non siamo chiamati a discutere soprattutto di noi stessi, del nostro passato e della nostra attuale identità. Abbiamo un ordine del giorno assai più oneroso : indicare a tutta la società italiana le linee che la Destra intende porre al centro dell’azione di Governo nella seconda parte della legislatura, da oggi fino alle elezioni generali del 2006".

Come dire : poche storie, basta con l’ideologia, guardiamo in faccia la realtà e lavoriamo per l’oggi e il domani, non per il passato. E che ciò che premeva più a Fini fosse l’ottenuto riconoscimento nazionale ed internazionale risultava immediatamente chiaro, già dopo poche parole:

"La nostra piena legittimazione interna e internazionale è un successo che credo sia giusto dedicare a Pinuccio Tatarella..."

Fini, insomma, ha voluto guardare più a quanto AN ha fatto di destra nell’attuale governo che portare la discussione sul "male assoluto". Per questo ha ricordato che, per quanto riguarda immigrazione, scuola e droga, "i valori di AN si sono tradotti in precisi provvedimenti legislativi". Ci penserà poi Mirko Tremaglia ad entrare nel vivo della questione, ricordando come AN sia il completamento della storia del MSI e non la sua negazione. Tremaglia ha poi chiesto di proclamare la giornata nazionale in ricordo delle foibe, di ricordare all’altare della patria le medaglie d’oro Salvo D’Acquisto e Carlo Borsani; di riconoscere per legge lo status di combattenti per i militari della RSI. E se Franco Servello e Teodoro Buontempo evidenziavano i toni sfumati e la volontà di minimizzare il disagio interno al partito, Ignazio La Russa meglio di altri ha colto la situazione:

" Ma dobbiamo chiederci perché il nostro consenso elettorale non è mai andato oltre il dato di nascita di AN. A lungo una fascia di elettorato potenziale si è fermata sulla soglia di casa nostra, indecisa se bussare o meno, decidendo all’ultimo minuto di ripassare più tardi: Noi oggi possiamo sperare che quell’elettorato entri perché è ormai chiaro a tutti che a Fiuggi abbiamo fatto sul serio. Ma la condizione è essere intelligenti, fare una scelta di qualità nelle liste con cui presentarsi agli elettori e non perdere la nostra identità".

Insomma : la vera svolta non è stato né il viaggio di Fini in Israele né i suoi veri o presunti giudizi sulla "Buonanima". AN ha imboccato decisamente, almeno secondo le parole del suo presidente nazionale, la via della concretezza, dei fatti e non delle parole, anche se l’abilissimo La Russa, nelle parole appena ricordate, vira all’ultimo momento in direzione della difesa della propria identità. Un bisogno di pragmatismo che mette fine alle elucubrazioni mentali, agli appelli ideali, alla memoria storica, per guardare al quotidiano, ai programmi, ai voti. Al posto di "Dio, Patria, Famiglia" "Immigrazione, Scuola e Droga", i valori di AN tradotti in provvedimenti legislativi. Va da sé che Fini è personaggio troppo intelligente per imputargli di dimenticare valori, ideali, percorsi del passato per fissare l’attenzione solo al presente; va da sé che Fini non è né un "badogliano", come qualcuno dice…,né un opportunista in cerca solo di maggiore visibilità e potere. Bisogna riconoscergli il coraggio di voler portare AN nel terzo millennio dove, al di là della retorica insita nella frase, vuol dire fare di AN un partito moderno e non più solo un circolo di nostalgici, un partito che si misura sulle cose e che non resta mummificato nel ricordo e nella difesa di ideali e valori di un tempo, rispettabili e condivisibili fin che si vuole. E su questo, diciamolo pure, credo che tutti siamo d’accordo; d’altra parte - e non facciamo gli ipocriti - è il cammino già iniziato a Fiuggi. E chi lì non era d’accordo non è entrato nel nuovo soggetto politico che si andava costituendo. Il timore è, invece, che si passi dal considerare quei valori e quegli ideali ormai metabolizzati e che costituiscono - pur nella loro lettura storica - il nostro DNA all’acquisizione di nuovi valori, di nuovi ideali che nulla hanno a che spartire con la nostra tradizione. E questo timore è reale. Il pericolo dell’annaccquamento, che significa fare operazioni di facciata, proporre candidature accattivanti, assumere atteggiamenti e fare scelte che obbediscono al trend contemporaneo, apportare lifting improponibili ma utili solo ad aumentare i voti…questo pericolo è reale. Si avverte sempre più il pericolo di una berlusconizzazione, quasi in vista di una possibile, ma improbabile, sostituzione. Se questo dovesse avvenire non sarebbe solo la perdita della propria identità. Sarebbe uno scadere nel ridicolo.

Antonio F. Vinci

I fini di Fini - Numero 20

SOMMARIO DELLA SEZIONE:

  • I FINI DI FINI
  • FINI HA RAGIONE O TORTO?


