Editoriale
Ancora una volta Fini la fa da protagonista! Si può dire che ultimamente non ci sia questione spinosa che non conosca una sua presa di posizione. L’ultima (fino a quando?) è quella relativa ai cosiddetti presidi-spia,una nuova "funzione" nel’ambito della scuola italiana ! Lo scontro è con il ministro Maroni, messo sul chi va là a proposito del ddl sulla sicurezza e sulla sua incostituzionalità, proprio riguardo la denuncia che i presidi dovrebbero fare nei confronti dei figli degli immigrati irregolari. Arriva il Consiglio d’Europa a prendere posizione contro i "respingimenti" dei clandestini? Puntuale arriva la posizione di Fini che, pur affermando che il respingimento non viola il diritto internazionale ( in linea con quanto dice l’UE, che è cosa ben diversa dal Consiglio d’Europa), sottolinea la necessità di "verificare se, tra i respinti, vi sono alcuni che hanno diritto a chiedere l’asilo".Ragionamento che non fa una piega! Esplode lo tsunami del caso Veronica Lario- Silvio Berlusconi? E’ presso la Fondazione di Fini che la signora Lario invia lo scritto che mette in difficoltà il capo del governo. Come dire, non solo invio la lettera presso i media a Berlusconi più ostili, ma addirittura la invio al gruppo di riferimento di colui che appare il suo più accreditato concorrente: Fini. Ma abbiamo forse dimenticato anche le posizioni personali di Fini a proposito, ad esempio, della procreazione assistita? E via dicendo. Insomma Fini si è ritagliato il ruolo, volente o nolente, soprattutto grazie alla sua carica istituzionale, di colui che rimette le discussioni sul binario giusto, limando e sottolineando "deviazioni" o irregolarità, dall’alto di uno scranno non politico, non ideologico. Si è assunto la veste di custode della correttezza costituzionale e civile della discussione politica. E ci riesce bene, perché - al di là della condivisione delle sue posizioni - i ragionamenti vengono sostenuti con fredda lucidità. D’altra parte nel suo nuovo ruolo di Presidente della Camera, se non vuole perdere visibilità nel dibattito politico, è proprio in questa direzione che si deve muovere. Certo queste sue uscite non sono sempre accettate serenamente, anzi.Già quando era presidente di AN più di una volta le sue posizioni sono state criticate all’interno del partito e noi non abbiamo mai mancato di farlo notare. Si diceva che proprio l’alterità delle posizioni finiane era il collante delle diverse anime all’interno di AN. Ora la faccenda è cambiata, è nato il PdL e la "vecchia" AN ha i suoi punti di forza maggiore in uomini che rivestono cariche istituzionali e che quindi non possono, o non potrebbero, entrare direttamente nella discussione più "politica" : Fini, La Russa, Alemanno, Gasparri. Ma Fini inizia a dare fastidio Infatti. Infatti su Il Giornale di domenica 17 maggio appare una lettera di Sandro Bondi, ministro dei Beni culturali e coordinatore del PdL (insieme a Verdini e a La Russa), rivolta proprio a Fini. In buona sostanza Bondi richiama Fini a non fare più il battitore libero ma a partecipare attivamente "pur considerando il suo attuale incarico istituzionale, alla ricerca e alla formulazione della identità e della linea politica del nuovo partito, piuttosto che seguire una "svolta personale", come ha scritto Ferrara, che pure gli dà "forza personale, prestigio e capacità efficace di azione politica e parlamentare". Più chiaro di così! Siamo sicuri che l’invito cadrà nel vuoto! Sì, proprio così. E’ inutile guardare ad una svolta "buonista". Ma veramente Fini potrebbe emendare, mitigare, smussare le sue posizioni? No, non può ed almeno per una buona ragione : Fini, in buona fede e con sofferenza secondo alcuni ( come per chi scrive), in mala fede e per opportunismo carrieristico per altri, sta attuando una svolta epocale su molti temi.Deve proseguire e concludere questa sua operazione, se non vuole che tutto cada nel vuoto. Ha ragione Bondi quando, nella lettera, richiamando le parole di Ferrara dice che "il rischio è quello di abbracciare posizioni culturali distanti dalle nostre, in cui l’irenismo o l’eclettismo si coniuga specularmente all’indebolimento delle proposte politiche e programmatiche". Ma sperare che Fini si allinei in una specie di "pensiero unico" (anche se ovviamente non è proprio in questi termini) non è realistico. Al momento di andare online attendiamo la risposta di Fini, che certamente non si farà attendere.
Antonio F. Vinci
Sandro Bondi, Caro Fini, non giocare da solo e aiuta il PdL, il Giornale,17 maggio 2009, pp.1-11
Ormai ci siamo!
Fiumi di parole sono stati versati in questi mesi in vista dello scioglimento di Alleanza Nazionale e della nascita del nuovo soggetto politico, il Popolo della Libertà. Timori di perdita della propria identità sono stati lanciati non solo dai militanti di destra, ma anche da parte di chi sino a poco fa aveva sostenuto la possibilità, l’importanza, la svolta epocale costituita dalla nuova nascita. A questo proposito la stampa ha riportato il giudizio negativo di un fedelissimo di Fini come il direttore di Farefuturo, fondazione del Presidente della Camera, Alessandro Campi : "Il PdL nasce come operazione di vertice, senza orizzonti culturali chiari né il coinvolgimento della base". E non mi sembra poco! Il direttore de La Destra delle libertà, Fabio Torriero, rilancia al PdL l’accusa fatta al PD : fusione a freddo; né più tenero è uno dei più noti intellettuali di AN, Gennaro Malgieri, che si dichiara "deluso". Insomma : quello che sembrava sino a ieri un cammino in discesa, improvvisamente sembra mostrare un percorso in salita. Certo non hanno giovato le frasi pubblicate sul blog di FI contro Fini, ma il malessere - è inutile nasconderlo - covava sotto la cenere. E neppure tanto di nascosto.
D’ altra parte assistiamo ad un’ "operazione fiducia" da parte dei politici di AN; in primis Ignazio La Russa, il grande tessitore
Ma anche da parte di Gasparri come della Meloni, di Ronchi come di Alemanno, sino a giungere ad una delle figure più carismatiche, anche per il lungo cammino di militanza che ha alle spalle, il ministro Altero Matteoli. La puntata di "Porta a porta" di lunedì 16 marzo, in cui da Vespa erano presenti tutti questi rappresentanti di AN, ad eccezione di La Russa, ha mostrato l’intento rassicurante del partito ed anche la volontà di far capire agli iscritti e ai militanti che AN entra con pari dignità nella nuova formazione.