    I FINI DI FINI

    Ormai si è detto (e si continua a dire) di tutto. Dopo il viaggio di Fini in Israele abbiamo assistito allo psicodramma di un partito, AN, andato in scena su tutti i giornali, su tutte le televisioni, su tutti i mass media. Proviamo a ricapitolare.

    a) Le dichiarazioni di Fini sul fascismo e sulla Repubblica sociale di Salò hanno suscitato un vespaio all’interno del partito come da tempo non si vedeva.

    Perché?

    Nessuno ha dichiarato di non essere d’accordo con Fini a proposito della condanna:
    • dell’antisemitismo,
    • della bestialità perpetrata contro il popolo degli ebrei culminata nell’Olocausto,
    • delle leggi razziali.
    Lo "scandalo" è stato sollevato per la genericità della condanna del presidente di AN, almeno come è stata riportata dalla stampa, che ha definito il fascismo il "male assoluto" e la RSI "una vergogna". Il riferimento era solo alla questione antisemita, alle discriminazioni razziali, all’Olocausto presenti in quei momenti storici o a tutto il fascismo e a tutta la RSI? Interpretazioni filologiche e ricostruzioni del discorso si sono così avvicendate. Va da sé che un chiarimento deve avvenire. E Fini annuncia una lettera chiarificatrice a tutti gli iscritti di An.
    Mentre scriviamo si viene a chiarire sempre più il quadro : né secessioni né congressi straordinari, ma solo l’Assemblea del partito. I giornali ( vedi Libero e il Giornale del 29 novembre) si affannano a mostrare e dimostrare che il partito è tutto con Fini e subitanee indagini demoscopiche parlano già di incremento dell’1,5 per cento dei voti.

    b) La vera questione è: perché?

    Perché Fini, kippà sulla testa, si è lanciato in queste affermazioni? Prima il voto agli immigrati, poi il giusto riconoscimento delle colpe del fascismo, ma con qualcosa in più, con un tono e una genericità nella condanna che non poteva non colpire i sentimenti di molti iscritti al partito.

    Ora: è chiaro che Fini non è uno sprovveduto; è altrettanto chiaro che Fini non lo si può considerare - come dicono alcuni, forse molti - un traditore, ma certamente è il capo di un partito e che molto poco democraticamente ha fatto affermazioni, consapevolmente dure, per suscitare le ovvie reazioni, senza consultare la base. D’altra parte : vi immaginate un Fini che convoca prima un’assemblea del partito per poter dichiarare che il fascismo è il male assoluto? O che, comunque, Mussolini non è più per lui il grande statista che diceva? E’ evidente che Fini si aspettava queste reazioni, anzi forse le desiderava…Che bello poter perdere i duri e puri… : che si facciano la loro Rifondazione di destra se vogliono…; il partito, epurato già di Rauti, perde gli ultimi nostalgici…Potrà finalmente diventare un vero partito di destra, democratico, europeista, guida della coalizione di centro-destra, ed entrare a vele spiegate nel PPE. E di che ci scandalizziamo? Non si vuole sempre più un partito di governo, che - fra l’altro - distribuisca cariche e prebende? Credo proprio che Fini pensi al partito, sul serio, non certo ad interessi e successi personali, ancorchè legittimi. L’Italia non ha mai avuto un vero partito di destra nella sua storia. Ci riuscirà Fini? L’eredità di Berlusconi è lì che attende di essere incassata : non si vede un delfino o possibili successori del Cavaliere in FI . E Fini, che ha una buona immagine nel Paese, si sta preparando, ma prepara anche tutto il partito ad incassare quei voti. E diciamola tutta : i forzisti non hanno poi questa grande identità che li potrebbe trattenere più di tanto nel loro movimento (non partito, ricordiamocelo). Dopo Berlusconi salteranno sul carro nuovo. O qualcuno crede che si stringeranno sotto le bandiere di Forza Italia attorno ai Pisanu, ai Bondi,ai Frattini o - faccio fatica a trovare nomi di grande carisma - qualche altro personaggio ? Per questa ragione, e per tante altre, nessuno se ne andrà da Alleanza Nazionale. Perché, pur augurando lunga vita a Berlusconi, il Cavaliere non rimarrà in eterno a Palazzo Chigi ( e se andasse al Quirinale ?) . Sono scenari che non sveliamo certo noi oggi, ma che faremmo bene a non dimenticare. E i timori, in Forza Italia, si fanno già sentire; basterebbe ricordare quanto detto da Paolo Romani:"E’ chiaro che Fini fa tutto questo per accreditarsi come leader moderato e per fare concorrenza a FI". L’ombra del partito unico si allunga sempre di più sullo scenario della vita politica italiana e un’AN edulcorata, purificata, emendata del suo passato, con un capo carismatico quanto, e più, di Berlusconi, senza i suoi problemi con la giustizia, figlio di un percorso di espiazione, gradito ad un’alta percentuale di italiani, giovane, potrebbe essere la valida ala di destra, un’ala che prenderebbe sempre più corpo. E vogliamo dimenticare le grandi manovre di avvicinamento, di concordia, di intesa cordiale con l’UDC? Se ne parla ogni giorno, ormai. Che ci crediamo o no, il nuovo partito unico di centrodestra sta nascendo. E Fini sta studiando da capo.

    c) A quale prezzo?