Perché questi sono i timori.
IN FI si teme la militanza, l’organizzazione, la struttura degli uomini di AN, che provengono da anni spesso difficili, come quelli del vecchio MSI. Una militanza corroborata da anni di opposizione, dura, nella difesa di valori ed ideali ricusati da molti.Si teme il movimentismo degli ex aennini e che diventi la forza trainante della nuova formazione.
In AN si teme l’omologazione, l’assorbimento in FI, in un atteggiamento di sudditanza o, peggio, di amalgama in cui si "candeggiano" i colori dei propri ideali, sino a farli diventare sempre più sbiaditi e a scomparire del tutto. In nome di qualche poltrona in più, di una fetta di potere in più.
Certo, l’obiettivo primario è quello di fare più destra nel Paese; è quello di utilizzare il nuovo strumento politico per fare quelle riforme che solo un partito di massa può realizzare; è quello di cambiare il Paese, di modernizzarlo.
Ma come, con quale stella polare di riferimento, non è a tutti chiaro.
L’approdo al PdL è nelle cose. La preparazione alla realizzazione di questo progetto, come ormai sono in molti a ricordarlo, rimonta a molti anni fa. Lo stesso ministro Matteoli ricordava da Vespa che fu Bettino Craxi, prima di Berlusconi, nel 1983 a sdoganare la destra; poi ci fu Pinuccio Tatarella, l’idea di andare "oltre" la destra. Insomma un cammino verso il PdL che ha la nascita nel vecchio MSI.
E qui si innesta un aspetto che pare sfuggire ai più. AN entra nel PdL ma è proprio nella corrente degli ex socialisti che trova alleati. Il sostegno dato alla candidatura di Guido Podestà a Presidente della Provincia di Milano, conservando per De Corato l’impegno per la sicurezza della città; i buoni rapporti, la buona collaborazione, con il coordinatore provinciale di Milano Alessandro Colucci; il riconoscimento a Craxi come primo "sdoganatore" del MSI, sono tutti segnali di un posizionamento. Nel Nord, in Lombardia, è verso i socialisti che AN guarda per "tutelarsi" nei confronti di CL, grande potenza all’interno di FI. Esattamente il contrario nel Lazio e per la corrente di Destra sociale: Alemanno sta privilegiando il rapporto con il più importante governatore, Roberto Formigoni, espressione di CL.
Ma non si tratta, ovviamente, e direi per fortuna, solo di una scelta di alleati. Si gioca qui la partita delle scelte ideali, della scelta economica, del progetto del Paese che verrà.
Come è apparso chiaramente negli interventi al Congresso provinciale di Milano, Alleanza Nazionale sta diventando sempre più una forza, una componente pragmatica, molto più pragmatica di prima. Lasciare alle spalle gli inutili, eterni, ormai logori dibattiti sui valori e sugli ideali che, per carità, non vengono dimenticati, questo no; ma guardare al "fare", alla realizzazione. Finisce un mondo un po’ romantico fatto di "belle idee per cui si muore" e nasce anche per AN il mondo della concretezza, del pragmatismo. Non a caso si guarda al mondo socialista.
A quel mondo che con Craxi abbandonò la retorica marxista ottocentesca per realizzare una politica del fare. Il punto è : come "fare".
Antonio F. Vinci
Ci risiamo! Periodicamente Gianfranco Fini sale sulla ribalta della scena politica e fa parlare di sé. E non intendiamo riferirci, ovviamente, alle sue vicende personali, ci mancherebbe altro, o alle estive immersioni subacquee, ma alle sue prese di posizione in politica. Diciamolo subito : noi siamo dalla parte di Fini. Lo siamo sempre stati. Lo abbiamo difeso da sempre (basta sfogliare i numeri precedenti del Barbarossaonline), perché siamo convinti che Fini sia "avanti", è lungimirante, vede prima del suo partito, dei suoi iscritti e militanti. Ma l’ultima uscita ci è sembrata, francamente, sbagliata!
In questi giorni è stato sollevato un polverone capace di distogliere, al solito, il Paese dai reali e contingenti problemi; un chiasso che ha soverchiato e annullato le lamentele per la crescita del costo della vita, dell’aumento della benzina; un fiume di inchiostro che ha dato respiro alla stampa, con articoli, interviste, prese di posizione, autosospensioni, minacce. Ma cosa ha detto l’algido Fini, l’uomo che non si scompone mai, l’uomo che calcola ogni parola, ogni riferimento? "Chi è democratico è antifascista. E poiché le tre parole d’ordine cui si richiama la nostra destra sono libertà, uguaglianza e giustizia sociale, è chiaro che non si può non ricusare chi in primo luogo soffocò la libertà e poi arrivò a produrre aberranti leggi razziali sostenendo che un uomo era uomo più di altri per costituzione genetica!". E fin qui, sia detto chiaramente, chi non sarebbe d’accordo? Chi non è per la libertà, l’uguaglianza e la giustizia sociale, alzi la mano (possibilmente la sinistra, onde evitare ancora una volta fraintendimenti
) ! Ma perché c’è qualcuno di destra che è contro la libertà, che vorrebbe un nuovo squadrismo, una nuova Marcia su Roma? E il duce chi sarebbe? Fini? O Storace? O la Mussolini (almeno per continuità genealogica
)? Ma è il sillogismo di Fini che non ci sembra funzionare molto: Chi è democratico è antifascista; noi siamo democratici; noi siamo antifascisti. Allora chiediamoci prima cos’è l’antifascismo e poi vediamo se i "veri" democratici sono antifascisti. Vediamo prima in quale senso decliniamo l’antifascismo, in quale senso l’antifascismo è stato "politicamente" realizzato, e poi vediamo. E’ chiaro che i democratici sono antifascisti, nel senso che sono contro la dittatura, non solo quella nera ma anche quella rossa. E comunque parlare di antifascismo in Italia non ha mai significato essere democratici, ma essere per una forma di totalitarismo di colore diverso, perché l’antifascismo è stato questo : il tentativo di sostituire ad una dittatura di destra una dittatura di sinistra. L’egemonia comunista nel campo antifascista ha sottaciuto, soffocato, eliminato ogni attesa autenticamente democratica che non fosse marxista. Ma Fini continua ancora la sua lezione ai giovani di AN: "Non si può equiparare chi stava da una parte e combatteva per una causa giusta e chi stava invece dalla parte sbagliata!". E chi vuole equiparare!
Vogliamo forse equiparare chi andava volontario a morire sicuramente in una guerra in cui si sapeva di essere matematicamente sconfitti con chi era fascista sino al giorno prima e diventava antifascista e si univa ai veri partigiani solo per salvare la pelle (nel migliore dei casi) e soprattutto per praticare lo sport nazionale, cioè saltare sul carro del vincitore? Forse qualcuno vuole equiparare quei giovani, esaltati certo, antidemocratici, certo, ma che andavano a morte sicura per salvaguardare non interessi, non posizioni di rendita, non posti o potere politico ma quello che loro credevano essere l’onore? L’avevano scritto sulla loro bandiera la parola "Onore"; gli antifascisti dell’ultima ora, non quelli che il regime aveva perseguito sin dai primi anni, sulla loro bandiera avevano scritto "tengo famiglia"! Caro Fini, un autentico liberale, un autentico democratico e lui sì, anche se con un certo ritardo
, antifascista, don Benedetto Croce diceva che la storia è giustificatrice, non giustiziera. Fini ha voluto dare delle pagelle: di qui i buoni, di qui i cattivi. No, la storia è una cosa diversa. Il che non vuol dire non stare da una parte o dall’altra, ma semplicemente che la storia non dà giudizi morali, ma ricostruisce i fatti. Ci saremmo aspettati altro dal leader di un moderno partito di destra! Ci saremmo aspettati quello che, invece, ha detto un giovane ministro, Giorgia Meloni : "Non ne posso più di parlare di fascismo e antifascismo, e non intendo farlo ancora. Voglio fare altro, occuparmi di questo presente e di questo futuro. Come ognuno di voi, voglio fare politica nell’Italia di oggi, per dare una speranza all’Italia di domani. Tutto il resto è noia".
Fini entrerà nel PPE, potrà diventare il leader del nuovo PdL quando Berlusconi si ritirerà ( se e quando
), ma è l’ultimo politico della vecchia Italia, di chi non ha la forza di guardare veramente avanti (come ci aveva fatto sempre credere e per questo lo avevamo amato). Anche lui è caduto nella facile trappola della contrapposizione tra i buoni e i cattivi, ripetendo l’opposizione tra fascismo e antifascismo, facendo della vecchia politica, della retorica ad effetto. E’ stato superato dalle semplici parole di una ragazza che ha avuto il vero coraggio di chiudere con il passato, guardando avanti, come chi afferma che, davvero, "il domani appartiene a noi"!
Antonio F. Vinci
L’ITALIA VOLTA PAGINA
Sull’esito delle elezioni e sull’interpretazione dei flussi elettorali si è detto ormai tutto. Finalmente non c’è più nessuno che dica che nulla cambia, che viviamo in un sistema imballato, in una palude politica. Ora, finalmente, si parla di terremoto politico, di tsunami, di nulla è più come prima.
Il divario con gli altri paesi di cultura e tradizione occidentale pare si stia per colmare del tutto: non più di quattro, cinque partiti in Parlamento. Una pacchia. E a parte il rimpianto sentito su tutte le reti TV per non avere più la voce della dissidenza, Bertinotti, che è passato senza colpo ferire da Presidente della Camera a semplice cittadino, pare che gli italiani non rimpiangano più di tanto quella che era la caratteristica del nostro schieramento politico: la pluralità e la vivacità delle tradizioni,degli ideali. Perché, se è vero che nessuno sopportava più la pletora di partiti e partitini, non avere più in Parlamento vecchi e meno vecchi partiti come i socialisti, i comunisti, i verdi, i repubblicani, i liberali, ecc. ecc., fa cadere un po’ la dialettica parlamentare. Insomma: va bene non avere più tanti partiti che bloccavano la vita politica, ma il timore è che tutto si riduca a due grandi contenitori in cui c’è di tutto e di più. Mai contenti? No, non si tratta di questo; si tratta, da parte di molti, di temere la perdita delle identità, delle caratteristiche specifiche, delle proprie tradizioni a vantaggio di una melassa in cui conta il prestigio del capopartito. Già lo scippo delle preferenze ha creato un deficit di rappresentatività: i cittadini si sentono sempre più lontani da una politica che decide nelle segreterie di partito chi deve essere eletto.Ora il tanto desiderato bipolarismo, che dovrebbe portare al bipartitismo, viene temuto come l’hegeliana notte in cui tutte le vacche sono nere!
E questo è il pericolo che si avverte specialmente in Alleanza Nazionale.