    Lo abbiamo già detto : al prezzo dell’uscita di qualcuno, pochi tutto sommato. Qualche diverbio, qualche litigio, qualche schiaffo, sono in preventivo. Accuse, tante. Offese, tante. Poi tutto ritornerà come prima. C’è chi si è divertito ad enumerare le giravolte di Fini negli anni passati; c’è chi ricorda il momento dell’"elefantino" e il suo insuccesso e come nulla sia successo dopo; c’è chi dice che Fini è un vero politico, e quindi piuttosto cinico; c’è chi vede in questi atteggiamenti un uomo in carriera. Sarà vero, comunque non chiedevamo una maggiore visibilità di AN? Eccoci serviti: prima il voto agli immigrati ora la condanna del fascismo e della RSI. Che poi, a ben vedere, le frasi inquisite sono state già ridimensionate o almeno chiarite dallo stesso Fini di ritorno a Roma. Non ha forse già detto che il male assoluto sono "quelle pagine del fascismo che hanno contribuito alla Shoah", aggiungendo che il fascismo "fu anche altre cose"? E quell’ "anche" salverà l’anima degli iscritti; quel precisare un po’ bizantino sarà, sicuramente, portato avanti. In un Paese sofistico come il nostro, dove i distinguo salvano l’anima un po’ ipocritamente, qui, su queste parole, si giocherà la partita degli iscritti. E adesso ci dicono : la fiamma non si tocca! E perché? Ma toglietela, per favore… Che senso, che continuità ha con quel passato Alleanza Nazionale ? E quella sotto la fiamma non è, come qualcuno cerca di dimostrare arrampicandosi sui vetri, un basamento qualsiasi : rappresenta davvero il catafalco di Mussolini, dal quale fuoriesce la fiamma tricolore della continuità! Ci dicono : la fiamma non si tocca, per tener buoni i militanti più vecchi, più agguerriti. Ma per favore! Se svolta ci deve essere che sia davvero…Se è stata vera svolta ( verso che, poi, non si sa), se si crede che AN abbia chiuso definitivamente con il passato, tutto il passato, la fiamma resta un simbolo che non appartiene più a questa Alleanza Nazionale. Altrimenti che si continui pure in quella doppiezza fino ad ora perpetrata : democratici sì, ma con la celtica sotto la camicia, affinchè non si veda; di AN sì, ma con il distintivo di Mussolini dietro il bavero. In attesa di una nuova e definitiva revisione…

    Antonio F. Vinci



    Un po’ sul serio, un po’ per scherzo immaginiamo la diversa posizione di due militanti in Alleanza Nazionale.

    PERCHE’ FINI HA RAGIONE

    Il Presidente di Alleanza Nazionale continua il suo percorso iniziato con Fiuggi. Il cammino è limpido : prima la proposta di legge per rendere più restrittivo l’uso delle droghe; poi la proposta del voto agli immigrati ( se ne ricorda più qualcuno in questi giorni di bagarre ?); infine le esternazioni in Israele. La lunga marcia di accreditamento democratico di AN si svolge sostanzialmente senza grandi scossoni. Le tappe più importanti sono già state raggiunte e la meta per la formazione di una coalizione di centro-destra, o meglio di un partito unico di centro-destra, con a capo il giovane Presidente di AN è sempre più vicina. Fini incarna una Destra moderna, democratica, europea, che ha saputo affrancarsi dai miti del passato, quegli stessi miti che stavano alla base della sua nascita e che ora sono consegnati decisamente alla storia. Si chiudono i conti con il passato, si chiede perdono, si assumono con coraggio (riconosciuto anche dagli avversari politici) responsabilità anche non proprie. Benedetto Croce diceva che solo i morti non cambiano idea…Ora Fini può guardare al futuro, dopo essersi guardato alle spalle ed aver bruciato le navi che potevano ancora permettere qualche traghettamento nostalgico. Non ci sarà più spazio nelle sezioni per simboli e ricordi del ventennio. Tolleranza zero per busti di Mussolini, camicie nere, saluti romani, bandiere con la celtica, "a noi!" ed altro ciarpame…D’altra parte sino ad ora, dopo Fiuggi, quante volte si è scherzato tra camerati, tra onorevoli, in qualche Festa tricolore, a proposito di qualche braccio con mano troppo tesa, che subito veniva fatta sventolare a mo’ di democratico e piccolo borghese saluto? Era già in atto un’autoironia che ha fatto bene al partito che, ora, assorbe l’autocritica nei confronti del fascismo in modo pressochè indolore. Ora finalmente cadranno le ultime remore di chi voleva accostarsi ad AN ma era trattenuto dagli ultimi rigurgiti del passato. Finalmente le fila di ex democristiani, ex socialisti, ex monarchici, ex leghisti già presenti nel nostro partito, anche in posizione preminente, potranno essere ingrossate ulteriormente. Finalmente AN potrà diventare il partito di una destra attenta al sociale, ma in una sana competizione liberale; un partito che recuperi al centro, che colmi quel vuoto lasciato dalla DC.