AN è un partito fortemente identitario; proviene dal vecchio MSI (di cui conserva nel logo ancora il simbolo storico della Fiamma tricolore) e ha fatto della propria identità una bandiera. Il timore dei suoi iscritti e militanti è che, fondendosi con Forza Italia nel costituendo partito del Popolo delle Libertà, la propria storia finisca. Intendiamoci: chi credeva di stare in AN per cullarsi in nostalgie e ricordi, è già andato via da anni, entrando nelle varie formazioni che sono nate nel frattempo. Gli attuali iscritti e militanti di AN, però,temono che l’ingresso nel PdL sia veramente un "morire democristiani"; sia veramente diventare la costola destra, se va bene, di Forza Italia; sia veramente annacquare ideali e storia in un mercanteggiamento di posti, assessorati, consigli d’amministrazione, incarichi e cariche. Insomma la fine delle "belle idee per cui si muore" e un più modesto tener presente che "tengo famiglia".Meno eroico il secondo, ma certamente più pratico e redditizio
La Lega Nord ha fatto il pieno di voti. Specialmente nelle sue terre d’origine, Varese e varesotto, ma anche in Veneto, in Liguria, nella rossa Emilia Romagna. Ormai pare assodato che gli operai, non certo tutti, ovviamente, hanno votato Lega. E questo è un segnale ben preciso. E’ la fine delle ideologie, ora sì. La classe operaia non va più in Paradiso ma al raduno di Pontida; non più la sezione con la bandiera di Mao o la foto di Castro, ma l’ampolla del dio Po
Il fatto è che la Lega ha - e succede nella nostra storia italiana ancora una volta - detto quello che la gente voleva sentire: più sicurezza, meno tasse, federalismo fiscale, no ai clandestini. La Lega non ha un’ideologia, non è né di destra né di sinistra, ma dice ciò che la gente vuol sentire.Ora sì che siamo alla fine delle ideologie! E non si tratta di un voto di protesta, o solo di protesta, ma di un voto che vuole farla finita con le contrapposizioni tra fascismo e antifascismo, le diatribe sul sesso degli angeli, quel fumoso, a volte, parlare di ciò che solo politici cresciuti nelle segreterie di partito capiscono.La Lega ora si accredita ancora di più come forza di governo. Alle dure parole di Montezemolo nei confronti dei sindacati ha risposto con un invito alla moderazione. La Lega? Sì, la Lega! Questa volta, al di là delle frasi ad effetto di Bossi, la Lega metterà il doppiopetto (magari con il fazzoletto verde nel taschino) e si accrediterà sempre più come il partito del fare, del ben fare. E gli italiani hanno dato fiducia a questo movimento. Anche gli elettori di AN e di Forza Italia, come dimostra il sostanziale saldo negativo della somma dei due partiti nelle precedenti elezioni del 2006 rispetto a quelle di qualche giorno fa.
Ma questo non è un segnale del tutto positivo.
Il voto di protesta è un voto importante, legittimo; smettiamola di classificarlo come pochezza politica. Il cittadino perché dovrebbe continuare a votare per chi lo delude? Ma il voto di protesta deve essere legato ad una stagione politica, ad un momento storico, perché se diventa fine a se stesso, se non si concreta in una più ampia visione della vita diventa manifestazione solo protestataria, che si autoalimenta e non costruisce.Ora tutti si lanciano in odi di esaltazione della Lega, solo perché ha ottenuto un risultato che dire lusinghiero è poco; ma ora attendiamo la Lega, insieme al PdL,alla prova dei fatti.Non possiamo pensare solo ad una politica del "no" : no alle tasse di Roma, più o meno ladrona; no ai clandestini; no alla fine di Malpensa; no all’insicurezza. Bisogna costruire, o meglio ricostruire il Paese. E questo non lo si fa solo con la protesta o con provvedimenti d’emergenza, anzi. Ci vuole una politica di più ampio respiro, una politica che affronti giustamente, ed ovviamente, le emergenze (che sono tante e drammatiche), ma anche che proponga un modello di sviluppo, un progetto Italia per il futuro. E questo, scusate se è poco, non lo si fa solo protestando, ma avendo una concezione della vita condivisa e condivisibile.
Antonio F. Vinci
SOMMARIO DELLA SEZIONE:
- E ORA?
- UN CAMMINO CHE VIENE DA LONTANO
E ORA?
E ora? Questa è la domanda che si sono posti un po’ tutti, cittadini comuni, militanti di An, elettori del centrodestra. L’improvvisa svolta di Fini ha lasciato tutti spiazzati. Tutti, tranne i dirigenti del partito! Di partito unico, come si dice in altra parte di questo giornale, si parlava già da tempo, ma la velocità con la quale si è giunti alle conclusioni di questi giorni è sembrata a molti eccessiva. Ai più sospetta Cosa è cambiato dal tempo del giudizio di essere alle "comiche finali" a dicembre, sempre a proposito della nascita di un partito unico? Fini ha detto che è cambiata, semplicemente,la situazione politica... Vero. La caduta del governo Prodi, le elezioni anticipate, l’evolversi della situazione politica con la costituzione del PD, hanno indubbiamente accelerato i tempi. Fini ha fiuto politico, indubbiamente ( anche se qualche volta ha sbagliato i calcoli ). Ma il momento è eccezionale : andava colto. Se c’è una virtù specifica del politico è quella di cogliere l’attimo. Dal punto di vista strategico andare ancora divisi , anche se collegati, ci avrebbe spiazzato rispetto al nuovo soggetto nato nel centrosinistra. L’adesione immediata, a parte il caso dell’UDC, ne è stata una riprova. Certo : una cosa è il cartello elettorale, altra il partito unico. Ma saranno le urne che decreteranno la nascita del partito unico, del PdL. Fini lo ha detto chiaramente: dalle urne nascerà il partito unico. Come dire che se i risultati dovessero essere deludenti, si potrà sempre rivedere la situazione, al Congresso d’autunno. Gli italiani, che a parole inseguono da sempre il mito della semplificazione in politica, che guardano con occhi umidi al bipartitismo secolare in USA e in Gran Bretagna, ora hanno l’occasione per dire la loro, premiando il nascente bipartitismo. La stessa UDC, che ha fatto dell’identità una bandiera, in seguito al suo dissenso di entrare nella lista unica e poi nel partito unico, sta conoscendo una stagione di fughe da far rabbrividire: a Catania - come ricorda ampiamente Il Giornale del 18 febbraio - defezione dell’assessore regionale Torrisi, insieme ai deputati regionali Drago e Mancuso, accompagnati da tutti i giovani di area UDC. Il Mpa di Lombardo, intanto, ha fatto l’accordo con il PdL ed anche questo è un duro colpo per l’UDC siciliano.Vale la pena,infatti, ricordare che la Sicilia è la regione in cui l’UDC è più forte, raccoglie infatti il 9,6 per cento dei voti. In Piemonte è poi uscito dal partito centrista Bonsignore, fondatore dell’UDC e vicepresidente del Ppe. Nella provincia di Barletta-Andria-Trani sono usciti dal partito di Casini 14 consiglieri su 20. E via dicendo, da Como a Modena, da Ferrara a Rimini. E non dimentichiamo la nascita della Rosa bianca! Ma qual è il vero timore dei militanti di AN? Essere schiacciati da Forza Italia nel calderone del nuovo partito. Il timore c’è. Ma è reciproco. Credo che anche gli iscritti di Forza Italia abbiano altrettanto timori Ma qui non si tratta di vedere chi è più bravo, chi divora l’altro Non si tratta di numeri, ma di persone, di qualità delle persone. Io credo che la lunga esperienza storica del MSI prima e di AN dopo abbia solidificato nei militanti di destra uno spessore che difficilmente verrà scalzato. Sarà compito dei singoli tenere viva la passione per la politica, l’entusiasmo che ci ha sempre distinto e che ci ha fatto affrontare difficoltà ben più gravi. Chi ha qualche anno di politica alle spalle sa quanto duro sia stato sopravvivere, anche fisicamente in certi casi, negli anni passati. E’ ben difficile che quel DNA, costruito con una militanza spesso dura, impietosa, scarsamente gratificante, si disciolga solo perché si amplia la base del consenso Se ciò dovesse avvenire sarebbe solo colpa nostra. Che questa opportunità "storica" non diventi un alibi per le nostre pigrizie. Marceremo con tanti cittadini che hanno fatto la nostra stessa scelta di campo; a questi possiamo offrire la nostra esperienza, il nostro passato, la nostra fede che, se non è vuota retorica, è capace di realizzarsi nel quotidiano, cogliendo il senso della storia che passa. Non basta più essere testimonianza del passato. Chiudersi nella torre d’avorio dei "duri e puri" molte volte è l’alibi per chi non vuole mettersi in discussione; mantenere una presunta verginità è la scusa per non scommettere, per non fare delle scelte, per quella "inettitudine" che Italo Svevo aveva così sapientemente descritto nei suoi romanzi. Bisogna calarsi nella storia, sporcarsi le mani , non arroccarsi nel mondo dei miti, del passato. L’Italia non può più aspettare. La prova di coraggio l’attende da noi. Non la deluderemo, se ci faremo condurre dall’onestà delle scelte, se ci saranno di guida i nostri antichi e sempre verdi valori, ideali, certezze. Il futuro ci appartiene: realizziamolo!