    PERCHE’ FINI HA TORTO

    Le parole pronunciate durante la visita in Israele devono essere chiarite. Nessun problema se si tratta di condannare l’Olocausto, le leggi razziali, le discriminazioni condotte nei confronti degli ebrei sia durante il fascismo che durante la RSI. Ma il discorso cambia se la condanna si estende indiscriminatamente ad un periodo ventennale, ancora oggetto di analisi storica. Ma, a dire il vero, un’attenta lettura delle parole del Presidente non sembra che ci porti su questa posizione. Fini, però, sbaglia se crede di annacquare lo spirito del MSI. Non ci basta, come contentino, mantenere il simbolo della Fiamma ( scoppierebbe la rivolta, altrimenti), né ci sono sufficienti le assicurazioni in merito per il futuro. Quel simbolo ricorda fin troppo bene da dove viene fuori la fiamma, da quale catafalco…e la stessa scritta MSI ricorda fin troppo bene RSI…Non dimentichiamolo. Chi ricorda che sulla bandiera dei militi della RSI c’era scritto "Onore" non può accettare tatticismi elettorali. Ad ogni militante, specialmente di vecchia data, interessa essere sempre più partito di governo, essere sempre più forti, ma non certo a spese della nostra identità storica. Sono già tanti i "nuovi arrivi" che affollano il nostro partito, addirittura definendosi antifascisti, anche se Fini ha ricordato che tra i valori di AN c’è pure l’antifascismo…Temiamo di diventare una nuova DC, sempre più vicini ad una scelta economica liberista, dimenticando la nostra vera matrice sociale. L’obiettivo, nascosto ma neppure tanto, di diventare un partito unico, passando per l’adesione al PPE, quanto ci costerà? A spese di che? Non ci siamo venduti per tanti anni, non lo vorremmo fare adesso : se è vero che non vogliamo morire democristiani è anche vero che non vogliamo scioglierci in una melassa insieme a FI e all’UDC.

    Barbarossa

Il malessere di an - Numero 19

IL MALESSERE DI AN

Lo andiamo dicendo da tempo, e non siamo gli unici. In AN c’è un malessere, diffuso, sordo, latente, che prima o poi verrà fuori con tutta la sua carica dirompente, come un’eruzione lavica. Hanno iniziato i franchi tiratori durante l’approvazione della legge Gasparri; ha proseguito Storace con le dimissioni dall’Esecutivo nazionale. Ma la fronda immancabilmente, dopo un po’ di buriana, rientra, come sempre. Fini riporta tutti a casa. Perché Fini, al di là delle riconosciute grandi capacità personali, il prestigio, l’immagine che offre di sé fuori del partito, è soprattutto in AN un grande catalizzatore. Il Presidente riesce a far stare insieme Alemanno e La Russa, Gasparri e Storace, Matteoli e Viespoli. Il problema è : fino a quando? Ciò che preoccupa i colonnelli di AN, non tutti ovviamente, è la crisi di identità. Certo non è un problema solo di AN, perché la propria identità la va cercando la sinistra, ricostituendo o riaffermando le sue diverse componenti, i cattolici che si stanno riorganizzando come forza di centro, la Lega. Tutti hanno paura dell’omologazione, d’essere confusi e schiacciati dall’alleato più forte. Forza Italia, ad esempio, che è il partito più consistente della Casa delle libertà, non teme omologazioni, non va in cerca di una sua identità, ma di una struttura, un modo nuovo di essere partito, il partito leggero. Ma torniamo ad AN. Grandi manovre sono in atto; la stampa ce ne rende edotti ogni giorno. Dai franchi tiratori alle dimissioni di Storace, da patti segreti tra AN e UDC per contare di più in un rimpasto di governo che si vuole per gennaio alle dichiarazioni dei diversi big di AN per avere maggiore visibilità, spuntando nuovi posti, nuove poltrone, nuovo potere. A danno della Lega, soprattutto. Il fatto è che la Destra italiana, dopo essere uscita dal frigorifero nel quale era stata tenuta per decenni, dopo essere stata "sdoganata" da Berlusconi, ora gestisce il potere, ma sottodimensionata rispetto alla sua forza. Ma soprattutto quel potere lo gestisce senza una propria fisionomia, facendo il controcanto al Cavaliere. Forse non è del tutto vero, ma è quello che percepisce l’elettorato. E in politica, molte volte, conta quello che appare, non quello che è. AN si muove tra l’apparato, almeno in parte, del vecchio MSI e la nuova realtà che è fatta di elettori, ed eletti, che nulla hanno a che spartire con il vecchio partito di Michelini ed Almirante. Gli elettori di AN, molti, come pure alcuni degli eletti a senatore o a deputato, hanno una storia diversa da quella dei militanti, un passato antifascista, più o meno tiepido, ma comunque utile per una presentazione di perbenismo. I giovani, specialmente, accusano il partito di "tradimenti", di dimenticare un passato in cui si contava poco, ma si era "duri e puri". I vertici del partito non dicono ma fanno intendere che il cambiamento è necessario nell’ottica d’essere partito di governo. Questo è il prezzo del potere. Ormai questo lo sanno tutti, ma ancora ci si meraviglia di certi appiattimenti. I Congressi di Fiuggi, di Verona, di Napoli, le dichiarazioni dei vertici hanno sancito la svolta, hanno dato una rilettura del passato, hanno elevato condanne contro la dittatura, le leggi razziali, hanno esaltato i valori della Resistenza…Ma ancora molti si ostinano a fare il saluto romano ( e parte il paterno scappellotto di La Russa); in molte sezioni resistono i ritratti del Duce, di Ettore Muti, i libri di Evola; il 28 ottobre viene ricordato con pellegrinaggi a Predappio : il tutto con un fare da congiurati, da abitatori delle catacombe, ma c’é. E’ il dramma di un partito che non ha ancora fatto, al di là di quello che si dice, veramente i conti con la storia. Si vuole chiudere con il passato, ma non si riesce; si dice "né rinnegare né restaurare" e si sta in mezzo al guado. I più "avveduti" si rendono conto che si può rimanere "fascisti" o missini, ma dentro: fuori è un’altra cosa. O si ritorna a percentuali elettorali risibili o si resta il secondo partito della coalizione, a costo di sacrifici, di qualunque genere. Chi ha detto che l’ideologia è morta? In AN è ancora di questo che si discute. Provate ad andare nelle sezioni e vedrete. L’elettorato di Destra è incerto; le elezioni non vanno sempre come si vorrebbe, perché la gente, nell’incertezza, preferisce passare a FI o all’UDC ( si stanno segnalando "interessanti" movimenti dell’elettorato in questa direzione…). Ed ecco che è crisi di identità. Perché se non sappiamo più qual è il nostro retroterra culturale, ovviamente ci si inventa giorno per giorno una strada vagamente di Destra, un po’ liberista un po’ sociale, un po’ berlusconiana un po’ attenta alle categorie più deboli, un po’ nazionale un po’ federalista…Fare i conti con la storia. Avere coraggio. E su questo costruire la vera Destra.