Antonio F. Vinci
UN CAMMINO CHE VIENE DA LONTANO
Le recenti affermazioni di Gianfranco Fini in merito all’adesione di Alleanza Nazionale al PdL e il conseguente scioglimento del Partito in autunno, hanno sorpreso non pochi. In realtà, al di là delle battute di dicembre su Berlusconi e sul suo "partito del predellino" lanciato in Piazza San Babila, il cammino verso la formazione del partito unico data da parecchi anni. Riviste, convegni, conferenze diverse hanno preparato l’evento. Basterebbe ricordare almeno la costituzione del "Comitato di Todi" ( del quale facevano parte Forza Italia, AN e UDC) che lavorava sull’ipotesi della costruzione di un partito unico del centrodestra.Già il 4 maggio 2005 il Comitato emetteva un documento dal titolo "Cominciare il cammino", firmato da Ferdinando Adornato, Sandro Bondi, Rocco Buttiglione, Fabrizio Cicchitto, Francesco D’Onofrio, Maurizio Gasparri, Mario Landolfi, Gennaro Malgieri, Andrea Ronchi, Angelo Sanza, Adolfo Urso. Ecco uno stralcio, mentre il documento intero è consultabile al sito www.centro-destra.it.
Cominciare il cammino
documento del Comitato di Todi (4 maggio 2005)
La nostra opinione, già da tempo espressa unitariamente negli annuali seminari di cultura politica di Todi, è che tutti i partiti e i movimenti che oggi compongono la Casa delle libertà (Fi, An, Lega, Udc, Nuovo Psi, Pri) possano e debbano costruire, tra loro, nuovi e più efficaci strumenti di raccordo e di unità politica, culturale e organizzativa.
All’interno di questa strada maestra è possibile immaginare la costruzione di un unico grande soggetto politico: la cui porta deve essere ovviamente aperta a tutti i partiti che intendono aderire, in condizione di eguale dignità. E registriamo come un dato assai significativo che da alcuni partiti, Forza Italia, An e Udc, siano già arrivate risposte interessate e incoraggianti: segno che già esistono condizioni sufficienti di unità da permettere, appunto, di ritenere possibile la costruzione di un solo grande Partito della libertà, architrave dell’insieme della Casa delle libertà, punto di riferimento italiano del Ppe e di tutte le forze d’ispirazione cristiana, liberale, nazionale e riformista alternative alla sinistra.
Ma credo che illuminante sia, a questo proposito, il documento che in gennaio, in vista della Conferenza nazionale che si sarebbe dovuta tenere a Milano l’8,9 e 10 febbraio, Alleanza Nazionale aveva elaborato. Fini inviava il testo ai coordinatori regionali, ai presidenti provinciali, all’esecutivo nazionale e ai parlamentari nazionali ed europei, raccomandando «di estendere il confronto anche al di fuori di An, sia ai partiti del centrodestra sia ad associazioni, parti sociali, movimenti, categorie», con l’obiettivo di coinvolgere la più ampia parte possibile della società nella definizione del manifesto per "Un’Alleanza per l’Italia". Come è noto a tutti la Conferenza non c’è più stata, perché è caduto il governo Prodi, ma soprattutto è nato il PdL. Vale, però, la pena di riprendere quanto scritto in quel documento, perché contiene già le motivazioni dell’ingresso di AN nel PdL, prima che se ne parlasse
Così, già subito all’inizio del documento, si legge:
"Vogliamo ricostruire il tessuto profondo della nostra Italia. Vogliamo creare una grande Alleanza per l’Italia, che agisca nell’immediato ma guardi al futuro, per ridare speranza, per uscire dalla sindrome di chi pensa a un’Italia priva di prospettive e relegata ai margini della Storia. An vuole essere il partito degli italiani responsabili, consapevoli delle proprie radici, capaci di fare appello alla propria tradizione identitaria per reagire a un declino che non è affatto ineluttabile. "
Venivano declinati, come si usa dire oggi, i diversi punti programmatici e irrinunciabili:- Il valore della vita e la dignità della persona come fondamento della Nuova Italia.
- La famiglia protagonista nella società.
- L’Italia giovane: merito e diritti contro tutte le caste.
- Il diritto a vivere sicuri legalità e certezza della pena.
- Petizione per un’Europa rispettosa dei popoli e per il governo della globalizzazione.
- Appello per la dignità del lavoro e per la libertà di intraprendere.
- Per il Sud: più Stato, più mercato.
- Dall’ambientalismo del "non fare" alla risorsa ambiente.
- L’Italia: un patrimonio da ri-guardare.
- Dal riformismo delle parole alla riforma italiana.
"L’appello di An. L’appello che An lancia alla società italiana per un progetto di rinascita della nazione e per un nuovo protagonismo economico e sociale, riguarda ovviamente non solo i cittadini ma anche le forze politiche, le parti sociali, le associazioni. Vogliamo avviare un confronto per costruire un nuovo centrodestra capace di allargare i suoi consensi e in grado di rappresentare una seria e credibile garanzia per chi crede nel futuro dell’Italia. L’unità della coalizione è un valore che va costruito con pazienza e profondità, coinvolgendo tutti coloro, e sono la maggioranza, che hanno valori e programmi alternativi al fallimento delle sinistre. Noi siamo pronti a fare la nostra parte. L’adesione alla nascita del PdL, dunque, era già nell’aria. I contenuti erano già tutti presenti. Senza contare la preparazione condotta negli anni addietro, ad iniziare da quello di Pinuccio Tatarella, cui - giustamente - Maurizio Gasparri dedica l’operazione unificatrice in corso, avvenuta l’8 febbraio, , giorno dell’anniversario della morte di Tatarella :
"E’ una svolta storica quella che si registra oggi nel centrodestra. E’ una svolta alla quale molti di noi hanno lavorato per anni. Non posso che esprimere grande gioia per questa convergenza di forze, di energie e di progetti che si accinge a governare l’Italia attraverso una proposta unitaria ed una lista che sintetizza apporti ed esperienze preziose per l’intera comunità nazionale. Idealmente questo risultato va dedicato a Pinuccio Tatarella, di cui ricorre proprio oggi il nono anniversario della scomparsa. Con Gianfranco Fini è stato uno dei fautori della crescita e della modernizzazione della destra. Una coincidenza casuale fa sì che sia proprio l’8 febbraio il giorno di una nuova, grande, forte, unitaria intesa del centrodestra che si unisce per molti di noi al ricordo di un convinto fautore di questo traguardo. "(Lista unica, una svolta storica nel segno di Tatarella, Maurizio Gasparri, www.destra.it)
Barbarossa
Scrivere per un periodico è sempre difficile, perché devi correre sui tempi. Mentre scrivi un pezzo e pensi di andare in stampa dopo dieci giorni, ecco che lo scenario muta improvvisamente e devi riscrivere il tutto
per non mettere on line, nel nostro caso, notizie "vecchie". Proviamo a riepilogare quanto è successo in questi ultimi giorni, con tutte le incertezze del caso
La Destra di Storace è ufficialmente nata. L’Assemblea costituente di Roma ha firmato l’atto di nascita della nuova formazione politica. Madrina, inattesa ma graditissima alla platea, è stata Daniela Santanché, che ha lasciato Alleanza Nazionale. Ignazio La Russa, che l’aveva portata dentro il partito di Fini, ha preso le distanze dopo vari tentativi di non perderla. L’interrogativo che ci poniamo tutti è quanto la nuova formazione potrà dare "fastidio" ad Alleanza Nazionale. Sono passati con La Destra personaggi noti, ma non di primissimo piano, se si eccettua, a parte ovviamente Storace, Buontempo e appunto la Santanchè. L’interrogativo riguarda l’elettorato, i comuni cittadini, perché ben difficilmente ci saranno altre fughe in avanti di personaggi di rilievo. Non dimentichiamo, fra l’altro, che spira pur sempre il vento di nuove elezioni e certamente scoprirà d’avere un cuore "duro e puro" chi già sa che non sarà ricandidato
Secondo l’esperto di sondaggi Luigi Crespi, Storace potrebbe prendere il 3 per cento, equamente diviso tra ex elettori di AN e coloro che si sono sempre qualificati di destra ma che non votavano più. In effetti Storace in più occasioni va ricordando che non vuole fare sempre polemiche con AN; che il suo partito - come gli ha preconizzato Berlusconi - recupererà non tanto i delusi di AN ma coloro che non andavano più a votare, pur essendo di destra; che sarà fedele alla coalizione; che ha avuto il placet da Berlusconi, in quanto capo del centrodestra ( fino a quando c’era un centrodestra
), ecc. ecc. Insomma, Storace non ha mai usato toni troppo duri con i suoi ex camerati, sostenendo sostanzialmente che il percorso che ha scelto è diverso da quello scelto da AN e che quindi si chiama fuori. Eppure
eppure
la scelta di un vecchio leone come Teodoro Buontempo; la presenza di una donna fascinosa ed accattivante come la Santanchè; la folla che ha partecipato all’Assemblea costituente; il deciso schieramento a suo favore e contro AN di donna Assunta Almirante; i "però ha le sue ragioni" borbottati dai militanti di An
beh tutto questo non potrà non pesare. Sembra intanto che alcuni strappi si stiano ricucendo: Alessandra Mussolini è in marcia di avvicinamento verso AN; il leader di Fiamma tricolore, Luca Romagnoli, si è incontrato recentemente con Fini e pare stia per entrare nel gruppo di Uen, lo stesso gruppo del parlamento europeo in cui milita AN.
Intanto scoppia il caso Berlusconi.
Liquidata la Casa della Libertà, il cavaliere si inventa un nuovo soggetto politico. Dura la reazione di Fini e Casini. Il gioco viene sparigliato. Che succede? Che succederà? Per Vittorio Feltri, direttore di Libero, è solo questione di gnocca
A parte l’eleganza e la profondità dell’analisi
Feltri ha perso un’altra occasione per stare zitto, come si dice. Feltri ha doti di grande giornalista (come negarlo ? ) ma il suo dire ricorda spesso il Bossi della migliore tradizione
Feltri sa bene che non è possibile ridurre tutto il cataclisma che è scoppiato solo alla legittima ira di Fini per aver visto su Striscia la notizia dileggiare la sua nuova compagna. Fini se la sarebbe presa con Berlusconi e questi avrebbe rotto la CdL. Ma davvero crediamo che sia così? Forse che Fini non sa che Berlusconi non può sapere, per ovvie ragioni, i contenuti dei palinsesti delle sue trasmissioni? Ma Feltri, così pronto a mettere alla berlina la classe politica, doverosamente, cosa fa se non buttare tutto in barzelletta? Feltri è lo stesso Feltri che cura la rubrica, su una Tv locale, per attribuire il bamba della settimana a questo o a quel personaggio politico. Distribuisce pagelle, il Feltri , ma non dà il buon esempio, per amore della battuta.