Barbarossa

Al mare, al mare - Numero 18

AL MARE, AL MARE

Immancabilmente, ogni anno di questi tempi, i commenti politici prendono questo titolo. Un po’ per indicare la "chiusura per ferie" della politica italiana e non, un po’ per segnalare come tutto e tutti spostino le soluzioni al ritorno dalle vacanze, quando saranno saturi di vacanze intelligenti, partenze intelligenti, dell’ultimo ballo idiota che furoreggia sulle spiagge, delle solite code sull’autostrada, le solite notizie sui milioni di italiani che partono, sull’esodo, sul controesodo, sulle zanzare, sul caldo che non è più quello di una volta, sui prezzi che non sono più quelli di una volta, ecc. ecc. Ma in effetti, guardandoci attorno, perché non gridare ancora una volta : Al mare, al mare? Potendo, perché non fuggire dallo spettacolo che i nostri politici ci stanno offrendo? AN, dopo gli ultimi risultati negativi ( da alcuni ampiamente previsti) , chiede maggiore visibilità. Così a Fini concedono la cabina di regia che, però, resta chiusa…AN vuole maggiore visibilità perché ha perso i voti degli statali…La Lega, dall’alto del suo 3%, pretende - giustamente - l’attuazione del programma elettorale, che prevedeva la devolution; ma ora deve ingoiare il rospo di inserire il suo progetto nel quadro dell’interesse nazionale …Berlusconi risponde piccato e con battute di spirito alle intemperanze di Schulz; il sottosegretario leghista Stefani lo difende ed è costretto a dimettersi…La sinistra non vedeva l’ora che accadessero intemperanze di questo genere per strapparsi le vesti e piangere sui destini d’Italia. E così via. E’ una guerra di parole; certo sempre meglio che una guerra guerreggiata, ma che fine fa la politica, quella vera? Raffiche di frasi ad effetto, sventagliate di espressioni retoriche, ampollosità, rimproveri, ammiccamenti, battute e spiritosaggini…Basta! Che la politica riscopra il suo vero valore. A costo di essere impopolari. Non si possono sempre inseguire gli elettori per non perdere voti, anche se questo può sembrare una bestemmia. Se veramente vogliamo dare una svolta a questo Paese, e a questo si è detta chiamata la Casa delle libertà, bisogna avere il coraggio di andare sino in fondo, ovviamente anche toccando interessi di bottega. E questo potrà significare perdere i voti di chi pensa solo al proprio "particulare". Ma che senso ha parlare di cooperazione internazionale, di collaborazione europea, se poi non siamo capaci in nessun settore di guardare oltre, di sacrificarci per il bene comune. O si avrà questo coraggio o scivoleremo sempre più in basso, moralmente ed economicamente. «Essa è chiamata democrazia perché è amministrata non già per il bene di poche persone, ma per una cerchia più vasta; di fronte alla legge tutti nelle controversie private godono di uguale trattamento; e, secondo la considerazione di cui uno gode, poiché in qualche campo si distingue, viene onorato, non per la sua parte politica, ma per il suo valore; né la povertà, se uno ha qualcosa di buono da fare per la città, trova impedimenti a causa dell’oscurità della posizione sociale» (Pericle).

Antonio F. Vinci


Con questo numero il Barbarossaonline va in vacanza, per riprendere a settembre con rinnovato vigore. Cogliamo l’occasione per augurare, a nome di tutta la Redazione, i più vivi auguri a Vito Andrea Vinci, nostro webmaster e mentore in più occasioni, che il 19 luglio si unirà in matrimonio con Roberta Fontana, nella splendida cornice del castello di Jerago.

La crisi di an - Numero 17

LA CRISI DI AN

E furono elezioni amministrative!
La solita bagarre di fine scrutinio. Anzi, a dire il vero, la solita bagarre a scrutinio ancora in corso, alla radio, alla televisione, sulla stampa. Abbiamo vinto noi…No, noi... Ma al Sud abbiamo recuperato…Sì, ma al Nord da soli vinciamo... Sì, ma se ci fossimo presentati subito assieme, senza attendere il ballottaggio... Ma no, marciare divisi per colpire poi uniti… E’ stato un voto di svolta…Una vittoria netta…Queste elezioni hanno un valore politico grande… Insomma : sceglietevi la vostra dichiarazione, come più vi fa comodo. Certo che Gianfranco Fini non ha mandato giù il crollo dei voti, e la conseguente sconfitta del candidato Moffa alla Provincia di Roma. La sconfitta di Moffa è stata vista come una sconfitta di tutto il partito. Sono note le dichiarazioni di Storace contro Bossi. Sono note le parole di Fabio Rampelli, consigliere regionale e coordinatore di Destra Protagonista nel Lazio, contro Storace : «L’unico rimprovero che posso avanzargli, lo confermo, è sul correntismo esasperato che si è impadronito del partito romano e laziale, fiaccando l’entusiasmo del nostro elettorato, su cui credo abbia qualche responsabilità". E più avanti nel Comunicato stampa : "La gente ora pretende risposte, vuole ospedali che funzionino, vuole una burocrazia vicino al cittadino, non vuole plauditores ma persone capaci, pretende che nelle case popolari vengano garantiti i servizi, che il turismo e la cultura siano settori trainanti dell’economia locale, che i trasporti vengano rilanciati e gestiti con trasparenza, e l’ambiente sia un elemento di qualità che contraddistingua la destra di governo». Al di là della "situazione romana" le critiche di Rampelli possono valere anche per altre situazioni. Perché, non sarà vero, ma la gente avverte sempre di più AN come schiacciata su Forza Italia. Sempre più la Destra viene vista come un coro di yesmen : una categoria che, onestamente, storicamente, non ci appartiene. Storace ce l’ha con Bossi, ma il vice-presidente del Senato, il leghista Roberto Caldiroli ha dichiarato :"Se corri per gestire il potere l’elettore ti punisce, se rispetti i patti elettorali vinci. Evidentemente la politica del Nord paga". E allora cosa facciamo : AN sempre meno partito nazionale e più partito del Sud, per bilanciare la forza della Lega al Nord? Le riflessioni, a caldo, che si possono fare sono molte. Si potrebbe evidenziare che il successo elettorale, il consenso, non sempre coincide con ciò che è giusto. Una concezione vera, alta, della politica vorrebbe che si debbano prendere scelte anche gravose, anche impopolari, rischiando di perdere voti. E’ il caso di AN sull’indulto, sul conflitto in Iraq, soprattutto sulla giustizia. Ma la politica non è un circolo di anime belle: vince chi prende più voti. E allora fa bene la Lega? Forse non è solo questo il problema. Come dicevo prima la sensazione che la gente ha nei confronti di AN, la disaffezione che mostra, lo andiamo dicendo da anni ormai, è dovuta alla nostra caduta di identità. Votare per votare la Casa delle Libertà voto per Forza Italia; votare per votare il Polo voto l’UDC, almeno ha un’identità cattolica marcata. Eppure AN è nel giusto. Indubbiamente ci sono, come ovunque, opportunismi, atteggiamenti di indifferenza, chiusura nelle stanze del potere appena conquistato, ma probabilmente il limite maggiore di AN è soffrire di una mancata, autentica, rivoluzione interna. La Destra italiana è erede di una tradizione storica che, nel bene e nel male, ha segnato l’Italia. Questo è imprenscindibile. Ma è anche vero che, se quella tradizione è ormai relegata nei libri di storia, pur costituendo un bagaglio di valori e di ideali in buona parte ancora condivisibile, la storia, e la politica, non si può farla guardando al passato. Una Destra che non rinneghi il passato ma che guardi senza nostalgie avanti, può avere un grande futuro. "Né rinnegare, né restaurare" diceva Almirante, ce ne ricordiamo? In AN ancora molti non sono capaci di guardare avanti; invece molti sono saliti sul carro del vincitore scoprendosi un’anima di Destra, improvvisamente. E questi, magari in buona fede, ma senza un passato alle spalle, fanno piccolo cabotaggio. E questi ultimi saranno i primi a saltare giù. E’ già successo…, succederà ancora… Né rinnegare, né restaurare. Sino a quando in AN resteranno queste due anime separate, fino a quando sopravviverà questa dicotomia, AN non potrà veramente crescere. E’ ai giovani, soprattutto ma non solo, che ci rivolgiamo. A questi giovani che non hanno conosciuto il fascismo ( e nemmeno il ’68…) rivolgiamo il nostro appello. Sono giovani generosi, come tutti i giovani; sono uomini e donne che credono e lottano ( e fino a pochi anni fa hanno bagnato di sangue, il loro sangue, le strade d’Italia) per ideali e valori, ma che vanno ad attaccare anche i manifesti di notte…Non lasciatevi, non lasciamoci, ingessare in slogan, correnti, piccole vendette personali. Se crediamo in quei valori, viviamoli, non urliamoli soltanto; non inseguiamo il consenso effimero, realizziamo quello che permane nelle coscienze. E il consenso si ottiene stando vicino alla gente, sentendo le sue esigenze, mostrandoci capaci, diventando esemplari, efficienti, consapevoli, nel lavoro, nella scuola, nella vita di ogni giorno.