Il Partito del popolo italiano della libertà, o come si chiamerà, invece, risponde ad una precisa esigenza, a nostro avviso : formare il nuovo centro, la nuova Balena bianca, la nuova Dc, che possa attrarre i Dini, i Mastella e perché no, i Di Pietro della politica italiana che nella defunta CdL non sarebbero mai entrati. Di Pietro? Certo e perché no? Forse ora sembra impossibile, ma non ha forse dichiarato in televisione che la prossima volta non sceglierà tra destra e sinistra ma per la politica del "fare"? E cosa dice Berlusconi se non che dobbiamo "fare"; che lascia a Fini e Casini i progetti e lui si prende i voti degli elettori, per operare, per fare? Con un nuovo partito, che non dovrebbe riprendere solo i voti di FI ( altrimenti che senso avrebbe questa operazione?) né i voti degli ex alleati ( altrimenti che senso avrebbe questa operazione?) Berlusconi - irrobustito dai nuovi elettori - può pensare di federarsi con AN e l’UDC per vincere le elezioni. Dov’ è lo scandalo?
Beh uno scandalo c’è, per chi è abituato a fare politica, a credere nella Politica : non si può giocare a chi stupisce di più per prendersi la scena; non si può dare un esempio di una politica che punta sull’appeal mediatico del proprio leader. E’ cattiva politica, è cattiva democrazia.
Antonio F. Vinci
Ormai è la notizia di questi giorni : Francesco Storace, senatore di Alleanza Nazionale, ha abbandonato il partito! La stampa nazionale e i mass media televisivi se ne sono largamente occupati. Ma che farà davvero Storace? Ha detto che non vuole far nascere un nuovo partito, ma ha dato vita, di fatto, ad un movimento : "La Destra". Ha già un simbolo : la fiaccola con la scritta " la Destra", in un cerchio che per metà ha i colori della bandiera nazionale. E già qui è nata la polemica. L’on. Giorgia Meloni, giovane e battagliera vicepresidente della Camera di Alleanza Nazionale, ha contestato lo scippo della fiaccola perpetrato nei confronti di Azione Giovani: il simbolo è proprio quello. Ma giorno 6 giugno ecco pronta la risposta del creatore di quel simbolo :"quel simbolo l’ho disegnato io nel lontano 1955, anno di gran lunga antecedente alla nascita della suddetta Onorevole, insieme a pochi ragazzi della Federazione del MSI di Genova, città in cui a quel tempo risiedevo", scrive Umberto Massimino. Era il simbolo della neonata Giovane Italia. Va da sé che Massimino si schiera con Storace :"Caro Francesco, tanti complimenti per la tua decisione. Era veramente ora! Non può esserci moralizzazione nell’Italia di oggi senza un Partito veramente di Destra. Ora cominceremo finalmente a sentire qualcosa di Destra!"
Chi segue Storace?
Nello Musumeci, leader di Alleanza Siciliana; Stefano Schiavi, uno dei dirigenti della destra giovanile romana e nazionale degli anni ’80 e ’90, che ha abbandonato Alleanza Nazionale; Costanza Afan De Rivera, dirigente nazionale e componente dell’Assemblea nazionale del partito; l’on. Antonio Pezzella; Antonella Sambruni, altra dirigente nazionale e componente dell’Assemblea nazionale; l’ex senatore Antonino Monteleone; l’ex deputato Alberto Arrighi, che non ha lasciato il partito ma si dichiara pronto a farlo ed altri iscritti. Il sito www.destrasociale.org registra una forte presa di posizione di naviganti a favore di Storace Ma, a tutt’oggi, non ci sono grossi nomi; non c’è scissione o esodo. Storace esprime un malessere che, è inutile negarlo o sminuirlo, è largamente diffuso tra i militanti di Alleanza Nazionale. E non solo tra quelli che appartengono alla destra sociale (ma non erano state azzerate le correnti?
). Cosa vuole Epurator? Come ha dichiarato a La7 :" Per entrare nei salotti buoni abbiamo proposto il voto agli immigrati, il Corano nelle scuole, abbiamo parlato del fascismo come male assoluto. Insomma, siamo passati dalla Repubblica di Salò a quella dei salotti". Storace vuole rifondare la Destra, vuole riprendere quei valori che Fini sembra aver abbandonato per spingersi verso il centro, per legittimarsi come leader successore di Berlusconi. Fini ha risposto dicendo che "nessuno in Italia pensa che AN non sia più un partito di destra. Ovviamente si tratta di capire cosa si intende per valori e programmi di destra". E qui è il punto. Non è vero che in Italia non ci sia nessuno che pensi che AN non è più di destra. E’ vero proprio il contrario; su queste pagine lo andiamo dicendo da anni. Questa è la percezione che molti hanno; che poi sia vero o meno è tutt’altro discorso. E’ vero,invece, che si fa un gran parlare di valori di destra, ma ancora non si è ben capito cosa e soprattutto come si vogliano intendere. Dati per acquisiti i pilastri della concezione tradizionale ( Dio, Patria, Famiglia), sono di destra certamente valori come giustizia, ordine, ecc. ecc. Il fatto è che continuiamo a parlare come se ancora le categorie di destra e sinistra esistessero, come se non fossero state abbandonate da decenni, come se le ideologie non fossero crollate. Perché il mondo continua a camminare e non aspetta che i politici adeguino i loro schemi mentali al presente che guarda al futuro. Bisogna capirsi: cosa vuol dire destra OGGI ? Personalmente non mi scandalizzo del Corano nelle scuole (visto che durante l’ora di religione si parla di tutte le religioni e di problemi morali quotidiani o credete che si insegni il catechismo?); non mi scandalizzo del voto agli immigrati (se sono cittadini regolari, pagano le tasse, lavorano nel nostro paese). La politica è soprattutto il coraggio delle scelte, non certo rimestare nel torbido o enfatizzare i sentimenti meno nobili dei cittadini. La politica non può, non deve, inseguire un popolo urlante, ma deve proporre modelli da seguire, tenere fermi i punti, i valori, in cui si crede e che sono condivisi. Ma deve aprirsi anche al mondo che cambia. Ciò non vuole dire, ovviamente, né cedere, né cadere in compromessi, né vendersi ecc. ecc.