Antonio F. Vinci

ANTIAMERICANI ? NO : SOLO ITALIANI.

Di guerra ne stiamo parlando ogni giorno, ormai, e purtroppo. Ed anche il Barbarossaonline ovviamente se ne occupa con grande spazio in questo numero. Ci sono posizioni diverse, letture diverse ed è giusto che sia così. Ma ciò che abbiamo letto su www.destra.it ci ha - come dire - colpito, scandalizzato, irritato: scegliete voi. Ognuna di queste sensazioni va bene, anche tutte insieme. Perché bisogna giungere alla fine del "pezzo", quando si parla del fatto che il popolo americano " per cinquanta anni ci ha difeso dall’invasione sovietica. Ci hanno difeso dai comunisti, ci hanno regalato la libertà perenne.", per capire che non eravamo andati per sbaglio su un sito inequivocabilmente di sinistra. No. Il sito è proprio quello della destra italiana, almeno nel titolo. Già l’inizio dell’articolo non è dei più esaltanti. Si chiede di fare un gesto di consenso non per convinzione, ma perché ormai siamo americanizzati e, quindi, tanto vale… Il fatto è che non tutti se la sentono di pronunciare lo slogan : "io sono americano".Forse c’è chi preferisce ancora lo slogan che AN coniò qualche anno fa :"Grazie a Dio sono italiano". Beh, c’è chi non l’ha dimenticato quello slogan, che probabilmente ha un radicamento nelle coscienze ben superiore ad un atteggiamento dettato dall’emotività. E, per amor del cielo, non riparliamo di sorgente nazionalismo. E neppure di essere, di conseguenza (chissà poi perché) antiamericani. O, peggio, filoSaddam. Non si vuole cadere in una polemica inutile quanto insidiosa, ma la favoletta dello zio Sam che fa le sue guerre da quasi cento anni in Europa e nel resto del mondo solo per portare la democrazia e la libertà mi fa venire in mente il colonialismo ottocentesco che in nome della civiltà ha depredato, massacrato, distrutto intere popolazioni e culture.Il fatto è che,nella migliore delle ipotesi, si tratta di scegliere il male minore, ma pur sempre di male si tratta. Gli USA fanno pulizia degli stati "canaglia" , reduci dall’eccidio dell’11 settembre. Ma la guerra era l’unica strada? E a che prezzo di vite umane, di rapporti internazionali, di indebolimento dell’Europa, di scatenamento di reazioni disperate di terrorismo? Sono questi gli interrogativi che molti si sono posti. Interrogativi tanto semplici quanto ovvi, ma non per questo infondati.

Riportiamo, per completezza di informazione, l’articolo apparso su www.destra.it del 26 marzo. A seguire la lettera che Roberta Capotosti, giovane e grintosa camerata, delegata nazionale, ha scritto al direttore del sito. Una lettera che condividiamo in pieno e che, per la schiettezza del contenuto e il tono deciso, va letta.

Antonio F. Vinci




ANDIAMO A PRANZO DA MCDONALD’S, FACCIAMO BENZINA ALLA ESSO
L’antiamericanismo ci fa schifo, non rivogliamo l’Urss, evviva BushAndiamo a pranzo da McDonald’s. Facciamo benzina alla Esso. Ascoltiamo musica targata Usa. Insomma, compriamo americano, viviamo americano, respiriamo americano.Facciamo dunque un gesto. E non si tratta di un gesto pro guerra, a favore delle bombe. Si tratta di un gesto di solidarietà. Un gesto di solidarietà agli americani contro questo schifoso antiamericanismo imperante. Ogni giorno ascoltiamo in tv, alla radio o leggiamo sui giornali, parole, dichiarazioni, frasi vomitevoli contro gli Stati Uniti d’America. Sia chiaro. E’ giusto criticare questa guerra, giusto anche protestare, scendere in piazza, accusare. Ma è intollerabile sparare parole che sembrano bombe su un popolo. Contro un intero popolo che ci è amico. Non vogliamo ritirare fuori la solita retorica della seconda guerra mondiale e della Liberazione che ci hanno dato anche i soldati che hanno combattuto e sono morti per la nostra libertà (e per questo non finiremo mai di ringraziarli). Ma vogliamo ricordare che il popolo a stelle e strisce ha accolto i nostri emigranti e che proprio per questo quando oggi parliamo degli americani parliamo di un pezzo degli italiani. Vogliamo ricordare che questo popolo ha messo in piedi per noi il piano Marshall e per cinquanta anni ci ha difeso dall’invasione sovietica. Ci hanno difeso dai comunisti, ci hanno regalato la libertà perenne. Ci hanno fatto crescere economicamente: siamo diventati oggi la quinta potenza industriale del mondo.Potremmo continuare. Non lo facciamo perché non vogliamo dare qui lezioni di americanismo. Vogliamo solo dire che chi brucia le bandiere a stelle e strisce, chi rompe i distributori di benzina ci fa schifo. Siamo contro di loro, siamo con gli Usa. Se vuoi aderire, scrivi a collaborazioni@destra.it


Lettera aperta al direttore di www.destra.it

Egregio direttore,
scrivo a Lei in merito al delirante comunicato pubblicato con il quale il Suo sito ha lanciato una campagna pro USA, non essendo lo stesso firmato. Mi spiace fin d’ora se userò toni e modi poco eleganti ma la quantità di idiozie che vi ho trovato mi impone di lasciare da parte lo stile e la forma per andare diretta alla sostanza. La vera cosa "vomitevole" che ho rilevato è la totalità del comunicato stesso. Mi duole doverLe sottolineare una "banalità", evidente anche ai più stolti e cioè che le sole bombe sparate su un popolo sono quelle americane e, quindi, l’affermazione "è intollerabile sparare parole che sembrano bombe su un popolo" mi sembra oltremodo di cattivo gusto e, questa sì, veramente schifosa. Pur essendo nello stesso partito sono lieta di constatare che abbiamo amici differenti. Peccato che i "nostri" eroi (o meglio quelli che dovrebbero essere gli eroi di ciascun erede della Repubblica Sociale) si stiano rivoltando nella tomba al ricordo della barbarie compiuta ai loro danni dagli imboscati partigiani e da cosiddetti "liberatori". Io sono con i primi e, di conseguenza, contro gli USA e contro quelli che, pensando di essere liberi, svendono la loro cultura, la loro storia, la loro anima, i loro sogni. Invece di lanciare una campagna pro USA impegnate il Vostro tempo, che immagino prezioso come il mio, a ricordare da dove venite e a vergognarvi di dove state andando, con chi ci state andando e con quali motivazioni. Parlate dei nostri emigranti accolti dal popolo a stelle e strisce. Ma di quale accoglienza parlate? Negli USA ci sono arrivati con sudore e fatica, accolti a pesci in faccia, adattandosi a fare i lavori più umili per qualche mollica di pane. Ma d’altra parte cosa ne potete capire Voi di dignità e fierezza che scattate sugli attenti di fronte ad una bandiera che non è la vostra pronti a piegarvi a novanta gradi per raccogliere un hamburger lanciato dalla jeep a stelle e strisce. Se non era vostra intenzione dare lezioni di americanismo anche in questa occasione avete fallito perchè, oltre a questa avete dato modo a noi di vedere la vostra vera faccia e agli americani di individuare con precisione un’altra parte del vostro corpo che, nel vostro caso, equivale alla prima. Fiera ed orgogliosa di essere dall’altra parte della barricata mi scuso per il tempo che vi ho rubato e vi ringrazio per l’opportunità che mi avete regalato: sentirmi diversa da voi. Cordialmente.

Roberta Capotosti

Chi è Barbarossa?

L'ombra di Federico I di Hohenstaufen, il Barbarossa, appunto, si aggira tra le nostre contrade , da quando a Legnano venne sconfitto dalle truppe dei Comuni alleatisi nella Lega lombarda. L'imperatore aveva cercato di difendere le sue terre da quei Comuni che volevano la libertà, aveva cercato di tenere saldo l'Impero, ma non poteva andare contro la storia. Aveva accarezzato il lungo sogno di restaurare il... Continua >>

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