La via perseguita dai "duri e puri", come in antitesi quella seguita dagli innovatori ad oltranza, è la via più semplice. La cosiddetta intransigenza non è detto che sia la strada migliore; come l’aperturismo a tutti i costi, al contrario, non è detto che sia la scelta migliore. Chi vive la propria storia, la capisce, la contestualizza, la metabolizza - se si vuole - e ne trae alimento per leggere il presente che si fa futuro, vince la scommessa.
Antonio F. Vinci
Ancora una volta ci dobbiamo occupare di Gianfranco Fini. E non è che questo ci dispiaccia, anzi
ma porta con sé almeno qualche considerazione. Perché quando parliamo della Destra in Italia parliamo sempre di lui? Forse perché "gli altri" della Destra nostrana esistono solo per polemizzare con lui, a torto o a ragione? Se fosse così, e qualche ragione di crederlo c’è, sarebbe ben triste. Vorrebbe dire che se "il capo" fa un’affermazione, fa un’uscita delle sue, allora ci si sveglia, allora si risponde, si minaccia, ci si strappano le vesti di dosso, si grida al tradimento o a chissà che cosa. Altrimenti
E’ Fini che suona la carica, che scandalizza. Ricorda un po’ il Bossi dei primi tempi : quando al mattino andavi a comprare il giornale, ti chiedevi che cosa vi avresti trovato scritto. Una volta c’erano trecentomila pronti a scendere dalle valli bergamasche, un’altra c’era qualche epiteto non sempre riferibile nei confronti di avversari, o nasceva il parlamento padano o si urlava alla secessione, senza contare il dio Po, le ampolle, il recupero della cultura celtica, l’invenzione della Padania, ecc. ecc. La differenza è che i leghisti seguivano il loro capo, sempre e comunque; gli aennini mostrano solo dei gran mal di pancia
Fini ha il pregio, grande pregio, di smuovere le acque. Lo andiamo dicendo da molto tempo, e certamente non solo noi : Fini è più avanti rispetto al partito, rispetto ai militanti, rispetto anche ai suoi elettori. Il che non vuol dire che abbia sempre e per forza ragione. Ora sta dando vita ad una Fondazione, Fare Futuro, che dovrebbe raccogliere il meglio della produttività, della cultura, dell’intellighentia non di sinistra. Una specie di Lyons della politica di Destra
E tra gli altri vorrebbe con sé anche Domenico Dolce, della nota sigla Dolce & Gabbana. E’ il segno tangibile di insofferenza nei confronti di una rigidità del partito; un volere le mane libere per poter spingere la Destra verso un approdo non da tutti condiviso. Una sorta di laboratorio politico che possa portare AN nel PPE; perché di questo si tratta, in ultima sostanza.
Certo, il personaggio non suscita sempre grandi simpatie. E’ freddo, algido, forse lo si vorrebbe più "mediterraneo", folcloristico
ma l’aplomb di Fini è, in fin dei conti, la vera base del suo successo
Ma lasciamo da parte queste considerazioni da rotocalco ed occupiamoci delle ultime sortite del Presidente di AN, di ciò che più disturba molti iscritti, mentre gli cattura la simpatia e l’attenzione di nuovi elettori.
Ad esempio i Pacs (che poi si pronunciano "pax", ma proprio pace non stanno dando
). La posizione di Fini sui Pacs può essere strumentalizzata, volutamente distorta, ma il fatto che ci si chieda una regolarizzazione delle coppie di fatto, senza per questo sostituire il matrimonio con un’altra scelta di convivenza, beh
francamente
più che dettata da revisione ideologica o scelta laicista mi sembra dettata da semplice raziocinio. Al Corriere della sera Fini aveva rilasciato un’intervista che mi sembra chiara: "Non possiamo far finta che, al di fuori del matrimonio, non esistano altre forme di convivenza. E quando parlo di matrimonio parlo unicamente di unione tra uomo e donna. Non si tratta neanche di equiparare le unioni di fatto al matrimonio, né di copiare i Pacs francesi, ma di garantire a diritti individuali non riconosciuti soluzioni normative a livello di fisco, di successione, di assicurazioni sociali. Ma escludendo l’adozione o il ricorso alla fecondazione artificiale assistita".
Stessa perplessità suscita l’idea del partito unico del centrodestra. Ma in effetti si parla, ormai,di federazione del centrodestra e non di partito unico. Il che non è differenza da poco. Ma i "benpensanti" di Destra, le vestali che custodiscono, o credono di custodire, il patrimonio genetico della Destra si scandalizzano, gridano al tradimento. Non si vuole, giustamente, perdere l’identità, si vorrebbe che si facesse "qualcosa di Destra", si teme di perdere il simbolo della Fiamma all’interno di Alleanza Nazionale. In questo nostro giornale, che è aperto alla discussione nell’ambito della Destra, ospitiamo spesso interventi in questo senso, anche in questo numero. Siamo convinti, infatti, che ognuno debba sostenere le proprie opinioni e chi difende il patrimonio di idee e di tradizioni debba essere il primo ad essere ascoltato, nella sua funzione in un certo qual modo di garante della continuità ideale. Ma essere di Destra significa proprio non fermarsi al passato, non cristallizzarsi su posizioni che, dalla storia prima che dagli uomini di oggi, sono state superate. Se è vero che chi difende, giustamente, i valori di sempre, le radici di sempre, non è un ottuso nostalgico ( che non potrebbe essere neppure per motivi anagrafici), vale anche che chi cerca di leggere nella realtà attuale, di interpretarla, non è uno che svende il partito per un posto in più in un Consiglio d’Amministrazione
Certo, i rischi ci sono, ma da ambedue le parti. L’intelligenza del politico è quella di non cadere nella trappola. E poi
Proprio chi si rifà agli uomini della tradizione, da Mussolini a D’Annunzio, da Marinetti a Pound
dovrebbe ricordare che proprio loro erano rivoluzionari, quelli meno attaccati alle sicurezze del passato, che osavano sfidare il futuro senza guardare indietro. Il coraggio delle proprie idee, il coraggio di cambiare, il coraggio di leggere la realtà, con tutti i rischi che questo comporta.
Antonio F. Vinci